GRAZIE AL MOTORE DI RICERCA DISPONIBILE NEL SITO DE "LA NUOVA SARDEGNA", HO RECUPERATO ALCUNI ARTICOLI DOVE é MENZIONATO ORESTE PIERONI.
QUESTI SONO CONTRASSEGNATI DA QUESTA IMMAGINE . BUONA LETTURA.
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Titolo dell'articolo |
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Via Oreste Pieroni, nasce uno strano caso sui confini |
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Lido Iride, grandi eventi per far rivivere un sogno |
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Cavalcata Sarda, la sfilata nata per omaggiare il Re é diventata una festa del popolo |
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Dagli anni d'oro di Nilla Pizzi alla ruggine di oggi |
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Una rete e un banco di prova |
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Monologhi in centro per riscoprire Sassari |
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Tutto merito del sindaco Pieroni |
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La fantasia di Oreste Pieroni, il sindaco con una marcia in piu' |
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La stagione d'oro degli spettacoli a Platamona |
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Il monumento dei troppi errori della politica |
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La colonna mariana e l'Infiorata ideata dalla Nuova |
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Platamona, cosi' il sogno si trasformò in un incubo |
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Gli inventori del lido |
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Turismo, a Sassari arriva il bus scoperto |
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Al Lido Iride i sigilli dei carabinieri |
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Lido Iride, perchè sarebbe sbagliato cancellare il passato |
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Le cronache della «calda estate del 1954» |
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Platamona prima spiaggia a pagamento |
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Platamona, c'era una volta il Lido Iride |
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Addio al maestro del swing |
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Quelle passeggiate sul filo dei ricordi |
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Il manager poeta che costruì la corazzata della finanza sarda |
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La buona politica |
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Aragoste, calamari e murena, specialità marinare da Ernesto |
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Il piano strategico? Una città bella |
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«Accò, Sciabernò» |
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» morto a 85 anni l’ex sindaco Piero Masia |
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  | Quando i candelieri erano un momento della "Festha manna". |
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  | I Candelieri raccontati nei fischi ai primi cittadini Dalla compostezza di Ganadu alle risatine di Piras |
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Platamona Da Ernesto, dove i piatti sanno di mare |
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Lotto minimo e disastro massimo |
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Elezioni, anni Cinquanta e il colonnello Fois |
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Festa per l’aeroporto: oggi riapre e domenica compirà 66 anni |
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Quando Sassari cambiò volto |
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  | In banca aroma di frumento |
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Tornerà come una volta? |
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Gli anni ruggenti e trasgressivi di Platamona |
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Le «manor de oro» delle tre sorelle Ruiu |
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Le vittorie del rossoblù |
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LA STORIA - Quando comanda il piccone |
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Platamona, una pista sul mare Alla «Frumentaria» una mostra sul suo glorioso passato |
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Dagli ex combattenti del Psda agli uomini nuovi del fascismo |
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L'INIZIATIVA - Una mostra su Platamona per rilanciare il litorale |
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  | Le notti al chiaro di luna della Sassari bene     articolo |
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  | Sassariestate con tanti «big» |
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Se ci fosse ancora oggi per la Dc sarebbe festa grande |
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  | La novità: i binari arriveranno a Platamona ? |
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Tutte le ragazze per bene e quelle per male del grande lido iride |
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Se il sindaco non controlla i partiti non riuscirà più ad amministrare |
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Oreste Pieroni e i "suoi" Vigili urbani |
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Enrico Berlinguer, Pieroni e Maria de Carolis -Tre nomi importanti nella storia della città |
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"Che sorpresa nel ritrovarmi" - Una signora si è riconosciuta in questa foto del cinquanta |
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Dove sono gli emuli di Pani e di Pieroni? |
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Pieroni, ovvero alle origini della politica decisionista |
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Cento anni fa nasceva l'inventore di Platamona |
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Il grande sindaco delle piccole cose |
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Il comitato (Telecom, Banca di Sassari e Nuova Sardegna) quest'anno ha scelto Pieroni, Cottoni e i Baronetti. |
Domenica 9 agosto 1998
Il comitato (Telecom, Banca di Sassari e Nuova Sardegna) quest'anno ha scelto Pieroni, Cottoni e i Baronetti.
Oreste Pieroni, Salvatore Cottoni, il complesso musicale "I Baronetti". Sono questi i tre storici protagonisti che, in un arco di circa quindici anni e con ruoli differenti, hanno dato un contributo determinante al lancio prima e alla valorizzazione poi della spiaggia di Platamona. La designazione è stata fatta dal comitato costituito tra la Telecom, la Banca di Sassari e "La Nuova Sardegna" d'intesa con i comuni di Sassari, Porto Torres, Sorso e Sennori, per conferire un riconoscimento a coloro che hanno contribuito alla nascita e alla crescita di Platamona.
La prima edizione della manifestazione si era svolta l'anno scorso e aveva visto come premiati l'imprenditore Sebastiano Pani che con il suo Lido Iride tanto fece per dare a Platamona una dimensione nuova nel campo della balnearità, e a Ginetto Ruzzetta, il cantautore folk sassarese che dedicò a Platamona simpatici e divertenti motivi ancora oggi eseguiti e cantati soprattutto in occasione delle "ziminate" e delle feste popolari.
Cabina dei Pieroni 29 settembre '55 |
| | | Cabina dei Pieroni 16 agosto '62 |
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Quest'anno invece, si è voluto dare un doveroso riconoscimento ai due "padri" putativi di Platamona, Oreste Pieroni e Salvatore Cottoni.
Pieroni fu sindaco della città nei primi anni Cinquanta e "scopritore" della spiaggia, che nel giro di pochi anni assunse una dimensione e un ruolo importantissimo per l'allora appena nascente turismo balneare;
Premio all'imprenditore Pieroni |
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Salvatore Cottoni, uomo politico con responsabilità di governo prima alla regione Sardegna poi anche nella veste di sottosegretario nel governo nazionale, diede un apporto determinante allo sviluppo e alla valorizzazione del litorale tra Porto Torres, la torre Abbacurrente e la Marina di Sorso con strade, parcheggi, locali ristoro. Il complesso "I Baronetti", costituito alla fine degli anni Cinquanta da
Luigi Piana, Antonio Costa,
Tonino Concu, Antonio Usai e
Gianni Canu, in arte Gianni Davis, ancora oggi sulla breccia, per molti sassaresi al Lido Iride, al Lido Mura e successivamente anche al Pontinental, dove si alternavano gruppi di turisti inglesi. Fu Piana a comporre musica e versi di una fortunata canzone degli anni Sessanta dal titolo "Remember I riconoscimenti saranno consegnati nel corso di due distinti momenti: lunedì 10 agosto , alle 10,30, a Palazzo Ducale, alla presenza dei sindaci e degli amministratori dei quattro comuni interessati si svolgerà una conferenza stampa e contestualmente la consegna dei premi alla memoria di Pieroni e Salvatore Cottoni che saranno ritirati dai figli dell'ex-sindaco Piero, Pina e Dino (e vari nipoti) e dalla vedova dell'ex-sottosegretario signora Lucia Dessena. La premiazione dei "Baronetti" si terrà invece la sera del 12 agosto, alla rotonda centrale di Platamona, nel corso del concerto del complesso "I Tazenda" (ore 21).Platamona" , suonata a tempo di "hully gully".
Tessera Lido Iride di Pieroni e famiglia |
| | | Recto tessera |
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"Quello che coincise con il lancio di Platamona .- ricorda Pina Pieroni - fu per noi un periodo bellissimo. Mio padre ci parlava sempre della sua idea e di come Platamona si sarebbe dovuta sviluppare, ma c'era un ostacolo: la mancanza di fondi per la costruzione della strada che dalla "Carlo Felice" conducesse fino alla spiaggia, che allora si poteva raggiungere soltanto a piedi.
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Poi, i soldi vennero reperiti e si aprì la strada. Il posto, che nessuno o quasi nessuno conosceva, era molto bello, con grandissime dune di sabbia e ginepri. Mio padre convinse anche amici e colleghi a costruire a Platamona le prime villette quando ancora la strada non era praticabile e si era costretti a trasportare i materiali via mare da Porto Torres".
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E a proposito di Porto Torres, ricorda Pina Pieroni, "grande fu il dispiacere della città turritana quando i sassaresi disertarono Balai e lo Scoglio Lungo per trasferirsi a Platamona".
Molto vivi anche i ricordi di Lucia Dessena, soprattutto quelli risalenti al periodo in cui fervevano i lavori per l'apertura della litoranea. "Quando Salvatore, a fine settimana rientrava da Cagliari e poi anche da Roma, mi diceva sempre: andiamo a Platamona a visitare il cantiere. Così io mi mettevo al volante e incurante del fatto che lungo la strada appena aperta ci fossero sassi e avvallamenti mi inoltravo fin dove era possibile. Proprio li ho imparato a fare marcia indietro come si deve. E quando i lavori per la strada e per i "pettini", che chiamavano i pettini di Salvatore Cottoni anche se lui non aveva che pochi radi capelli, furono finalmente conclusi e subito fu un'invasione di auto, Salvatore commentava soddisfatto: io un giorno me ne andrò, ma tutto questo rimarrà".
Non avevano fatto i conti, Cottoni come anche Pieroni e Pani e con loro migliaia di cittadini che hanno sempre amato Platamona, con l'incuria, la miopia, il disinteresse e il vandalismo di pochi che però a poco a poco hanno finito per danneggiare e in alcuni casi distruggere quanto faticosamente era stato costruito nell'interesse di tutti.
Le sorelle Pieroni (1947) da sinistra: Anita, Pina, Costanza e Lia
Ora Sassari, Porto Torres, Sorso e Sennori puntano al lancio di Platamona e nella spiaggia alle porte di casa hanno ripreso a credere anche i privati. I primi risultati sono positivi e promettenti e c'è da augurarsi che le iniziative si moltiplichino. La presenza nel comitato per il rilancio di Platamona della Telecom e della Banca di Sassari, oltre che la "Nuova", tende a dare di Platamona un nuovo centro di attrazione per le popolazioni del nord ovest della Sardegna e anche e soprattutto occasione di sviluppo economico per la nostra zona. "Come banca locale - dice il direttore della Banca di Sassari, Pietro Moretti - non potevamo non partecipare a questa iniziativa volta sia a ricordare chi con idee ed energie ha dato un contributo fondamentale alla crescita di Platamona, sia per esercitare una azione di stimolo che serva a restituire la spiaggia agli antichi fasti". In sintonia con questa filosofia anche il responsabile delle relazioni pubbliche della Telecom, Leonardo Marras, che così afferma: "Noi puntiamo a far si che questa iniziativa giunta alla seconda edizione serva a risvegliare le conoscenze un po' sopite di tutti. Platamona è patrimonio di tutti e come tale va salvaguardato e valorizzato, pensando soprattutto a una risorsa che deve diventare occasione di lavoro e reddito. Noi come Telecom abbiamo accolto questa sfida che deve vedere pubblico e privato impegnati di comune accordo per dare gambe al progetto di rilancio".
Domenica 29 agosto 1999
CENTO ANNI FA NASCEVA L'INVENTORE DI PLATAMONA - IL SECOLO DI PIERONI.
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Come ricorda Manlio Brigaglia nell'articolo di questa pagina, il 31 agosto ricorre il centenario della nascita di Oreste Pieroni.. Un sindaco "mitico" (ci si scusi per questa abusata definizione) eppure realizzatore di opere assai concrete e ancora tangibilissime.
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Si pensi soltanto all'"invenzione" di Platamona, per la quale certamente sono state impiegate più intelligenza e fantasia che fondi; o l'allaccio al Bidighinzu, opera che ha abituato i sassaresi ad avere l'acqua in casa molto più frequentemente di prima.
Un "mito", quindi, fatto di intelligenza, coraggio, rispetto per la gente, senso civile e altre doti che dovrebbero costituire il normale corredo di un amministratore pubblico; e che di questi tempi appaiono eccezionali. Basti vedere che fine abbiano fatto le sue aiuole fiorite e la sua Platamona.
16 agosto 1951 - Platamona il giorno della sua inaugurazione LA FESTA DEL MARE
domenica 29 agosto 1999
Il grande sindaco delle piccole cose - L'uomo che rese il mare alla portata delle borse di tutti i sassaresi
Manlio Brigaglia
Dopodomani, martedì 31 agosto, fanno cento anni esatti dalla nascita di Oreste Pieroni, il sindaco più popolare di questo dopoguerra sassarese.
| C'è un evento drammatico nella sua giovinezza: il padre Cesare Fortunato Pieroni, anarchico, a un certo punto fu pressato così da vicino dalla polizia che dovette emigrare (fuggire?) in Argentina. Il ragazzo si trovò a dover fare tutto da solo: forse fu la dura fatica del guadagnarsi la vita giorno per giorno che cancellò quel granello di trasgressività politica che poteva esserci nel suo dna e ci mise il senso del dovere, dell'ordine, dell'organizzazione e dell'efficienza che furono, in fondo, i suoi valori guida: nella vita privata come negli studi, nella carriera come nella politica. Studiò da ragioniere al "Lamarmora" e prese il diploma a pienissimi voti. |
Ma intanto aveva già cominciato a lavorare, tenendo la contabilità di alcune ditte "storiche" della città (la conceria di Dau, i negozi di stoffe di Diana Deffenu, la gioielleria che si chiamava allora di Sechi-Pieroni). Quando fece il concorso alla Cassa di risparmio rurale di Cagliari, lo vinse: andò a lavorare prima a Cuglieri (1927) poi nella stessa Cagliari. E quando dalle casse rurali (le cosiddette ex-ademprivili) nacque per fusione l'Istituto di credito agrario per la Sardegna, fu trasferito a Sassari. Da quel momento la sua carriera fu tutt'uno con la carriera dell'Istituto. Quando questo, nel 1955, si trasformò in Banco di Sardegna era ormai ai gradini più alti: ne divenne direttore generale, mantenendo la carica fino al 1961, quando andò in pensione.
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Forse non fu lui a fare in modo che la direzione generale dell'istituto avesse sede a Sassari (praticamente Segni lo aveva già deciso da quando aveva patrocinato la legge del dicembre 1944 che prevedeva la creazione del Banco), ma certamente fu tra quelli che la difesero contro i suggerimenti di chi diceva che a Cagliari sarebbe stata più importante e meglio collocata.
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Del resto, prima ancora che la guerra fosse finita era stato investito della responsabilità di tutti gli spacci comunali, che in tempi di fame e di ristrettezze d'ogni genere erano una macchina essenziale alla sopravvivenza di tanta gente.
Cattolico praticante, fu chiamato alla politica dallo stesso Segni e, in non piccola parte, anche dal mondo cattolico, che aveva allora, appena finita la guerra, il suo gran condottiero nell'arcivescovo Mazzotti. Così alle prime elezioni amministrative fu eletto consigliere comunale nella lista della Dc con un gran numero di voti.
Fu vicesindaco con Candido Mura, cui la sorte aveva riservato - nella storia di Sassari, quasi un segno distintivo di "sassareseria" - il curioso destino di essere, nel 1923, il commissario prefettizio che traghettò il Comune dall'Italia liberale al governo fascista e nel 1944 il commissario prefettizio che ritraghettò il Comune dal podestà fascista al rinato clima democratico. Candido Mura, in quel 1946, non era più molto in salute. Pieroni ne fu nominalmente il vice, ma in realtà quasi tutto quello che si decideva a Palazzo Ducale (con una giunta in cui insieme ai cattolici dc stavano anche alcuni laici di centro, liberali, repubblicani e socialdemocratici) passava per le mani di Pieroni. Così di lì a poco fu eletto sindaco. E lo fu per otto anni, riconfermato nel 1952 con un votazione plebiscitaria (più di diecimila preferenze) come Sassari non aveva ancora visto.
» che, Pieroni, i sassaresi lo vedevano spesso in mezzo a loro. La città, dopo la stasi della guerra, si rimetteva in moto molto lentamente. Aveva mille bisogni. Pieroni si alzava la mattina col primo sole e girava la città insieme col suo braccio destro "Pisaneddu", che sarebbe l'ingegnere Enrico Pisano, uno di quei funzionari che sono (erano?) capaci di riversare nel lavoro tutta la propria carica di attenzione rigorosa ma anche di intransigente affetto alle cose che facevano. Girando la città, Pieroni vedeva che cosa succedeva e i sassaresi vedevano Pieroni. Gli chiedevano mille cose, Pieroni cercava di farne quante poteva. Gli piaceva di essere chiamato "il sindaco delle piccole cose".
Dei molti appellativi che si coniarono per lui è forse l'unico che gli piacesse veramente. Eppure questo sindaco delle cose piccole ne ha fatto almeno due grandi, per la città: l'allaccio all'acquedotto del Bidighinzu, destinato a sanare una buona parte della millenaria sete dei sassaresi (il primo acquedotto deve avere compiuto i cento anni da poco, se non ricordo male), e soprattutto l'invenzione del mare. Pieroni è il sindaco che ha dato il mare ai sassaresi. Non che i sassaresi non andassero al "loro" mare, che era per tradizione la lunga striscia di sabbia fra la torre di Abbacurrente e i margini sorsensi di Marritza. Ci andavano deviando alla Carlo Felice, all'altezza di Ottava, per tratturi appena segnati, oppure girando dalle parti di Logulentu e Sorso con carri, carrozze e carrozzini.
Abbacurrente era già, a suo modo, una spiaggia di molti. Pieroni la fece diventare la spiaggia di tutti: ne segnò i confini fra la lunga sequenza degli stagni di Platamona (il nome, qualunque sia l'origine, si trova già nelle carte marine del Settecento ed è registrato anche molto prima) e il mare aperto del Golfo dell'Asinara.
La Forestale e la Regione intensificarono il rimboschimento subito alle spalle del cordone dunale (come dicono i geografi) e la pineta cominciò a offrire riparo. Nacquero i due "lidi", quello di Mario Mura (un imprenditore che stava anche nel gruppo di democristiani che dirigevano la città) e l'"Iride" di Sebastiano G. Pani, che fu fin dall'esordio il fiore all'occhiello della spiaggia: cabine, sdraio e ombrelloni, ristorante alla moda, pista da ballo e orchestre di qualcuno dei cento sudamericani doc che giravano allora l'Italia suonando "Ciliegi rosa a primavera". Che la trasformazione di Abbacurrente in Platamona, cioè la nascita d'una spiaggia "moderna" dei sassaresi (anzi, "della" loro spiaggia: e sia detto senza dimenticare la collaborazione, magari non sempre pacifica, del Comune di Sorso, proprietario della vasta sezione occidentale della spiaggia, grazie anche all'intelligenza di sindaci come Salvatore Cottoni e, più tardi, Andreuccio Bonfigli), è merito che nessuno si è mai azzardato a negare a Pieroni.
Qualcuno addirittura, quando il nome della spiaggia suonò a qualche orecchio continentale leggermente allusivo a chissà che cosa, propose di chiamarla PIERONIA: lui, Pieroni, rifiutò decisamente. Il fatto è che Pieroni era un sindaco popolare, ma non populista. Il suo rapporto con la gente, per come lo ricordo io, nasceva dal riconoscimento che la "gente" aveva bisogni e lui, il sindaco, era stato eletto per cercare di soddisfarne qualcuno.
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Coniugi Pieroni nel giardino |
| | | Ingresso della casa di Pieroni |
Era il senso di una "missione" che qualche volta Pieroni dovette pensare ispirata da molto in alto: come quando, nell'imminenza delle nuove elezioni del 1952, esitò a lungo prima di ricandidarsi (il lavoro era diventato particolarmente impegnativo, in una fase di espansione del Banco, faticata ma capillare), poi il Giovedì Santo emanò un piccolo proclama in cui l'accettazione della carica aveva i colori del sacrificio. Fu rieletto "a cavalli grandi", rifece una giunta un po' più integralisticamente democristiana: ma era già stanco, e a metà del 1954 decise di dimettersi. Lo fece con uno di quei piccoli "coup-de-theâtre" che non gli dispiacevano, e che in qualche misura sembrano discordare dal suo senso della modestia, che non era una finzione propagandistica: annunciò le dimissione il 14 di agosto, il giorno della discesa dei Candelieri. All'uscita dal Teatro Civico, dietro il corteo, ricevette una autentica ovazione: nessun sindaco ne potrà avere una simile neppure nel millennio che viene (salvo forse farla precedere da un annuncio come quello suo). Nel 1961, giovane e potente ancora, lasciò il Banco di Sardegna.
. Non è detto che non avesse qualche problema all'interno dell'istituto: i tempi erano cambiati, a Sassari era cambiata - grazie ai Giovani Turchi (o per colpa loro: insomma, perchè c'erano loro) - l'idea stessa della politica, che comprendeva anche il controllo degli enti più importanti. Morì il 26 settembre 1976. Lasciava sei figli (uno, il primogenito Orestino, era morto prima di lui, a 39 anni) e 21 nipoti. Il giorno prima aveva celebrato i 52 anni di matrimonio con la signora Costanza Casu.
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Orestino Pieroni (1927/1966) |
| | | Oreste Pieroni e Costanza Casu |
Mercoledì 1 settembre 1999
"Che sorpresa nel ritrovarmi" - Una signora si è riconosciuta in questa foto del Cinquanta
"Platamona potrà tornare bella?"
| Alla ricerca del Pieroni perduto. Vale la pena di mettere questo titolo alla quantità di lettere e di telefonate che hanno accompagnato la rievocazione degli anni del sindaco Oreste Pieroni. E la gran parte diceva - forse però senza molta ragione - che di Pieroni ci siamo colpevolmente dimenticati. Dico senza molta ragione (forse) perchè i sassaresi non lo hanno dimenticato, come hanno dimostrato anche in questa occasione.
Qualcuno ha anche aggiunto episodi alla sua biografia, anzi alla sua biografia di sindaco. Sindaco democratico (e anche democratico cristiano), ma soprattutto decisionista.
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Più d'un funzionario del Comune, si racconta, fu sbalzato da un'ora all'altra a un nuovo ufficio solo perchè tardava a mettersi in moto nella direzione che Pieroni voleva. Andava in consiglio preparatissimo. Non c'era pratica di cui si trattasse che lui non fosse quello che la conosceva meglio. Ed era il minimo che potesse fare, perchè allora, ha detto un mio interlocutore, l'opposizione aveva fior di amministratori come, tanto per fare quattro nomi a caso, il ragionier Sebastiano Macciotta, socialdemocratico, Giosue Muzzo, monarchico, Aldo Berlinguer, socialista, Bartolomeo Sotgiu Pesce, sardista con forti vocazioni indipendentiste (come consigliere: e infatti più d'una volta mise su delle liste "personali", che comunque assicuravano la sua presenza a Palazzo Ducale). Un Pieroni decisionista, certo. Obiezione: però sotto di lui diverse cose che ci si era proposti di fare non vennero fatte. è vero: ma perchè, mi hanno raccontato, aveva individuato, nella giunta, un assessore indeciso a tutto, e allora quando gli capitava fra le mani una proposta cui non voleva dare corso ci scriveva a fianco: "All'attenzione dell'assessore" eccetera.
Decisionista e deciso. Quando, ad un certo punto, sembrò che dovesse essere confermato sindaco Candido Mura, di cui era stato attivissimo vicesindaco (contribuendo, in questo modo, a rafforzarne il consenso), si presentò ai dirigenti dc che stavano mettendo a posto la lista e disse papale papale che lui si candidava per essere poi eletto sindaco.
Sennò, si dimenticassero pure di lui. Decisionista, ma attento anche alle richieste della "base". Una volta i dipendenti comunali avevano chiesto non so quale indennità o gratifica. Lui, in quel momento, aveva bisogno di fare la bella figura di chi non allenta i cordoni della borsa, ma nello stesso tempo riconosceva legittima la richiesta. Allora chiamò dei sindacalisti, chiese che la avanzassero loro, quella rivendicazione, e così potè fare finta di aver ceduto alle loro pressioni. Il suo capolavoro fu certo l'"invenzione" di Platamona. Per essa fece anche qualche piccolo e generoso trucco amministrativo: come quando - almeno così si dice - ebbe dalla Regione i soldi per fare la rotonda e convinse l'impresa che si era aggiudicata i lavori a realizzare, con la stessa cifra, anche la cordonata tutta intorno, che non era compresa nel finanziamento. Decisionista, ma anche diplomatico. Come si mise in mostra quando dovette trattare con i proprietari Sabino e Pappalardo l'esproprio dei terreni dove doveva passare la strada che dalla Carlo Felice sarebbe sboccata sulla grande spiaggia dei sassaresi. Riluttanti un po', ma alla fine dissero di sì. Perchè, dicevano, chi ha il coraggio di dire di no a Pieroni
Venerdì 3 settembre 1999
Dove sono gli emuli di Pani e di Pieroni?
A. G.
SASSARI. Ho letto come al solito con interesse e piacere l'articolo di Manlio Brigaglia sul centenario della nascita di Oreste Pieroni. So che questo mio pensiero appare scontato, ma forse bisognerebbe insistere di più su come poi sono andate le cose a Platamona. In questi ultimi anni ho la sensazione che siano soltanto i cittadini di Sassari, di Sorso e di Porto Torres (tra i quali io) a tenere vivo questo litorale con il loro affetto, nonostante il distacco dell'amministrazione pubblica e dei tanti imprenditori che lì potrebbero fare investimenti e invece preferiscono buttarsi sul solito palazzone, quando riescono ad avere i permessi. è possibile che gli emuli di Pani siano così pochi? Per non parlare di quelli di Pieroni.
Giovedì 9 settembre 1999
Pieroni, ovvero alle origini della politica decisionista
SASSARI. Alla ricerca del Pieroni perduto. Vale la pena di mettere questo titolo alla quantità di lettere e di telefonate che hanno accompagnato la rievocazione degli anni del sindaco Oreste Pieroni. E la gran parte diceva _ forse però senza molta ragione _ che di Pieroni ci siamo colpevolmente dimenticati. Dico senza molta ragione (forse) perchè i sassaresi non lo hanno dimenticato, come hanno dimostrato anche in questa occasione. Qualcuno ha anche aggiunto episodi alla sua biografia, anzi alla sua biografia di sindaco. Sindaco democratico (e anche democratico cristiano), ma soprattutto decisionista. Più d'un funzionario del Comune, si racconta, fu sbalzato da un'ora all'altra a un nuovo ufficio solo perchè tardava a mettersi in moto nella direzione che Pieroni voleva. Andava in consiglio preparatissimo. Non c'era pratica di cui si trattasse che lui non fosse quello che la conosceva meglio. Ed era il minimo che potesse fare, perchè allora, ha detto un mio interlocutore, l'opposizione aveva fior di amministratori come, tanto per fare quattro nomi a caso, il ragionier Sebastiano Macciotta, socialdemocratico, Giosue Muzzo, monarchico, Aldo Berlinguer, socialista, Bartolomeo Sotgiu Pesce, sardista con forti vocazioni indipendentiste (come consigliere: e infatti più d'una volta mise su delle liste "personali", che comunque assicuravano la sua presenza a Palazzo Ducale). Un Pieroni decisionista, certo. Obiezione: però sotto di lui diverse cose che ci si era proposti di fare non vennero fatte. è vero: ma perchè, mi hanno raccontato, aveva individuato, nella giunta, un assessore indeciso a tutto, e allora quando gli capitava fra le mani una proposta cui non voleva dare corso ci scriveva a fianco: "All'attenzione dell'assessore" eccetera. Decisionista e deciso. Quando, ad un certo punto, sembrò che dovesse essere confermato sindaco Candido Mura, di cui era stato attivissimo vicesindaco (contribuendo, in questo modo, a rafforzarne il consenso), si presentò ai dirigenti dc che stavano mettendo a posto la lista e disse papale papale che lui si candidava per essere poi eletto sindaco. Sennò, si dimenticassero pure di lui. Decisionista, ma attento anche alle richieste della "base". Una volta i dipendenti comunali avevano chiesto non so quale indennità o gratifica. Lui, in quel momento, aveva bisogno di fare la bella figura di chi non allenta i cordoni della borsa, ma nello stesso tempo riconosceva legittima la richiesta. Allora chiamò dei sindacalisti, chiese che la avanzassero loro, quella rivendicazione, e così potè fare finta di aver ceduto alle loro pressioni. Il suo capolavoro fu certo l'«invenzione» di Platamona. Per essa fece anche qualche piccolo e generoso trucco amministrativo: come quando _ almeno così si dice _ ebbe dalla Regione i soldi per fare la rotonda e convinse l'impresa che si era aggiudicata i lavori a realizzare, con la stessa cifra, anche la cordonata tutta intorno, che non era compresa nel finanziamento. Decisionista, ma anche diplomatico. Come mise in mostra quando dovette trattare con i proprietari Sabino e Pappalardo l'esproprio dei terreni dove doveva passare la strada che dalla Carlo Felice sarebbe sboccata sulla grande spiaggia dei sassaresi. Riluttanti un po', ma alla fine dissero di sì. Perchè, dicevano, chi ha il coraggio di dire di no a Pieroni?
Giovedì 11 novembre 1999
Enrico Berlinguer, Pieroni e Marialisa de Carolis - Tre nomi importanti nella storia della città
Tre appunti su tre nomi. Primo appunto: Enrico Berlinguer. Ho detto una settimana fa...
Secondo appunto:Oreste Pieroni. In realtà non di lui dovrei parlare ma dell'intera sua ascendenza.
La signora Ida Pieroni figlia di Oreste junior e nipote del sindaco Pieroni
ha ricostruito l'intero albero genealogico dell'intera famiglia paterna e, per non fare privilegi, anche di quella materna. è risalita fino ad un Giovanni Pieroni, genovese, vissuto agli inizi dell'Ottocento il cui figliolo Gaetano è ricordato più volte da Enrico Costa,
nella sua storia di Sassari, come uno dei musicisti più apprezzato della città, direttore dei concerti della banda sotto la supervisione di Luigi Canepa. Il fratello Francesco fù anche lui musicista e compositore, così come è ricordata una Emilia Pieroni dilettante raffinata. Da Gaetano
nacque nel 1869 un Cesare Fortunato che fù il padre del sindaco Oreste. Sono diverse decine di nomi che, a partire dal lontano "quadrisnonno", la signora Ida ha messo insieme nell'album di famiglia. è un'esercizio che dovrebbero fare in molti.
Terzo appunto: Marialisa de Carolis. Questo pomeriggio...
Martedì 23 maggio 2000
Il sindaco Oreste Pieroni con i «suoi» vigili urbani Il ricordo di una lettrice che ci ha inviato questa fotografia
In una delle scorse settimane il giornale ha pubblicato l'elenco dei sindaci della nostra Sassari. In questo particolare momento che un altro nome si aggiunge a quello dell'elenco, sarebbe opportuno ricordare con gratitudine e affetto uno di quei sindaci o, più propriamente, il sindaco Pieroni a cui tanto deve questa nostra città. Platamona fu una sua grande impresa, dando "il mare" ai cittadini. Non fu certo la sola cosa importante che fece durante il suo mandato e per questo io, cittadino che non dimentica, a distanza di tanti anni, mi permetto di ricordarlo con la foto qui a lato che si riferisce alla festa annuale del corpo dei "suoi vigili urbani". Molti di essi sono mancati da tempo, altri più di recente, sarà come onorare anche loro a distanza di tanto tempo. Sono sicura che larga parte dei nostri concittadini rivedranno e ricorderanno con piacere e gratitudine questo "sindaco" che ha fatto un po' la storia della nostra città.
Giulietta Salis
Giovedì 19 aprile 2001
Se il sindaco non controlla i partiti non riuscirà più ad amministrare
Cosimo Filigheddu
SASSARI. Se Nanni Campus ha liberamente compiuto questa scelta, sono quasi fatti suoi, anche se agli amministrati va spiegato perchè si facciano fuori proprio gli amministratori migliori. Ma se il sindaco è stato indotto dai mugugni della sua maggioranza, allora le cose vanno molto male: per lui e per la maggioranza. Vanno male per il sindaco perchè appare incerto nell'altro importante ruolo che la riforma attribuisce al capo dell'amministrazione comunale, cioè quello di leader politico dell'alleanza. E vanno male per la coalizione perchè non mostra senso di governo, perchè più che della continuità amministrativa si preoccupa di pasticciate vendette dalle radici lontane. E forse, più prosaicamente, anche dei due posti rimasti liberi in giunta. Precedenti esperienze, anche in questa città, hanno dimostrsto che uno può essere in teoria migliore sindaco di Oreste Pieroni: ma se non sa gestire i suoi partiti e i consiglieri, in breve non potrà più amministrare, prigioniero di precari equilibri tra oscuri veti e piccole concessioni. Ma in fondo è da ingenui stupirsi se la «filosofia» delle recenti candidature fa ingresso anche nella gestione degli enti locali.
Giovedì 31 maggio 2001
TUTTE LE RAGAZZE PER BENE E QUELLE PER MALE DEL GRANDE LIDO IRIDE
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Come si sentono i primi caldi dell'estate che si avvicina, si riparla di Platamona. Avantieri ho visto in tv un servizio sul Lido Iride. Meglio, quello che avanza del Lido Iride. Sembrava un villaggio palestinese appena bombardato. L'unica speranza e che non l'abbia visto Sebastiano G. Pani che l'Iride l'aveva costruito certo per sè, ma anche (e molto) per i sassaresi.
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è un peccato che di questa idea, come di tante altre che ha avuto, i sassaresi non siano stati capaci di rendergliene merito. Se è vero che fu Pieroni a tracciare il solco di quell'imperialismo marino che portò i sassaresi a gustare le dolcezze di un mare vicinissimo, è anche vero che fu Pani a trasformare la lunga sequenze di dune abbandonate alle carovane domenicali di mangiatori di lumachine in un salotto a bordo-mare per la Sassari d'alto (e medio) bordo. Così i sassaresi che prima non si muovevano per Alghero o Stintino se non era venuto il pieno luglio, si trovarono un buen retiro d'acqua marina sotto casa, disponibile già da primavera.
All'Iride Pani portò un'altro pioniere (anche lui, vedi caso, non sassarese) come Fulvio Marini che scoperchiò le delicatezze di una cucina affabile e gentile. Andare a cena al Iride diventò un piccolo must. Una volta, dopo una conferenza, ci portammo un'amica toscana, poetessa tra le più conosciute d'Italia.
Era una donna sottile e altissima. Sul finire della cena, forse stanca del viaggio, sbarazzò un tratto di tavola e ci adagiò la testa, appoggiata a braccia che parevano sul candore della tovaglia le ali dell'albatro che non riesce a volare. Ci vergognammo come cani di quel suo gesto imprevisto eppure così domestisco. Ora, a ricordarmene, mi vergogno di quella vergogna. Ma era un'altra Sassari. Mezzo secolo fa, altre abitudini, altro millennio.
All'Iride Pani i portò anche le prime vere orchestre "continentali", non senza qualche nostra nostalgia per i boys di Francesco Serra, Fausto Orizi e Pietro Scano. Il primo fu Perez Prado, che lanciava l'assolo iniziale di "Ciliegi rosa" come un lunghissimo interminabile singhiozzo. Si dice che di questi Perez-Prado ce ne fossero almeno una decina in giro per l'Italia, tutti sombrero e volant. Pare che quello che faceva l'assolo più interminabile, quello era il vero, l'unico, l'inimitabile Perez Prado. Chi sa se quello che ci faceva bailar la samba che neppure il re del Portogallo era l'autentico. E le elezioni delle miss. Chi non ha visto una elezione al Lido Iride non ha idea cos'era a Sassari una festa di ragazze per bene. Quelle per male sgattaiolavano sul pattino insieme al ragazzo di turno, remando verso l'Asinara. Facevano finta di non sapere che dal bordo della piscina tre quarti di Sassari sbinocolava per sapere quanto si sarebbe dovuta scandalizzare il giorno dopo. Poi ci fu la querelle del nome. I sassaresi, quella spiaggia dove ci andavano col biroccio e le sindrie l'avevano sempre chiamata Abbacurrente. Qualcuno in un empito di entusiasmo propose di chiamarla PIERONIA. Il nome del sindaco fondatore è ricordato in capo a un bel viale di oleandri, così come Roberto Stefanelli che da capo cronista della "Nuova" fu l'aedo di quella anabasi turritana. Ci fu un lettore sassarese che da Trieste scrisse che dove stava lui, almeno metà del nome era molto conosciuta. L'altra metà, diceva, veniva dal sassarese "pratta", che vuol dire argento, come in spagnolo. Gli fu risposto che di quelle cose c'erano molte anche a Sassari, ma d'argento non s'erano ancora viste.
Domenica 3 marzo 2002
LA NOVITà - I BINARI ARRIVERANNO A PLATAMONA?
SASSARI. Quando Oreste Pieroni creò e ufficializzò lo sbocco a mare dei sassaresi inventando Platamona, non avrebbe mai immaginato che a fianco alla strada asfaltata un giorno sarebbe potuta sorgere quella ferrata. Un'idea che sta prendendo corpo e sulla quale, anche se informalmente, è già stata spesa qualche parola tra amministrazione comunale e Ferrovie della Sardegna.
» un problema prima di tutto di soldi e disponibilità, ma l'idea è sfiziosa e neanche tanto campata per aria visto che col secondo lotto del metrò di superficie i binari potrebbero arrivare fino a Ottava. A quel punto si tratterebbe di aggiungere qualche chilometro di binari e creare così un collegamento stabile tra la città e il suo litorale. Questo sulla carta, poi ci sono questioni da risolvere prima ancora di discutere di una possibile fase operativa; un problema di finanziamenti, appunto, di disponibilità delle Ferrovie della Sardegna ad accollarsi una nuova tratta e soprattutto vedere se davvero il gioco vale la candela. E cioè, può avere un senso un collegamento tra Sassari e Platamona su strada ferrata? Se sì, si può anche valutare l'opportunità di trovare un aggancio col secondo lotto del metrò di superficie.
Un secondo lotto che è considerato il pilastro portante di tutta l'opera ma che è ancora campato in aria. Nel senso che per i soldi siamo soprattutto nelle mani della Regione e che di progetti esecutivi ancora non se ne parla. I tempi sono legati alla realizzazione del centro intermodale, più che al viaggio cittadino del treno elettrico: appena concluso il centro si passerà a lavorare sui collegamenti con l'hinterland. A occhio e croce, stiamo parlando di agosto-settembre: non resta che aspettare.
Giovedì 18 aprile 2002
Se ci fosse ancora oggi per la Dc sarebbe festa grande
SASSARI. Se ci fosse stata la Democrazia cristiana (o c'è ancora? Oppure, se c'è, tra poco non ci sarà più?), insomma se ci fosse stata, oggi 18 aprile sarebbe festa grande. Una specie di compleanno. Esattamente il compleanno numero 54 da quel 18 aprile del 1948 in cui la Dc, vincendo, anzi stravincendo le elezioni, inausurò qualcosa come un quarantennio e passa di governo. Fu una battaglia, come si sa, combattuta all'ultimo voto. I comunisti chiamavano i dc "forchettoni", cioè grandi mangiatori, i democristiani facevano balenare agli italiani lo spettro della tirannide rossa. Tanto per dire, il giorno delle votazioni il quotidiano (indipendente) di Cagliari intitolava a piena pagina: "Oggi si combatte una grande battaglia contro la tirannide". Un po' più cauta la posizione della "Nuova", che scriveva: "I nostri lettori non ignorano il nostro pensiero in proposito: allo stato attuale non ci resta che votare per i piccoli partiti. è necessario però soprattutto votare (sottolineato): nessuno manchi alle urne, perchè oggi si decide il destino di noi tutti". Erano due inviti. I sassaresi obbedirono a uno, disobbedirono all'altro. Obbedirono andando a votare in massa, qualcosa come l'88,9 per cento degli aventi diritto: e si fece notare che siccome la domenica era piovuto, il lunedì mattina _ che si poteva votare ancora fino alle due _ i contadini che non avevano votato la domenica se n'andarono all'orto o in campagna invece che alle urne. Sennò sarebbe stato un diluvio. A Sassari città infatti la Dc ebbe il 56,2 per cento, col 51,2 la provincia fu una delle più "bianche" d'Italia. Disobbedirono, invece, votando solo per i partiti più grossi, altro che i partiti minori. Il Fronte democratico popolare, in cui si erano alleati comunisti e socialisti, ebbe in città il 17,9 per cento (in Italia, invece, il 31 contro il 48,5 per cento della Dc). I partiti minori raccolsero solo le briciole: i sardisti il 3,6 per cento, il Movimento sociale il 3,9. In quella elezione c'era anche il movimento "Pax et Justitia" dell'avvocato Marche, di cui mi è capitato di parlare qualche tempo fa. La lista ebbe in tutto, a Sassari, 37 voti, ma il capolista ne prese soltanto 8. Il più votato a Sassari fu Antonio Segni, che ebbe 9313 voti, seguito da Cicito Chieffi, 6942, e dal "rivoluzionario bianco" di Pozzomaggiore, Pietrino Fadda, con 2614. Il più votato del Fronte fu Renzo Laconi, che ebbe 1965 voti, solo una cinquantina in più di Luigi Polano e centocinquanta più di Velio Spano. Nel Blocco nazionale Peppino Abozzi ebbe 1832 voti, tra i sardisti Giovanni Battista Puggioni 233. Il sindaco Pieroni telegrafò trionfante all'arcivescovo Mazzotti (all'insegna del principio cavourriano del libero Stato in libera Chiesa, si vede): "Il tripudio di Sassari democristiana per la schiacciante vittoria elettorale associa in preminenza l'affermazione dello spirito cristiano del popolo italiano che in nome di Cristo è destinato a realizzare i suoi migliori destini". La "Nuova" fu appena meno cauta del giorno prima, il titolo diceva: "Sassari non teme più. Tutta la città illuminata e imbandierata a festa". Il giornale pubblicò anche alcune delle scritte vergate dagli elettori sulle schede annullate. Non so se questa sia la più originale: "Macciotta troppo ambizioso Abozzi troppo poeta Polano troppo grasso Marras troppo canoro Lamberti troppo repulsivo. Non serve nessuno firmato Maresciallo Graziani". Chissà quanto tempo l'autore era rimasto in cabina, per comporre il suo poema.
Sabato 29 giugno 2002
SASSARIESTATE CON TANTI BIG
Vincente la collaborazione tra associazioni e Comune
I CONCERTI In città Ligabue, Ranieri e Silvestri
SASSARI. Le sinergie tra l'amministrazione comunale e le associazioni culturali ha prodotto un risultato apprezzabile: quest'anno il programma di "Un'estate a Sassari" è ricco, di qualità e non mancano i grandi eventi. Il costo sfiora il milione e mezzo di euro, l'investimento del Comune è intorno ai 300 mila euro. Questo significa che le associazioni si sono impegnate, non hanno puntato soltanto sul solito "sussidio", ma hanno deciso di rischiare in proprio. Spettacolo, danza, musica, sport, cinema, teatro, animazione e cultura, per tre mesi di appuntamenti (la rassegna si concluderà il 24 settembre) di spessore che terranno compagnia a quella parte della città che non va in ferie.
Il programma è stato presentato ieri a Palazzo Ducale dall'assessore alla Cultura Antonello Solinas (presenti i rappresentanti delle associazioni). Durante il suo intervento si è soffermato a lungo sul "ritrovato spirito di collaborazione tra il Comune e le associazioni. Per la prima volta alla rassegna partecipa anche l'Ente Concerti. Con questo organismo speriamo di sviluppare in proiezione futura un progetto che ci consenta di portare in città grandi avvenimenti".
"Non c'è stata rispetto allo scorso anno una grande variazione di spesa - ha aggiunto Solinas -, la cifre sono quelle che mette a disposizione la Regione per i capoluoghi di provincia. Posso garantire che tra noi e Cagliari le differenze sono minime, circa 50 mila euro. Loro hanno un grande vantaggio, i privati investono di più, ecco perchè riescono a portare eventi di grande richiamo. Questa è la strada che vogliamo seguire anche noi e il primo passo è proprio la collaborazione con l'Ente Concerti".
è chiaro che per organizzare appuntamenti con grandi nomi è necessario che le associazioni facciano delle proposte e siano disposte a rischiare in prima persona. Con le risorse a disposizione, il Comune non può accollarsi i costi di un concerto, ad esempio, come quello di Ligabue. Se lo spettacolo non va bene, bisogna coprire gli eventuali "buchi". "Ecco perchè sono poche quelle che hanno il coraggio di esporsi - ha spiegato l'assessore alla Cultura -, il nostro contributo rispetto alle somme necessarie è irrisorio".
Una settimana della rassegna è dedicata al cinquantesimo compleanno di Platamona. Oltre a una serie interessanti di spettacoli, verrà inaugurata al Lido una mostra (resterà aperta un mese) con foto d'epoca e una sorpresa che avrà come protagonista l'ex sindaco di Sassari Oreste Pieroni. "Noi abbiamo un progetto ambizioso - ha spiegato Antonello Solinas -, far entrare la nostra città nel grande circuito turistico. Per riuscirci è fondamentale rivalutare le nostre spiagge, a partire da Platamona. Il prossimo anno speriamo di mettere in piedi delle iniziative che ci consentano di vivacizzare la località balneare più cara ai sassaresi".
"Un'estate a Sassari" è già cominciata e la città che non va in vacanza si propone di essere più viva, un punto d'incontro per i giovani e non. Basta scorrere il nutrito calendario di manifestazioni e ci si accorge che mai come quest'anno il periodo estivo sarà... caldo. E non solo per quanto riguarda il clima. La strada della collaborazione tra Comune e associazioni è quella giusta.
Sabato 3 agosto 2002
L'INIZIATIVA
Una mostra su Platamona per rilanciare il litorale
SASSARI. Il rilancio turistico passerà anche attraverso Platamona, che ospiterà dal 10 al 17 agosto una serie di manifestazioni legate in qualche modo ai Candelieri ma con un unico filo conduttore: riscoprire il litorale come polo di attrazione. Un'idea che non poteva che partire dal ricordo della Platamona più bella, quella degli anni d'oro inventata dal sindaco Oreste Pieroni e dal commendator Pani. In omaggio alla loro inventiva e a quella che oggi si chiamerebbe capacità imprenditoriale, il 10 agosto al lido verrà inagurata la mostra di fotografie "Platamona, ricordi d'estate", che vuole celebrare i 51 anni di Platamona e rimarrà aperta tutti i giorni fino al 7 settembre, dalle 10 alle 24. In cartellone anche il 12 la rassegna "Tutti umpari pa la ziddai", il 13 uno spettacolo di musica folk e un'esibizione di ballo, il giorno di ferragosto uno spettacolo di cabaret con Pino e gli Anticorpi, il 16 ancora cabaret con i Tressardi e uno spettacolo pirotecnico e il 17 lo spettacolo di varietà "Benvenuto tra le donne". Un esperimento illustrato dall'assessore alla Cultura e al Turismo Antonello Solinas: «Noi siamo convinti che si può ripartire da Platamona e questo è un primo passo: dipenderà poi dalla risposta che avremo. Se sarà positiva, cominceremo a muoverci in questa direzione e ovviamente parleremo anche con i sindaci di Sorso e Porto Torres. Puntiamo molto sulla mostra, perchè è una mostra importante che ci riporta ai tempi in cui Platamona era al centro della Sardegna turistica e ospitava tutte le più importanti manifestazioni». Anche questo, ha aggiunto l'assessore, è un'iniziativa importante per il rilancio turistico della città: «Si tratta di far capire alla gente che Sassari merita di essere visitata. E un lavoro molto duro, però le risposte sono positive: dopo la partecipazione alla Bit, abbiamo avuto un considerevole aumento di presenze alla Cavalcata. E per questo andremo ancora alle borse del turismo di Milano, Roma e Paestum». Un lavoro duro per il quale il sindaco ha voluto spendere una parola per la struttura comunale: «Abbiamo rovesciato una valanga di materiale sui tavoli e tutto è andato in perfetto ordine. Gli uffici meritano davvero un elogio».
Venerdì 3 gennaio 2003
L'INIZIATIVA
Dagli ex combattenti del Psda agli uomini nuovi del fascismo
Partiti tra lotte e intese Parola d'ordine:
«La terra ai contadini» 1924, arrivano il finanziamento di un miliardo di lire per far decollare le grandi opere
Dal secondo volume di «Paesi e città della Sardegna» pubblichiamo uno stralcio del saggio «Il ceto politico». di Manlio Brigaglia Il primo dopoguerra è contrassegnato, in Sardegna, dalla nascita di un forte movimento di ex-combattenti che nel 1921 darà vita al Partito sardo d'azione. Per essere partito composto in gran parte di ex-combattenti, il PsdA è anche partito eminentemente rurale. Molti suoi dirigenti sono nati nei piccoli borghi della Sardegna contadina e pastorale: il capo carismatico del partito, Emilio Lussu, viene da Armungia, un villaggio del Gerrei. Di cultura urbana (sono quasi tutti giovani laureati chiamati alla politica da quella «scuola rivoluzionaria» _ la definizione è di Lussu _ che era stata la trincea), portano nei paesi la parola d'ordine della terra ai contadini, della cooperazione fra produttori, del diritto della Sardegna all'autogoverno (che vuol dire anche lotta ai «vecchi partiti» e alle clientele locali). Il ceto politico contadino avverte la minaccia e rinserra le file attraverso alleanze e blocchi che, alle amministrative del 1920, vedono insieme uomini e schieramenti che si erano combattuti per decenni. L'alleanza è in funzione di diga a tutti i partiti popolari: dunque, non solo i sardisti ma anche i socialisti e, in minore misura, gli stessi cattolici del Ppi. Nelle elezioni comunali le vecchie alleanze resistono, in quelle provinciali _ in cui è coinvolta la campagna _ s'impongono invece i sardisti. A Sassari otterranno addirittura la maggioranza in Consiglio: la bandiera con i quattro mori sarà esposta al balcone del Palazzo di Piazza d'Italia. Anche il nascente fascismo porta uomini nuovi alla ribalta: e se il fascismo minerario e cagliaritano è ispirato e finanziato, al momento della «prima ondata», da un imprenditore come Ferruccio Sorcinelli, presto i dirigenti del Pnf saranno uomini provenienti anch'essi dall'esperienza di trincea o giovanissimi non ancora usciti dalle Università. La «fusione» tra Pnf e PsdA nell'aprile del 1923 porrà un intero gruppo dirigente, slegato dalle vecchie consorterie (e in polemica aperta con lo stesso Sorcinelli), alla guida del partito e dell'isola. Lo scioglimento dei Consigli comunali _ che avviene con operazioni di autentico defenestramento dei sindaci eletti, come accade a Sassari per il professor Flaminio Mancaleoni _ e la creazione della carica di podestà spostano il centro del potere politico locale verso le sezioni e più ancora verso le federazioni provinciali del Pnf. Anche se il centralismo fascista porta a rafforzare le funzioni del prefetto. Una nuova venerazione di dirigenti locali nasce a Sassari, Cagliari e nei centri urbani minori: il rinnovamento agisce con molto minor vigore nei centri rurali, dove le grandi (e spesso prepotenti) famiglie che hanno visto formarsi e consolidarsi il proprio patrimonio grazie all'appropriazione della terra ("liberata" dai pesi del sistema feudale e della gestione comunitaria) continuano a comandare, magari attraverso figli e parenti delegati a occupare _ anche in virtù di una maggiore scolarizzazione _ le piccole cariche amministrative e di partito che presiedono al funzionamento della comunità. L'alleanza fra il ceto politico urbano e la vecchia classe dirigente si realizza, a partire dal 1924 (l'anno dell'assegnazione alla Sardegna di un miliardo di lire da impiegare soprattutto in lavori pubblici), nel controllo e nello sfruttamento degli interventi predisposti dal governo per accompagnare lo sviluppo dell'isola con un' attrezzatura strutturale del territorio e delle risorse che ha nella politica di bonifica, nella «battaglia del grano», nella lotta contro la malaria, la diffusione della scolarizzazione e ls creazione di elementari dotazioni civili (acquedotti, fognature, cimiteri) i suoi punti forti. La dimensione delle opere (come la diga del Tirso e a seguire quella del Coghinas), la decisione di costruire «in grande» nelle città (nel 1934 Sassari inaugura il Ponte del Littorio, che scavalca la vallata di Rosello), la presenza a Roma di autorevoli personaggi inseriti negli organismi del governo e del Pnf porterà in Sardegna imprese e capitali «continentali». Da questo punto di vista il ruolo di podestà anche popolari come furono a Cagliari gli ex-sardisti Vittorio Tredici e soprattutto Enrico Endrich, risulta piuttosto marginale rispetto alle tendenze e agli sviluppi di una economia che mescola spregiudicatamente, in una città che viene sempre più spesso definita «l'emporio del Mediterraneo» (e ambirebbe diventarlo), la grande impresa continentale dell'industria e delle opere pubbliche e la piccola borghesia locale, che trae alimento dal ruolo effettivo di «emporio del Campidano» che la città esercita con sempre maggiore determinazione. Soltanto a Nuoro, capoluogo della terza provincia sarda creata nel 1927, la lotta fra il sindaco e il prefetto ha il suo vigore soprattutto sul finire degli anni Venti: ma già il rapido trasferimento di Ottavio Dinale, un ex-sindacalista rivoluzionario amico di giovinezza di Attilio Deffenu e di Mussolini, mandato a Nuoro come primo prefetto proprio con questi titoli, trasferisce il potere alla segreteria provinciale del Pnf e all'alleanza fra ex-sardisti e nuovi imprenditori di affermata fede fascista. Al censimento del 1931 Sassari ha 51.700 abitanti, Cagliari 100.620. Da questo momento in poi _ saltati gli anni tragici della guerra, dei bombardamenti e degli sfollamenti _ Cagliari avrà sempre il doppio degli abitanti di Sassari, anche con l'andirivieni di accorpamenti e di distacchi che toccheranno centri come Pirri, Monserrato, Selargius, Quartucciu ed Elmas _ aggregate a Cagliari nel periodo fascista _ e in parte staccate in questi ultimi cinquant'anni, e Stintino, diventato autonomo da Sassari intorno agli anni Novanta. Movimenti che attiveranno anche in questi centri minori la nascita di un nuovo ceto politico, però sempre ripiegato sugli interessi locali tanto nella battaglia per l'autonomia quanto nell'avvio di un'amministrazione autonoma. Alla caduta del fascismo Gavino Dessì Deliperi viene nominato commissario prefettizio di Cagliari, Candido Mura commissario prefettizio di Sassari. Deliperi era stato l'ultimo sindaco eletto di Cagliari, Mura era stato addirittura il commissario prefettizio che aveva traghettato la Sassari liberale fin dentro il fascismo. Nonostante tutto, non è obbligatorio leggere la loro nomina come una applicazione del concetto crociano di fascismo come parentesi della vita nazionale. E piuttosto un comodo escamotage, intanto che i Comitati di concentrazione antifascista decidono come allocare i propri uomini nelle diverse amministrazioni cittadine. La successiva nomina (prefettizia) di Deliperi e Mura a sindaci, seppure per breve tempo (Mura sarà anche sindaco eletto dopo le amministrative del 1946), indicherà invece il riconoscimento della forza reale di una vasta aggregazione borghese al centro dello schieramento politico sotto le insegne della Democrazia cristiana. Il referendum istituzionale del 2 giugno segnala in Sardegna, e soprattutto nei centri maggiori (fanno eccezione Nuoro, dove è forte l'influsso sardista, e i centri del Sulcis-Inglesiente) e più ancora a Sassari, una maggioritaria presenza monarchica, e alle contemporanee elezioni per la Costituente la formazione dell'Uomo qualunque arriva a Cagliari al 27,4 per cento (contro un 33,3 della Dc). Il ceto politico di questi ultimi cinquant'anni si stratifica a diversi livelli e si disloca in differenti istituzioni, che hanno quasi tutte nelle città il loro punto di riferimento: dalle circoscrizioni ai comprensori e alle comunità montane (le circoscrizioni in città, comprensori e comunità soprattutto nei centri urbani minori), dai consigli comunali ai consigli provinciali, dal Consiglio regionale al Parlamento e al Governo della repubblica. La carriera politica (in una fase in cui si assiste a una professionalizzazione della politica, soprattutto nei due partiti maggiori) si sviluppa come un continuo passaggio da un gradino all'altro di una scala che comincia in genere nel Consiglio comunale e finisce (o può finire) a Cagliari e/o a Roma. La maggiore integrazione fra i sistemi politici locali e le centrali nazionali permette peraltro di abbreviare rapidamente questo itinerario: il caso dei sassaresi Antonio Segni (sottosegretario all'Agricoltura nel 1944, eletto presidente della Repubblica nel 1962) e Francesco Cossiga (deputato nel 1958, eletto presidente della repubblica nel 1985) è abbastanza esemplare. Ma nella gran parte dei casi le istituzioni si configurano come fabbriche di un ceto politico che, al livello dell'amministrazione cittadina si vede speso limitato non soltanto dagli indirizzi di partito o di governo che vengono dalle segreterie provinciali o dagli assessori regionali o dai ministeri romani, ma anche dalla presenza di potentati economici di provenienza spesso extra-isolana. Emergono, invece, singole figure di sindaci, talvolta anche molto popolari (Giuseppe Brotzu e Paolo De Magistris a Cagliari, Oreste Pieroni a Sassari): il recente meccanismo di elezione diretta del sindaco ha messo in luce l'importanza della visibilità del primo cittadino, tanto al momento della candidatura quanto nello svolgimento dell'azione amministrativa. Ma è difficile affermare che il ceto politico di livello comunale sia stato sottratto _ dall'evoluzione del sistema politico _ all'usura che ha colpito l'intera classe dirigente del nostro Paese in questo crepuscolo del secolo.
Domenica 26 gennaio 2003
Platamona, una pista sul mare Alla «Frumentaria» una mostra sul suo glorioso passato
Franco Enna
SASSARI Diventa sempre più difficile, in questa nostra città sonnacchiosa, trattenere a lungo i rari sprazzi di progettualità creativa, perchè una strana forma di rassegnazione li spazza via come le luminarie natalizie dopo la Befana. Eppure, in un passato relativamente recente le cose non andavano così. Per rendersene conto, basta recarsi anche di domenica mattina al palazzo della «Frumentaria». è a pochi passi dal ponte Rosello, qui la Cooperativa giovanile «Thellus» ha organizzato, dal settembre scorso, una bella mostra fotografica sulla nascita della Marina sassarese, l'ormai mitica Platamona, progettata e voluta, agli inizi degli anni Cinquanta, dall' amministrazione del grande sindaco Pieroni. Grande quanto modesto, il buon Oreste, tanto da rifiutare che la marina venisse chiamata «Pieronia», come sembra di capire da alcune foto dell epoca. Ma forse, da buon sassarese, era solo prudente, perchè sapeva che qui da noi, dalla gloria alla «cionfra» il passo è breve, e un' «Orestiade» in gobbura non gliel' avrebbe levata nessuno. Eppure, muovendosi tra le immagini dei primi «casotti» ancora lindi, le festose inaugurazioni e gli spettacoli d' «Arte Varia» al Lido Pani _ con Corrado, la Pizzi, un giovanissimo Mike Bongiorno e l' Orchestra Swing _, appare anche in quei pannelli in bianco e nero un chè di incompiuto. E non appare tanto dalla «Rotonda», ancora piena di ghiaia e con due sole macchine parcheggiate, quanto dalla foto di un articolo della Nuova Sardegna, dove il cronista comunicava che già da allora era allo studio la realizzazione di un tratto ferroviario che congiungesse la città alla marina. Niente di particolarmente «metropolitano», naturalmente: forse solo una «littorina» o una locomotiva a vapore rimessa a nuovo o due vagoncini festosi per portare al mare quanti più sassaresi «in ciabi» possibili. Ma nemmeno allora la cosa andò in porto. Il trenino dei sogni di Oreste Pieroni sembra essersi fermato ancora una volta all' Emiciclo, perciò Platamona non è mai diventata davvero un pezzo della nostra città. Da allora, il «bum economico» ha prodotto più auto che metri da percorrere, e le due «Topolino» sulla Rotonda fanno quasi tenerezza. Però c'è qualcuno che, di tanto in tanto, si sforza di ritrovare almeno un pizzico di quel grandioso clima progettuale e, sempre puntando gli occhi sulla marina, prova a suggerire soluzioni di connubio «ecologico». La pista ciclabile, ad esempio. Che cosa ci sarebbe di più vicino a quella stagione progettuale di cinquant'anni fa, da una pista ciclabile? Qualcosa da non metabolizzare come utile, ma semplicemente piacevole. Andare in bicicletta ad Abba Currenti, lungo la vecchia statale per Porto Torres, era quasi un gioco da ragazzi, più che uno sport. Ma non solo: ci si andava addirittura in «cecciu». Mia sorella Uccia, che quella stagione la visse da protagonista, mi raccontava di quella volta in cui Giovanni, pedalando con gli amici sulla terribile salita di Ottava, affiancò due ragazzini che arrancavano spingendo due grandi cerchi di legno, che pilotavano con due lunghi ferri con la punta a gancio rovesciato. «E indì seddi andendi?». «A Bagurrenti». «A pedi?». «No, in cecciu» Non si è più parlato di ampliare il progetto di allargamento della nuova Buddi Buddi, per includerci la pista ciclabile. è bastato che i progettisti rispondessero con bonomia piena di sufficienza a chi la proponeva per lasciare cadere il tutto. Il manovratore non ama mai essere disturbato. Nemmeno quando ha ragione, come in questo caso, perchè una pista per ciclisti che fiancheggia una strada piena di grande traffico sarebbe un suicidio per i polmoni dei pedalatori della domenica. E allora? Non se ne fa nulla? Mentre guardavo i pannelli della mostra, domenica scorsa, mi è venuto in mente un vero progettista, un architetto geniale e visionario come solo i grandi architetti sanno esserlo. Si chiamava Ugo Maiorana, argentino di nascita e sassarese di adozione, scomparso due estati fa. Con lui tutto sembrava possibile e facile da realizzare. Per esempio, una funicolare panoramica da Villanova ad Alghero, spettacolare e mozzafiato, perchè no? Oppure una «Cittadella della Scienza e della Tecnica», sul modello parigino, da realizzare nell'ex Gil di fronte a San Giuseppe, con teatro e cinema annessi, per proiezioni e spettacoli di natura didattico-comunicativa e altro. Ugo aveva pensato anche ad una pista ciclabile fra Sassari e Platamona. «Ma non lungo quella «cossa pericolossa» che si chiama Buddi Buddi». Lui suggeriva, invece, di utilizzare il percorso sterrato realizzato tempo fa per la posa dei tubi della fognatura, che finisce proprio nello stagno di Platamona: con un po' di asfalto, diceva lui _ se proprio non vuole usare altro materiale _, qualche piccolo esproprio e un pizzico di coraggio, si potrebbe arrivare a Platamona in bicicletta in una ventina di minuti, anche senza imitare Cippollini. Ma Ugo Maiorana se n'è andato e Oreste Pieroni è solo un viale pieno di oleandri un po' appassiti che fiancheggiano un vecchio stagno pieno di strani uccelli acquatici quasi in via d estinzione.
Venerdì 14 febbraio 2003
LA STORIA - Quando comanda il piccone
SASSARI. Ciò che rimane di via Dei Corsi è sopravvissuto al piccone fascista degli anni Trenta e Quaranta e agli emuli degli anni Cinquanta. Nel dopoguerra si proseguì infatti lo sventramento dell'attuale piazza Mazzotti, provocando tra gli altri guai anche la maggiore evidenza di ciò che restava ai margini dello slargo coperto di macerie, come appunto l'estremo degrado di via Dei Corsi: dove si praticava la prostituzione al pianterreno di indescrivibili tuguri, per di più sotto gli occhi dei passanti. I consiglieri più sbrigativi esercitarono pressioni nei confronti del sindaco Pieroni proprio nel 1951, quando nello slargo venne intrapresa la costruzione dei palazzi verso il Corso. E così si incoraggiò l'idea di chiudere via Dei Corsi: per farla scomparire, cancellarla con le sue misere prostitute (tra l'altro neppure inquadrate in case di tolleranza), le sue malattie e le stalle divenute abitazioni. Ecco quindi come nasce questo vicolo chiuso che si affaccia sulla via più importante del centro storico, quel Corso da cui prende l'avvio ogni attuale progetto di recupero e risanamento. Si spera che ora la città si sia culturalmente evoluta e che per i politici e gli imprenditori il risanamento non sia più questione di ruspe e deportazioni ma di interventi sociali e architettonici. E che in qualcuno non resista quella mentalità che il nostro giornale condannava già dagli anni Cinquanta, per la quale tubercolosi, sifilide, degrado morale e materiale si combattevano con l'arma del piccone. (c.f.)
Venerdì 29 maggio 2003
Le vittorie del rossoblù
5000. Il numero quasi esatto degli spettatori di un Tempio-Torres (2-3) che, giocata il 28 gennaio del 1951, fu l’apice per la formazione sassarese in un campionato di Prima divisione dominato dall’inizio alla fine. 6.5.1951. A Superga muore il Grande Torino, anche Sassari piange. Lo stadio di Tempio fa 7000 spettatori per un nuovo match con la Torres, che si impone con un chiaro 2-0. La conclusione del campionato è conro l’Abbasanta (due reti Vanni Sanna, una a testa Putinati e Grisetti), l’amatissimo sindaco di Sassari Oreste Pieroni consegna ai rossoblù una coppa che aveva ordinato già da tempo. L’Esit entra nella società rossoblù con la maggioranza del 52 per cento e qualche lira, così ci si può iscrivere al campionato di Promozione. 20.4.1952. Un Vanni Sanna da categoria superiore trascina i rossoblù, il Monteponi vince il campionato ma la Torres viene comunque ammessa a partecipare alla quarta serie nazionale. Si parla sempre meno delle altre discipline della Sef Torres, che pure sopravvivono. In campionato il calcio non va benissimo. 1.2.1953. La dirigenza della Torres esonera l’allenatore Ermanno Latella mentre qualche dirigente comincia a pensare al basket, tanto che anche a Sassari arrivano canestri e attrezzatura. I giocatori non mancano, quello di cui c’è penuria sono però arbitri e allenatori. Ma ora ci sono anche le canottiere, rossoblù.
Giovedì 7 agosto 2003
Le «manor de oro» delle tre sorelle Ruiu
Sapevano cucire, filare, tessere, ricamare: la loro è stata anche una saga familiare del Novecento sassarese
SASSARI. “Manor de oro”, mani d’oro. Chiamavano così, e ancora la chiamano, quella straordinaria abilità con cui le donne, in Sardegna, sanno cucire, filare, tessere, ricamare e creare i miracoli di quella che si chiama l’arte domestica, l’artigianato popolare. Si chiamavano Luisa, Bianca e Laura Ruiu le signorine sassaresi che furono le più famose della città, nel Novecento, per le loro mani d’oro. E’ la storia di una piccola saga familiare che vale la pena di raccontare, anche se oggi Luisa e Bianca non ci sono più e la signorina Laura è rimasta sola, a 85 anni, a custodire il ricordo di quella bella avventura. Anche il loro padre ebbe le mani d’oro. Era un meccanico, ma così bravo che la sua fama si sparse in tutta la Sardegna: quando a Dorgali fu impiantata una linea di autobus, l’ingegner Ticca chiamò lui a governare le macchine e a istruire gli autisti. Le figlie avevano cominciato a studiare, ma avevano smesso presto. Erano brave a cucire, a tagliare vestiti. Un giorno - siamo più o meno nei primi anni Trenta - venne da Torino una signora che teneva un corso di sartoria. Aveva un suo metodo speciale, in un pugno di lezioni insegnava molti misteri dell’arte. Le signorine Ruiu furono le sue migliori allieve. Da allora in poi cucirono abiti per mezza Sassari, almeno la mezza Sassari che poteva permetterselo. Erano famose perchè si diceva che avessero elaborato un metodo tale nel prendere le misure e tagliare la stoffa, che spesso non c’era bisogno neppure di “provare” l’abito prima di vederselo bello e in scatola, pronto da indossare. Fecero anche scuola. C’erano signore che andavano da loro per imparare a tagliarsi direttamente i propri modelli, così da essere sicure che nessuno avrebbe avuto un abito uguale al loro: cosa che quando capitava, ai balli o a un matrimonio, alimentava pettegolezzi e lamentele di mesi. Nel dopoguerra le signorine Ruiu (in particolare Bianca e Laura, Luisa s’era sposata) aprirono una vera e propria scuola. Stava nei vasti saloni a pianoterra dell’“Augusteo” (l’ex palazzo della Gil); le loro ragazze divennero in poco tempo così brave che furono chiamate a tagliare e cucire, per esempio, anche le tomaie per le scarpe del calzaturificio Torres, che ebbe per qualche tempo una rapida fortuna. Sulla scuola, poi, mise gli occhi l’Inapli, che prima la patrocinò poi la collocò direttamente sotto la propria egida. Sebbene l’Inapli avesse solo centri maschili, quello sassarese ebbe tanto successo che si pensò di costruirgli una grande sede: la rivista dell’ente dedicò diverse pagine al progetto. Ma poi, auspice il presidente Camillo Crociani (un nome caro alle cronache democristiane del tempo) non se ne fece nulla. Verso il 1968 quell’avventura era già finita. A quel punto le signorine Ruiu erano famose anche per un altro prodotto. La storia era cominciata quando era venuta in Sardegna l’ambasciatrice americana, la signora Clara Boothe Luce, e a Sassari avevano deciso di regalarle una bambola in costume sardo. Fu commissionata da un giorno all’altro alle signorine Ruiu, che così dovettero improvvisare una nuova “arte”. Da quel momento le loro bambole, specie dopo una rassegna dell’Isola (l’ente regionale per il lavoro artigiano) in cui ne esposero dodici, andarono in giro per il mondo: ne ricevette tre la regina d’Inghilterra, donna Laura Segni (suo marito era allora ministro degli esteri) ne regalava spesso alle mogli dei colleghi del professore, la principessa giapponnese e la bella regina Sirikit ne ebbero una anche loro. Ma le bambole non bastavano (anche se un gruppo di suonatori di chitarra proprio in questi giorni la signorina Laura sta per regalarlo al Banco di Sardegna). Nacquero gli scialli, sul modello di quelli di Oliena, esaltati dai grandi ricami a colori sul bianco o sul nero della stoffa. Fu il direttore generale del Banco di allora, Oreste Pieroni, a incoraggiarle su questa strada: ecco perchè le signorine hanno intrattenuto sempre rapporti speciali col Banco. E forse al Banco e alla sua Fondazione, dice la signorina Laura con un sospiro che è anche un sorriso, andranno ad abitare le loro ultime creature.
Domenica 11 gennaio 2004
Gli anni ruggenti e trasgressivi di Platamona
Come lo spettacolo ha contribuito al cambiamento dei comportamenti sociali
P. G. P.
Star e stelline, cantanti e presentatori, musicisti e comici: d’estate, quasi mezzo secolo fa, sulle spiagge del Nord Sardegna faceva tappa la meglio gioventù degli artisti che furoreggiavano in quegli anni. Show d’obbligo al Lido Iride di Platamona. Stabilimento balneare messo su dall’intraprendenza del Cavalier Sebastiano Pani, lo stesso della autolinee di pullman che ancora collegano le principali città dell’isola. Un periodo, quello, ricordato dai più anziani con piacere e nostalgia. Preceduto, quanto ad animazione casereccia e un po’ ruspante, solo dai primi concorsi di bellezza organizzati a Sassari da un altro Cavaliere, Tore Pinna. Tutti lo conoscevano con due soprannomi: uno, più elegante, Biancasella, l’altro che non è qui il caso di menzionare perchè dettato da sicura invidia, e certo più greve, che richiamava le frequentazioni con ragazze già allora piuttosto generose. Da Abbacurrente a Platamona, dunque. L’amarcord - o, meglio, il m’ammentu secondo la variante linguistica locale - potrebbe cominciare con gli anni eroici. Nei quali il sindaco di Sassari Oreste Pieroni, con la collaborazione del giornalista Roberto Stefanelli e di qualche mente aperta ai progressi del turismo, pensò che bisognasse trovare per la città adeguate valorizzazioni in costa. Di qui i piani di forestazione lungo il litorale. Gli accordi con i Comuni di Sorso e Porto Torres. La realizzazione dei pettini, le prime discese a mare. E, dunque, la necessità di far girare il danaro. Richiamando in frotte sulle spiagge autoctoni con il portafoglio un po’ gonfio e vacanzieri d’oltremare. Operazione resa possibile dalla disponibilità dei vari Mike Bongiorno, Cino Tortorella-Mago Zurlì e altri artisti ingaggiati dal Continente. Ma anche dalla bravura dei complessi musicali sardi che si facevano strada nell’isola. Presenze in grado di calamitare l’attenzione sui primi stabilimenti balneari, sui vicini alberghi frequentati dagli inglesi, sull’intera Platamona. Con un divertente contorno di gossip che sarebbero poi continuati a venire alimentati nei mesi invernali. Non a caso, nella sua rubrica di «Memorie sassaresi», lo storico Manlio Brigaglia, sempre attento anche alle analisi di costume, ricorda riti e miti dell’epoca. Compresi i pettegolezzi a ritmo di swing che avvolgevano come in una spirale le più giovani: «Chi non ha visto una elezione di miss al Lido Iride non ha idea di che cos’era una festa di ragazze per bene. Quelle per male, invece, sgattaiolavano sul pattino insieme al ragazzo di turno, remando verso l’Asinara. Facevano finta di non sapere che dal bordo della piscina tre quarti di Sassari sbinocolava per capire quanto si sarebbe dovuta scandalizzare il giorno dopo».
Martedì 20 gennaio 2004
Tornerà come una volta?
Manlio Brigaglia
SASSARI. Il ritorno del Lido Iride, sembra il titolo di uno quei sequel americani tipo «Il padrino, parte seconda». Forse il difetto del Lido Iride è stato proprio questo, di non aver avuto un padrino che lo salvasse dal deperimento quando i suoi muri hanno cominciato a degradarsi. Ora torna a fiorir la rosa: ma rivedremo l’Iride di una volta? C’era una volta il Lido Iride. Una delle invenzioni con cui negli anni Cinquanta un capitano coraggioso come Sebastiano G.(che sta per Giovanni) Pani provava a vedere se Sassari reggesse qualche iniezione di piccolo capitalismo moderno. Fu il sindaco Oreste Pieroni ad insegnare ai sassaresi ad andare al mare più vicino invece di rotolarsi alla Marinella o di ballare in calzoni bianchi sulla rotonda algherese di Novelli. Platamona la chiamavano scherzando Pieronia. Ma c’era poco da scherzare, perchè l’invenzione del sindaco era di quelle giuste. E’ vero che ogni tanto, per farsi pregare a ricandidarsi, Pieroni interpellava la Provvidenza: e i sassaresi, che non avevano ancora conosciuto l’epopea degli Unti del Signore, un po’ ci scherzavano sopra. Ma intanto sulla striscia di spiaggia che andava dalla torre di Abbacurrente alla Marritza cominciavano ad allinearsi casotti coloratissimi, che sloggiavano i saltafossi dei sedinesi con le lenzuola distese fra le stanghe a parare il sole. Il Lido Iride non fu il primo degli stabilimenti balneari. Ma fu subito il più ambito dai frequentatori di gusto fino. C’era anche una piscinetta per i bambini, che permetteva alle mamme di lasciarli dentro un salvagente e andarsene per le onde: negli anni Sessanta, come entrò in funzione la Sir, il mare si riempì di piccolissime palline di plastica trasparente, i tipografi della «Nuova» quando chiudevano il giornale, scendevano a mettere in acqua i sugheri e pescavano orate grosse come tonni. Quel mare eutrofizzato i primi frequentatori del Lido Iride non l’hanno conosciuto. Ma Iride non era soltanto mare. C’era il bar-ristorante dove Fulvio Marini insegnava ai sassaresi a mangiare il «Capriccio», c’era soprattutto una piccola arena dove si ballava alla grande. Ogni lido di Platamona aveva una sua orchestrina, a sinistra della rotonda, da Mura, suonava l’orchestra Swing di Francesco Serra: Fausto Orizi l’ha ricordato da poco in una lunga intervista a Pier Giorgio Pinna in queste stesse pagine. Da Pani veniva spesso Perez Prado, come dire il non plus ultra di Latino-America: il suo pezzo-simbolo era «Ciliegi rosa», che cominciava con un assolo di tromba che non finiva mai. Qualcuno scoprì che ogni anno veniva un Perez Prado diverso: i più informati sapevano che a ogni estate ce n’erano un paio di dozzine in giro per l’Italia. I più speranzosi annunciavano da una settimana all’altra l’arrivo di Abbe Lane con annesso cagnolino e Xavier Cugat. Si facevano anche i concorsi per le miss, che finalmente avevano trovato un palcoscenico degno delle loro grazie. C’erano anche le mamme: ma, nel ricordo, molto meno invadenti di quelle che adesso seguono (e inseguono) le loro bambine a Salsomaggiore. Le aspiranti portavano gran gonne strettissime in vita e larghissime alla balza, con un palmo di randa a fare vezzoso capolino sotto le ginocchia. Avevano visto «Vacanze romane»: immaginavano di essere Audrey Hepburn, sfilavano sognando un Gregory Peck anche per loro.
Giovedì 19 febbraio 2004
IN BANCA AROMA DI FRUMENTO
Dai Monti frumentari del Seicento il lungo percorso che porta alla nascita del Banco di Sardegna
La storia raccontata in un libro e sul sito Internet - Dai tempi di Segni e di Pieroni alle sfide del mercato globale. Il rapporto forte con Sassari.
Franco Enna
A navigare su Internet nei siti degli istitutit bancari, si possono fare delle interessanti scoperte. Per esempio, che anche le banche hanno bisogno di un retroterra storico, con lontane ascendenze medievali, da esibire nei «logo» e nelle sofisticate pubblicazioni che le riguardano.
Cliccando su1 xww del Banco di Sardegna ad esempio, si scopre che tutto ebbe inizio dai cosiddetti «Monti Frumentari» del 1600 la cui funzione era quella di costituire un capitale comune di supporto al ciclo agrario, oltre che di conservazione della specificità delle sementi (in tutte le culture agrarie, i «silos» tribali hanno sempre avuto anche funzioni di selezione e di protezione dei semi: è proprio per questo che il grano duro sardo è ancora molto ricercato). La stessa storia e raccontata in un libro che il Banco di Sardegna ha pubblicato per il suoi cinquant’anni, intitolato «La terra, il lavoro, il grano» e curato da Manlio Brigaglia e da Maria Grazia Cadoni.
Si trattava di una sorta di mutuo soccorso agrario che a Sassari fece nascere il palazzo della Frumentaria, così che i nostri contadini, prima d'impelagarsi nei tassi d'interesse, impararono a conoscere gli «ademprivi»: una parola tutta sarda che ha a che fare, appunto, con l’uso medievale di conservare una parte del raccolto del grano per usi esclusivamente comunitari. Da tale espressione nacquero le prime Casse Ademprivili e i Monti di Soccorso, che agli inizi del secolo scorso diventarono Casse Comunali di credito agrario.
«Chista di adempriviu no la sabia manc’eju! Questa non la sapevo nemmeno io», ci dice con un sorrisetto sornione il signor Renzo Tanda, ex funzionario del Banco di Sardegna, oggi in pensione, che al Banco ha percorso quasi tutti i gradini della carriera impiegatizia fino a raggiungere il grado di procuratore e il primo funzionario. «E tutto senza nemmeno uno straccio di laurea», ci tiene a precisare. Infatti agli inizi delle prime imprese finanziarie del Banco nei favolosi anni Cinquanta, più che il titolo di prestigioso occorreva possedere doti di affidabilità, di responsabilità e anche di intuizione imprenditoriale.
Al signor Renzo bastò un piccolo diploma della Scuola Commerciale per vincere il concorso ed entrare quasi subito tra i «quadri». «Quando io ero ragazzo – ci spiega – i miei volevano che diventassi almeno geometra. Per uno che abitava a Lu ciodu delle Conce, nell’angolo di vicolo Isabelline, dove erano sistemati due grossi anelli in cui i contadini legavano i cavalli, diventare geometra era il massimo dell’aspirazione familiare.
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Ma io, non appena compiuti i 16 ed aver raggiunto il diploma triennale, pensai che sarebbe stato più utile per tutti cercarmi un lavoro».
Era il 1942, e la prima occupazione di Renzo fu quella di archivista presso l’Unione industriale: un buon viatico per il futuro bancario, con uno stipendio che passò da un mese all’altro da 260 lire a 520, il doppio. «Si erano accorti che avevo già sedici anni e ce, perciò, andavo trattato come un ommu mannu, un adulto». Ma un paio d’anni più tardi, a guerra appena finita, l’ommu mannu Lorenzo Tanda scopri di essere stato, a sua totale insaputa, una spia dell’Ovra. Così almeno sostenne il funzionario speciale «Commissione americana per l’epurazione», il quale, senza tanti indugi inquisitori, lo fece licenziare in tronco. «Era successo che alcuni parenti di mio padre, che si erano stabiliti in Corsica ed erano fascistoni convinti, alla fine della guerra erano rientrati in Sardegna, dove erano schedati come elementi pericolosi, insieme a tutti i Tanda della famiglia». Insomma, una breve storia di ordinaria epurazione postbellica. Così, dopo una breve esperienza nella ditta Chiarella e poi la gestione di un negozietto di cartoleria al Monte Rosello, finalmente arrivò la grande occasione a metà degli anni 50, con il concorso Banco, regolarmente vinto.
Ma cosa c’entrano le Casse comunali di credito con tutto questo ?
«Adesso ci arriviamo – risponde serafico il signor Renzo – Il primo Banco di Sardegna era nato a Cagliari, nel dopoguerra, ma durò poco, perchè non c’erano soldi. Poi nel 1953, Antonio Segni face in modo che i vecchi Icas (Astuto di Credito Agrario per la Sardegna) si accorpassero con il Banco cagliaritano, fondando il vero Banco di Sardegna, con sede legale a Cagliari e la direzione Generale a Sassari. Neanche allora c’erano molti soldi, solo qualche milioncino di capitale, ma la cosa andò avanti lo stesso, grazie ad una gran voglia di fare».
Ma quelli erano i tempi di Segni, di Piero Castiglia e di Oreste Pieroni, buoni manager. E anche con qualche ideuzza «creativa», che in tempi attuali avrebbe fatto strabiliari il ministro Tremonti.
«L’idea vincente la ebbe il commendator Pieroni, che fu anche il primo direttore generale del Banco, il quale pensò di utilizzare proprio le Casse comunali di credito agrario come uffici di corrispondenza del Banco. Queste Casse comunali avevano funzione di “ammasso” del grano, da cui i contadini potevano attingere, soprattutto per le sementi, con un interesse non superiore al 6 per cento. Presso queste Casse furono istituiti degli uffici di corrispondenza, dove si pagavano le tasse comunali e, soprattutto, si depositavano i libretti di risparmio». In questo modo, il Banco ebbe a disposizione quasi tutti i comuni della regione, attivando una fitta rete capillare da cui scaturirono le future filiali.
Ma ci si dimenticò di istruire adeguatamente i segretari comunali sull’uso corretto di questi sportelli, per cui qualcuno equivocò sulla loro funzione, come ci racconta il signor Tanda: «Allora io avevo un incarico ispettivo. Un giorno mi accorsi che dalla Cassa di un certo comune non era ancora arrivata nemmeno una lira, nonostante risultasse l’emissione di numerosi libretti di risparmio. Così vado in quel paese, chiamo il segretario cassiere e chiedo spiegazioni. E lui, serafico: “Stia tranquillo, dottò: qui non sfugge niente”. Poi mi porta alla cassaforte e mi mostra una montagna di buste. Dentro ciascuna busta c’era un libretto con il nominativo dei versanti e le relative somme versate. Non mancava una lira, ma le teneva tutte rinchiuse lì, come gioielli di famiglia».
Il signor Tanda, quando pensa ai suoi «favolosi» anni Quaranta e Cinquanta un po’ si commuove, ma da buon sassarese originario delle Conce e dei luoghi del cupolone Santa Maria, preferisce rifugiarsi nell’aneddoto divertente e nella battuta.
«Da ragazzi, il tempo libero lo trascorrevamo in greffa al Cinema Sassari oppure al Verdi, quando c’era il “Varietè”: ma qualche volta era meglio lu “cabaret” di Peppino Masia, il barbiere di Via Lamarmora. Il pomeriggio lo trascorrevamo invece al Corso, dal Civico in su, a “suittare>” le sartine che salivano un po’ altezzose verso piazza Azuni; oppure si andava a folleggiare con i balli latino americani. E poi, a sera, tutti in Piazza d’Italia, a fare le “vasche”, e la domenica alla Torres, ad applaudire prima Serradimigni e Lecis, e poi Arca, Leprì e tutti gli altri».
Anche i suoi superiori di Banca, il signor Renzo ha un bel ricordo, ma con qualche piccolo distinguo. Ad esempio, a proposito del mitico commedator Oreste Pieroni racconta: «Era un uomo con un’energia che è difficile trovare in una persona sola. Lui era sindaco di Sassari, si occupava del rilancio della città, della Marina di Platamona, di un mucchio di attività, ma con i dipendenti del Banco si comportava come un normale capoufficio rompiscatole. Pensi che lui arrivava in ufficio tutte le mattine per primo e apostrofava malamente tutti i ritardatari, proprio come un maestro di scuola. Mancava solo che li prendesse a bacchettate».
De direttore che gli succedette sembra mantenere un buon ricordo, ance se lo chiama semplicemente «il signor Pulitz» e ninet’altro. Pare che fosse un ex funzionario di una certa Banca Nazionale dello Sconto. Un Banca nota soltanto agli addetti ai lavori, proprio come il signor Pulitz. Con lui, comunque, il Banco fede il suo primo, grande investimento pubblico, finanziando la superstrada per Cagliari con ben 10 miliardi delle vecchie lire.
Invece, nonostante una pacifica e ben meritata vita da pensionato, il signor Renzo Tanda ha mantenuto memoria viva dell’istituzione in cui ha «militato» per gran parte della sua vita da primo funzionario: «Il palazzo di Viale Umberto, ad esempio, l’abbiamo fatto noi – dice con un certo orgoglio. – Cioè, l’ha costruito il Banco, dove c’era la direzione generale».
Quando chiediamo un giudizio sulle ultime vicende del Banco di Sardegna, che è stato recentemente assorbito dalla Banca Popolare Emiliana, il signor Tanda storce la bocca e risponde che lui non ne sa proprio nulla. Le banche hanno ormai perduto da molti anni l’odore del grano dei Monti Frumentari. Per cui il vecchio detto sassarese «Lu pani è pa un dì, lu triggu d’ugna dì» (Il pane è per un giorno, il grano per tutti i giorni) ha perduto per sempre l’antico significato di mutuo soccorso comunitario.
Sabato 20 marzo 2004
Quando Sassari cambiò volto
Un modello di città, l’urbanistica prima dei palazzinari - Le logiche d’impresa al servizio di un progetto complessivo
Sono passati cinquant’anni dalla conclusione della fase politica che si è svolta a Sassari attorno alla figura di Oreste Pieroni. Al sindaco - che conclude la sua esperienza nel 1954 - il merito di avere espresso, in un momento difficile, un’idea di città in sintonia con la volontà di rinascita diffusa nel Paese. Sassari nel dopoguerra, descritta con toni drammatici dai giornali e nelle relazioni sanitarie, dispone di scarse risorse e ha poca voglia di immaginarsi diversa. Non si vedono, come in altre città, le devastazioni delle bombe. In compenso si avvertono facilmente gli effetti della povertà che tocca larghi strati di popolazione alle prese con gravi problemi di occupazione e di salute (le infezioni da Tbc sono tra le più elevate in Italia, con significativi picchi di mortalità). Tra le emergenze si segnala soprattutto la necessità di case. Un problema che si mette in relazione con il degrado dei quartieri del centro, densamente abitati fino all’ultimo dei tuguri, numerosissimi secondo le rilevazioni. La carenza d’acqua e le fogne inefficienti aggravano il quadro. Mentre fuoriporta esplode il caso-vergogna degli sfollati nelle baracche di Montelepre, con storie di straordinaria miseria. Le disposizioni del governo per il piano Ina-Casa arrivano a proposito. Per dare, si auspica con eccesso di ottimismo, una risposta risolutiva, innescando anche qui un processo di integrazione sociale mediante la catena di obiettivi: alloggi, lavoro, sbocchi di mercato per materiali edili e arredi, motociclette, automobili, strade. Il Comune non è colto alla sprovvista. Nell’aprile del 1949, cede tempestivamente al ministero del Lavoro due lotti per la costruzione di case nei nuovi settori del quartiere del Monte Rosello che prendono rapidamente forma. Un successo per le nuove abitazioni, disegnate con cura, rade e per questo apprezzate: dopo il festival di Sanremo mo del 1957 per sempre «casette in Canadà». Immaginarsi in case con «vasche, pesciolini e fiori di lillà» allevia la normalità neorealista, descritta con toni più cupi con l’obiettivo di ottenere altre risorse statali. La repulsione verso la città vecchia, buco nero causa di tutti i mali, viene da lontano. Starne fuori è considerato un privilegio che si ostenta; chi lo detiene è arrivato a stampare su una parete di una villa moderna nel colle dei Cappuccini il motto «purior hic aer». Un fascicolo pubblicato dal Comune alimenta la propaganda per una radicale trasformazione del centro con un giudizio netto che influenza l’opinione pubblica e che resiste ancora. Ma lo sgombero del vecchio nucleo non è di semplice attuazione. Nella Piazza demolizioni non si è prodotto l’effetto sperato e pure il meretricio è ancora più evidente ai lati del grande spiazzo, come si osserva con indignazione dai banchi del consiglio comunale. Chi contava su un rapido automatismo (togli il vecchio e metti il nuovo) non ha tra l’altro considerato l’inesperienza delle imprese locali, sprovviste di mezzi, guardinghe verso iniziative appena superiori alle solite taglie. Il dibattito si sviluppa all’insegna del fare in modo non sempre in modo coordinato. Tutto serve a rinnovare e a dare lavoro e ogni iniziativa annunciata è salutata come splendida (lo sventramento che continuerà, un hotel vicino alla stazione, il padiglione delle mostre artigiane, il nuovo ospedale). Per dare forza al programma, come in tutte le politiche, occorre procedere con qualche dimostrazione eclatante. Un palazzone nella testata superiore del corso di cui si parla da qualche anno (il titolo di «grattacielo» compare più tardi) potrà finalmente rimuovere lo «sconcio» di un vecchio fabbricato e segnare una svolta verso la modernizzazione della città. Ma è necessario, come in ogni impresa, rimuovere diffidenze e fare quadrare convenienze diverse. L’impegno di Pieroni, che patrocina con determinazione l’iniziativa, sarà ripagato - così si immagina - dal «valore» del nuovo volto di questa parte di Sassari. Non sono tempi nei quali è lecito aspettarsi interventi prudenti, attenti alla storia urbana. Qualunque vaga idea di tutela, se esposta, sarebbe travolta dall’imperativo dello sviluppo. Nessuno, d’altra parte, spiega che l’operazione determinerà una densità incongrua e un’altra frattura in una parte che ha già subito importanti manomissioni. Tutte le forze politiche applaudono al progetto (un timido richiamo alla presenza della chiesa del Rosario servirà a imporre lo spostamento di qualche metro dal monumento) e il «grattacielo» cresce tra il consenso. Si auspica che susciti la voglia di competere, che aiuti a immaginare Sassari allineata con il progresso (e non a caso sotto i suoi portici si collauda nel 1954 la ricezione del segnale della Rai). Il messaggio arriva, la città è pronta a ripartire con un secondo palazzo a fianco del primo, ovviamente più alto e già nella logica della sfruttamento intensivo delle aree. Pochi fanno caso che il termine «grattacielo», utile al mercato come alla propaganda politica, sia enfatico e provinciale, come chiosa Salvator Ruju («Grattazèru! e un dì è lu grattazeru?/... /Chisthu è una casa manna, mann’assai,/va bè, a dezi o dòdizi piani, /ma in tanti grattazeri americani /si vòi cuntalli nò la fini mai») Che i processi decisionali del tempo si richiamassero in qualche misura alla necessità di un disegno di emancipazione urbana solidale è evidente al di là di specifici fatti. Le questioni urbanistiche del centro e della periferia sono discusse animatamente e Fernando Clemente ha già definito nel 1954 le linee del nuovo piano regolatore. In questo clima nasce il progetto per Platamona, la mossa centrifuga di Pieroni che sposta un po’ l’attenzione dalle miserie delle vecchie strade. L’idea di città turistica è lungimirante, una scommessa se si considera la distanza della città dal mare in assenza di strade e con generiche informazioni sul turismo che verrà. Il presidio attorno al quale organizzare l’insediamento devono realizzarlo i sassaresi che contano, edificando le proprie case per vacanze nei pressi della torre di Abbacurrente di cui i più ignorano l’esistenza. La terra è a disposizione a lotti perchè il Comune, per agevolare il processo, ha comprato dall’avvocato Villaminar il pezzo di pineta ove sorgeranno i cottages (così negli atti) di quanti decideranno di stare al gioco. Un’analisi completa di questa fase della storia di Sassari, è ancora da scrivere e servirà a capire l’influenza di queste politiche sulle vicende successive. Ma è facile intuire come le scelte urbanistiche di quegli anni abbiano segnato la forma della città che conosciamo. I progetti, le cose fatte in tutto e in parte - non tutte plausibili - le opinioni e i pregiudizi, come accade spesso, sono rimasti impigliati nella rete delle successive elaborazioni. L’impressione è che negli atti di quegli anni si esprima un certo riguardo dell’interesse collettivo, secondo l’idea che tutti dovessero mettere qualcosa di proprio per fare più bella la città, che ogni impresa mentre guarda ai suoi profitti debba contribuire ad arricchirla. Gli errori dettati da un eccesso d’indulgenza verso il passato incombono, ma sembra che in questo delicato momento di passaggio le logiche d’impresa siano subordinate agli interessi pubblici, le iniziative imprenditoriali governate e non subite. Saranno i passaggi successivi a declinare in crescendo (con rari tentativi di resistenza alla deriva palazzinara) lo sviluppo soprattutto nell’interesse del mercato. Per questo è interessante considerare gli esempi promozionali di Pieroni con l’esperienze di oggi. Ci si potrà interrogare dell’involuzione della forma di Sassari, specie dopo gli anni Sessanta, anche guardando a quelle prove. Potrà essere utile riguardare l’edilizia popolare e le periferie dopo l’esperienza di Monte Rosello, il secondo «grattacielo» dopo il primo, le infelici scelte turistiche per Stintino dopo i cottages di Platamona.
Martedì 23 marzo 2004
Festa per l’aeroporto: oggi riapre e domenica compirà 66 anni
Lo studioso Enrico Valsecchi rievoca la storia dello scalo. Nel 1971 la prima aerostazione, nel 1980 il prolungamento
Enrico A. Valsecchi
ALGHERO. Stamane riprenderà l’attività operativa dell’aeroporto Riviera del Corallo per la conclusione dell’intervento di manutenzione straordinaria della pista. L’interruzione si è protratta dalla mattina di domenica 14 marzo. Il primo volo sarà quello da Francoforte, alle 8,45. Il professor Enrico Valsecchi, apprezzato studioso e scrittore, in un suo intervento rifà la storia dello scalo algherese portando un importante contributo anche dal punto di visto storico culturale. «Lo scoppio della guerra di Spagna aveva dato modo allo stato maggiore dell’aeronautica di riflettere sulla mancanza di un campo d’aviazione nell’area costiera nord occidentale dell’isola, per il controllo del Mare di Sardegna e del settore balearico. Formalmente l’aeroporto fu inaugurato, con il primo solenne alzabandiera, alle ore 10 del 28 marzo 1938, festa dell’aeronautica. La base aerea, portò una rapida e sensibile modifica dell’assetto sociale, culturale ed economico dei centri vicini e in particolare di Alghero che, nel 1938, contava 16.747 abitanti. Nel secondo giorno di guerra una formazione di 12 aerei Breda Ba88 effettuò un’azione di bombardamento sui campi di volo di Bonifacio, Porto Vecchio, Ghisonaccia; il 19 giugno, due aerei francesi provenienti dalla Corsica sganciarono una dozzina di bombe su Fertilia, colpendo un aviorimessa e danneggiando cinque veivoli al suolo. L’aeroporto fu anche pesantemente bombardato dagli alleati. Nella primavera del 1943 fu dato il via alla costruzione di una pista in cemento, sulla preesistente in terra battuta, sempre con orientamento di gradi 30 e 210. I lavori affidati all’impresa Pietro Cidonio di Roma furono portati a termine nel marzo del 1944 sotto la sovrintendenza di tecnici americani. Una nuova pista, più lunga e più affidabile, era pronta per i bombardamenti americani diretti sulle città italiane del nord. Nel 1946 i collegamenti aerei ripresero sulla sola linea di Roma, con gli aeroplani del Corriere Aereo Militare. Il decreto legge n. 88 del 4 settembre 1946 consentì finalmente la ricostituzione in Italia dell’aviazione civile. Onesta, ma sfortunata, la società di Navigazione Aerea Airone costituita il 14 aprile 1947, faceva capo agli stessi azionisti della Sardamare, armatrice delle motonavi Azuni e Giovanni Maria Angioy. La società sarda usava ancora i trimotori Fiat G12L, un tipo di aereo dalla gestione onerosa, mentre a quei tempi dettavano legge gli americani Dc3 Dakota, bimotori infaticabili, facilmente reperibili sul mercato internazionale. L’Airone ebbe una vita breve e difficile, emblematica dei tentativi dell’imprenditoria sarda di entrare nel settore dei trasporti in concorrenza con compagnie molto più potenti e «protette». La Sardamare dovette fare ben presto i conti con Tirrenia. Nel giugno del’47, il presidente della compagnia ing. Vittorio Minio Paluello, ricevette dal governo una diffida ad operare sulla linea da e per Alghero, affidata alla società Salpanavi. Dal 1º novembre l’Airone avrebbe dovuto volare solo da Cagliari Elmas per Torino e Milano. La compagnia, difesa dal sindaco di Sassari, Pieroni, dal presidente della Camera di Commercio, avvocato Azzena, dall’economista Gavino Alivia, ebbe partita vinta: la Salpanavi non si presentò all’appuntamento. Nel 1949 l’Airone, che disponeva di quattro aerei battezzati Sassari, Logudoro, Gallura e Barbagia, fu sostituita dall’Ali Flotte Riunite, nata dalla fusione tra Aviolinee Italiane, Sisa e Transadriatica. Nel 1952 questa società fu assorbita dalla Lai, Linee Aeree italiane, con capitale misto dello Stato italiano e dell’americana Twa, la quale si serviva dei Dc3 e Dc6B. Nel 1957, l’Alitalia, che aveva immesso sulle proprie rotte i moderni Convair Metropolitan, Viscount, Fokker 27 Friendship e Caravelle, assorbì Lai e altre società minori, diventando compagnia di bandiera italiana nelle rotte internazionali. I servizi aerei nazionali furono affidati alla consociata Ati aerotrasporti italiani, che avrebbe impiegato i primi Dc9. Il problema del prolungamento della pista si pose con urgenza a partire dal 1954, data che segna l’intensificarsi delle catene di voli chater provenienti inizialmente dal Regno Unito e via via da quasi tutte le capitali del nord Europa. Il 2 marzo 1958 la base aerea militare fu dedicata al pilota Mario Aramu, medaglia d’oro. Per venire incontro alle crescenti esigenze del traffico commerciale, nel 1961 fu adibito ad aerostazione civile uno degli hangar costruiti nel 1938 dall’impresa Salvigliano, ottime strutture, destinate a durare negli anni ed infatti ancora oggi in uso. Nel 1971 su progetto dell’architetto Antonio Simon fu costruita la prima vera aerostazione civile. Erano spettacolari gli atterraggi dei Caravelle con il maestrale intorno ai 25 nodi al traverso, su una pista di 2.200 metri. Questo aereo per rallentare la corsa era obbligato a lanciare per sicurezza il paracadute di coda. Nel frattempo gli ambienti politici di Alghero e Sassari avevano ingaggiato una dura battaglia per il prolungamento della pista e l’installazione del primo Ils (istrumental landing system). I lavori, iniziati nel 1977 dal ministero dell’aviazione civile, si conclusero nel 1980 insieme alla costruzione delle vie di rullaggio. La nuova aerostazione merci «voluta» dalla Sir proprietaria degli impianti petrolchimici di Porto Torres non entrò mai in funzione. Al termine dei lavori, lo scalo aereo civile, dotato di una pista di 3.000 metri per 45, con capacità di carico di 45.000 chili per metro quadro, era completamente autonomo e separato dall’aeroporto militare che aveva svolto un ruolo, sino al 1 luglio 1974, con la scuola di volo per aerei leggeri».
Giovedì 24 giugno 2004
Elezioni, anni Cinquanta e il colonnello Fois
I comizi “curiosi” e le pittoresche promesse di “Accò Sciabernò!”
Cose e cosette di Sassari e dintorni. Elezioni parte seconda. Un amico lettore mi domanda perchè, ricordando elezioni e comizi di una volta, non ho nominato il colonnello Fois, che fu uno dei protagonisti della politica comunale negli anni Cinquanta. E ha ragione. Il colonnello Fois, Enrico di nome, fu uno dei più polemici interlocutori di tutte le maggioranze (in genere democristiane) del suo tempo. Aveva un suo gruzzoletto di voti, e quando non gli riusciva di trovare posto nelle liste “maggiori” se ne faceva una a conto suo. Ne ricordo una che si chiamava “Casetta con ulivo” e un’altra che si chiamava - o la chiamavano - qualcosa come “Casetta con buco”. Uniti nell’ulivo (della Casetta) si trovarono una volta il colonnello e l’avvocato Bartolomeo Sotgiu Pesce: un altro che certamente non temeva concorrenza in fatto di comizi “curiosi” e di contraddittori. Il suo avversario numero uno era l’avvocato Nino Campus, a lungo presidente della Provincia, democristano, detto “Il Cugino” - suo padre era fratello di donna Annetta, madre di Antonio Segni. L’avvocato Bartolomeo giocava fuoricasa, perchè qualche volta gli toccava fare i comizi dalla terrazza del Palazzo della Provincia: Nino Campus ascoltava affacciato con nonchalance dalle finestre del suo ufficio, lanciando grandi sbuffi dalla sigaretta che fumava in un bocchino chilometrico. Contemporaneamente, con uno dei primi registratori che siano passati per Sassari registrava i comizi di Barltolomeo, e quando toccava a lui portava giù il registratore, faceva partire la prima frase dell’avvocato Sotgiu, bloccava il registratore e ribatteva parola per parola. Andava avanti così sino alla fine, che arrivava in genere un paio d’ore dopo. La gente rideva e se ne andava deliziata. Sciabernò . Il colonnello Fois faceva i suoi comizi in Piazza Demolizioni. Si arrampicava su un palchetto striminzito e lì dispiegava uno di quei tavolini che si usavano allora per i picnic sulla spiaggia. Poi prendeva una sua valigetta stracolma di carte e documenti e, prima di aprirla, lanciava un proclama pieno di promesse: “Accò Sciabernò!”. Il grido ha bisogno di una breve spiegazione. C’era allora a Sassari, negli anni del primissimo dopoguerra, un vecchio prestigiatore continentale che lo scoppio del conflitto aveva bloccato in Sardegna. Campicchiava facendo all’“Augusteo” (che sarebbe il Teatro della Gil, detto in seguito “Astra”) degli spettacolini sciammanati, che ci sarebbero tornati alla memoria vedendo certi film di Fellini. Come nome d’arte faceva Chabernot. Evocandolo, il colonnello voleva avvisare l’uditorio che anche lui avrebbe estratto il coniglio dalla sua valigetta. Una volta ne cavò un asciugamano che aveva sottratto con destrezza in un ambulatorio comunale dalle parti di Porta Nuova. L’asciugamano era tutto un brandello: il colonnello ne aveva fatto la sua bandiera di battaglia contro l’indifferenza del sindaco Pieroni - diceva - per i poveri che dovevano frequentare l’ambulatorio. “Sì, è vero, è tutto rotto - ammise il medico chiamato in causa -: ma lo faccio lavare tutti i giorni, è un brandello immacolato”. Tredizi . L’amico Pasquale Porcu ritorna su un interrogativo che è rimasto aperto dalla puntata di questa rubrica di un mesetto fa. La domanda era: perchè per dire cosa povera, di poco conto, a Sassari diciamo che è “di tredizi”? Pasquale sostiene -e mi pare spiegazione più che plausibile - che tredici sono i bicchieretti che, messi insieme, fanno un litro. Il vino che ci sta è davvero poca cosa, e i bevitori l’hanno in gran dispregio. Come si dice, in vino veritas.
Mercoldì 26 gennaio 2005
Lotto minimo e disastro massimo
Michele La Rocca ex consigliere e assessore provinciale
Ho apprezzato molto l’intervento di domenica del professor Sandro Dettori su “regolamento edilizio e lotto minimo”. Questo, non solo perchè, nel mio piccolo, condivido in toto le argomentazioni espresse con tanta convinzione e competenza ma, soprattutto, perchè attraverso il suo intervento è possibile che si muova la palude in cui affogano le decisioni, anche fondamentali, assunte dalla giunta in ordine al futuro di questa città agonizzante. Non vi è chi non possa valutare che lo sviluppo urbanistico di Sassari, grazie a scelte colpevoli e dissennate del recente passato (centri commerciali extra moenia, urbanizzazione intensiva e senza regole dell’agro) si sia svolto in maniera distorta, incidendo negativamente sul centro storico grazie al dirottamento delle risorse economiche pubbliche e private dal centro alla periferia; tutto questo, determinato da un’esagerata richiesta di impegno in un’area estremamente dispersa, seppure esageratamente urbanizzata, quale è quella del territorio circostante la città. Credo proprio che nel nostro Paese difficilmente si possano trovare situazioni analoghe. Adesso, la ipotesi preelettorale di ridurre la superficie minima edificabile, oltre ad incrementare notevolmente il costo dei suoli (o il rendimento per chi venderà), raddoppierà i danni che le precedenti scelte hanno determinato. Ad una prima e superficiale analisi, possiamo ritenere che cresceranno gli oneri pubblici per i vari servizi da offrire a chi costruirà nuovi insediamenti (strade, acqua, telefono, energia elettrica, trasporti, sicurezza e chissà quanto altro); la pressione veicolare, in una città già congestionata, dotata di strade strette e scarsi parcheggi, diventerà insostenibile, perchè tutti siamo consapevoli che vivere nell’agro equivale ad avere un veicolo per membro attivo, visto che i servizi pubblici già da ora non sono sufficienti e ancora meno potranno esserlo domani. Insomma, con buona pace dei nostri amministratori, sarà un disastro! Abbiamo il dovere di fare queste considerazioni, pur nella consapevolezza del diritto di chiunque ad aspirare ad avere una bella villa in campagna; però in questo modo si corre il rischio che il tessuto cittadino si deteriori sempre di più; che le risorse necessarie per procedere al rinnovo del capitale edilizio del centro cittadino vengano dirottate verso la periferia; che le attività produttive dell’agro si riducano ulteriormente sino ad azzerarsi; che si determini la crescita incontrollata ed incontrollabile di una megalopoli piena di distorsioni, abusi edilizi, problemi igienici (chi controllerà o chi controlla già da adesso il corretto smaltimento dei reflui?) e così via. Ma tutto questo, evidentemente, non tocca i nostri amministratori o, forse, essi non ritengono di offrirli al pubblico dibattito, convinti come sono che la cittadinanza debba subire le loro risoluzioni senza discutere; che non desideri essere coinvolta in decisioni che pure rappresentano una grossa fetta delle prospettive future di questa città stretta fra speranze di rinascita e il timore di una morte lenta. Sindaco Pieroni, so bene che da troppo tempo ti stai rivoltando nella fossa!
Martedì 19 luglio 2005
Platamona Da Ernesto, dove i piatti sanno di mare
SASSARI. Ha un fascino un po’ retrò la Rotonda di Platamona, sbocco naturale al mare dei sassaresi, idea geniale dell’allora sindaco Pieroni. Dopo gli splendori degli anni Sessanta, quando da queste parti spopolava Fred Buongusto e i cantanti che andavano per la maggiore in quei tempi, la zona ha conosciuto un periodo di oblìo, prima di essere riscoperto e valorizzato ancora qualche anno fa. Questo piazzale rotondo accoglie quanti vogliano lasciare la città per sgranchirsi le gambe e respirare un po’ di aria di mare. Mettetevi con le spalle alla spiaggia, a destra lo stabilimento balneare del Lido, a sinistra la megagelateria e di fronte a voi ci sarà il ristorante da Ernesto, il locale storico della cucina di mare per i sassaresi. In menu, però, troverete anche dei piatti di carne. Il menu classico si apre con una serie di antipasti che vanno dai frutti di mare alle insalate di mare e i carpacci di pesce e una gustosa sequenza di affumicati. Tra i primi c’è l’imbarazzo della scelta: dai classici ravioli e culurgiones ogliastrini agli spaghetti alle vongole, ai ricci, alla bottarga ma anche con crostacei e frutti di mare tutti freschissimi. Vasta l’offerta dei secondi: dagli irrinunciabili fritti (calamari, murene etc.), alle grigliate di pesce fino a sontuose aragoste. Tra i dessert i famosi gelati della casa e i dolci sardi, seadas in testa. Cantina con etichette non solo sarde. Conto sui 35 euro. DA ERNESTO Sassari Rotonda di Platamona, tel. 079. 310205. Chiuso: lunedì (mai d’estate). Ferie: da metà gennaio a metà febbraio, Carte di credito: tutte.
Giovedì 11 agosto 2005
LETTERE ALLA NUOVA
I Candelieri raccontati nei fischi ai primi cittadini Dalla compostezza di Ganadu alle risatine di Piras
Cenzo Casu  articolo
Letture. Manifesti sui muri: «Grazie a elettrici ed elettori. Costruiamo insieme...», ecc. ecc. Sulla Nuova il sindaco «Ganau disegna la sua città del futuro: Puc, centro storico e grandi opere». Ha aperto il libro dei sogni, insinua l’opposizione. L’Unità: «L’Unione deve mostrare la propria alterità rispetto alla destra... Alla fiducia che ci è stata data dobbiamo rispondere dando una svolta di discontinuità».
Ecco il punto: bisognerebbe governare in modo diverso, chiaro, alla luce del sole. Niente conventicole, sottobanco, spartizioni. E allora, ogni anno, il sindaco - con assessori e tecnici - dovrebbero essere invitati a partecipare a un incontro da tenersi nel giornale punillu in mezzu e fargli le pulci. Se la conversazione venisse registrata e trascritta si avrebbe un bel paginone da pubblicarsi sotto le feste di mezzagosto. Dobarani puru farà in piazza fattu a li candareri. E inchibi l’aisitennu. A li candareri. Forse quest’anno vedremo una bella faradda. Bella nel senso che quella pessima usanza dei fischi alla quale - permettetemi di dirlo - «La Nuova» non è estranea dai tempi del sindaco Fumi, potrebbe non verificarsi. Il sindaco c’è da poco tempo. Oddio, i fischiatori professionisti ci sono e sono sempre i soliti cretini. Ma vorrei che si tornasse all’antico. Una bella, sonora fischiata all’uscita da ra ziddai. E poi festha pa tutti. Ricordo tanti episodi: Oreste Pieroni che si avvicina a una madre circondata da marito e figli e le chiede: «Canti so?» «Ondizi», risponde la signora. «E tutti fatti unu a unu». E Pieroni di rimando: «Biadda vosthè, abà numinemmu lu maridu cabaglieri di braghetta». E lei sempre sorridendo: «Ma sottu la braghetta no v’è nienti». E il sindaco: «Vo dì chi s’è frazzaddu tuttu, e noi lu femmu cabaglieri a la memoria». E lei, con gli occhi lucidi, guardando il marito: «Ipiremmu chi arumancu chissa li torria». Risata, baci, auguri. La signorilità di Masia, il più bel sindaco, o la compostezza di Ganadu, le risatine di Piras in risposta ai fischi, il minacciato affarratoriu pa pisannira subidu a ciaffi e isthumbaddi, in piazza, l’offesa ricevuta da qualcuno del pubblico. Non ricordo ca era sindagu l’annu (anche se lo vedo tutti i giorni). Ci fu stramezzo. E il mio coetaneo Rizzu, che voleva transennare la piazza? «Cussì li candareri z’erani faraddi roddura roddura». E Fausto Fadda, il più popolare. In una faradda ebbe la malaugurata idea di accettare, da uno spettatore, un buzzeddu di birra. Per non offendere gli altri, dovette berne un carraddeddu. Episodi tutti accaduti dove vado ad assistere alla faradda, in fondo al corso, in postha di Sant’Antoni, a mio avviso, il punto più bello e caratteristico. Lì, ancora oggi, sostano «li pizzinni di l’Iproni chi hani un moiu di titti».
Episodi che fanno bene alla «sassareseria» (no, proprio non mi sento a disagio nell’usare questo termine). Ma quello che mi «offende» - intendiamoci, io, niente conto! - insomma, quella che non vorrei vedere è la scorta del sindaco. V’è tutta la giusthizia: guasdhi, purizzotti, carabineri, barrunzeddi, una buona rappresentanza di «sordi» (quelli che hanno alle orecchie i tappi delle ricetrasmittenti). Banda, tamburi, applausi, valletti in polpe, lu paraju di ri massai con il gonfalone comunale e la scorta che distribuisce gomitate ai malaugurati che si trovano nelle vicinanze. «Pa poggu non fazzi lu cuccuau a lu pizzinnu». «Che disce a me, signò?». «No, e tandu, a lu boia chi ti ischabizzeggia?». Infine, ambulanza, lampeggiatori. Risalgo il corso, lattine vuote, contenitori, palloncini che volano alti seguiti dal pianto dei bambini ai quali sono sfuggiti. Sono in via al Duomo, a sinistra la ziddai. E, nonostante che sia mar’attraccaddu, anche quest’anno, a zent’anni.
Domenica 14 agosto 2005
Quando i candelieri erano un momento della "Festha manna"
Manlio Brigaglia  articolo
... Un tempo i Candelieri erano soltanto il centro di una serie di festeggiamenti: il centro importante e inneludibile, ma insomma il punto di riferimento di un’altra serie di feste. La più importante era il palio. Dopo la fine del la Discesa dei cavalieri (in genere sassaresi, ma anche di altre parti dell’isola: Infatti i concorrenti sassaresi si dovevano iscrivere alla corsa quattro giorni prima, quelli delle “ville” sei) si lanciavano a capofitto giù per l’acciottolato del Corso. Nel palio di Mezzagosto il premio era, come dice la parola stessa. un panno, in genere di broccato o di velluto roseo. Anche agli altri concorrenti toccava un premio: in una ricevuta del 1574 si citano, oltre al panno di velluto anche una spada, una daga, un berretto, un “imbasto” per il cavallo e “sese puddighinos”. Nel 1836 i fondatori della Camera di agricoltura, commercio e arti scrivevano nel regolamento che ogni Mezzagosto si sarebbe organizzata nella città una esposizione dei migliori prodotti della provincia. E così fu fatto per oltre, vent’anni negli anni successivi. (E qual cosa del genere si tentò ai tempi del sindaco Pieroni nell’ultimo dopoguerra). La festa aveva la sua conclusione, dopo la cerimonia religiosa, nel Palazzo di Città, dove il Municipio offriva un gran ricevimento con molta roba da bere e da mangiare, - che nei documenti viene chiamato modestamente “merenda>”. I festeggiamenti naturalmente costavano. E siccome li pagava tutti il Comune, in anni di carestia il governatore o addirittura il vicerè non erano contenti di quelle spese voluttuarie così onerose per le povere casse municipali. Nel 1789 il vicerè, a conclusione di un pepato scambio di lettere con i consiglieri comunali, scriveva “Pensino a soccorrere l’ospedale: Elleno non vi hanno riflettuto, ed hanno piuttosto pensato alla corsa dei cavalli ed alla merenda”.
Sabato 18 marzo 2006
Un medico prestato alla politica, guidò la città dal 1957 al 1960
» morto a 85 anni l’ex sindaco Piero Masia
SASSARI. Era il decano dei sindaci di Sassari. Piero Masia aveva guidato la città per tre anni, dal 1957 al 1960. Anni in cui il servire la città era considerato un dovere civico, una missione. Anni in cui la politica si faceva per passione. Tre anni di impegno per una città che stava crescendo e superando le difficoltà del dopoguerra. Tre anni non certo facili che avevano coinciso con l’applicazione della Legge Merlin e di tutti i problemi connessi. Piero Masia era diventato sindaco ad appena 37 anni, dopo essere stato consigliere e assessore con altri due mitici sindaci del passato: Pieroni e Binna. Piero Masia è morto a 85 anni. Se n’è andato in silenzio, così come in silenzio e nella massima discrezione aveva trascorso la sua vita dopo quell’esperienza amministrativa. Tre anni da sindaco e poi il ritorno al lavoro di medico (dal 1968 al 1985 aveva diretto il Centro oncologico del vecchio ospedale civile) a disposizione dei pazienti così come lo era stato per la città. Dal 1957 al 1960 era stato sindaco con il generale Devilla vicesindaco e che, pur essendo molto più grande di lui, lo stimava e l’aveva adottato politicamente quasi come un figlio. Poi, la collaborazione con la Curia, guidata all’epoca dall’indimenticabile arcivescovo Mazzotti e dal suo mitico segretario Enea Selis, che era congnato di Masia, fratello della moglie. Erano anni in cui la città cresceva e si espandeva oltre il ponte di Rosello e Piero Masia è stato il sindaco che ha avviato la riqualificazione del quartiere. Dopo quell’esperienza, Piero Masia era ritornato a fare il medico.
Giovedì 06 aprile 2006
«Accò, Sciabernò»
Questa storia io la ricordo così. C’era a Sassari, negli anni dell’immediatissimo dopoguerra, un prestigiatore che si chiamava Sciabernò (scritto, alla francese, Chabernot). Un personaggio che avrei rivisto anni dopo in cento altri suoi fratelli nei film di Fellini: di questi poveracci da circo sempre alla ricerca d’un applauso e più ancora di un pezzo di pane. L’impressione è che fosse stato sorpreso dalla guerra qui in Sardegna, e che aspettasse per tornare a casa, la fine della tempesta. (Era una cosa che accadeva spesso, ai teatranti: «Una città a teatro», che è un bellissimo libro sulla storia dei teatri sassaresi scritto qualche ventina di anni fa da Aldo Cesaraccio, racconta di queste compagnie d’opera che, arenate nell’isola per non poter pagare il biglietto della nave, inventavano opere e drammi per continuare a sopravvivere). Qualche anno dopo, alle elezioni comunali cominciò a presentarsi il colonnello Fois, simpatica figura di sassarese gentiluomo, con una particolare vocazione alle indagini che lo portavano, negli uffici comunali, a scoprire questo o quell’oggetto malandato, simbolo e prova provata della negligenza dell’amministrazione, che era allora quella del ragionier Pieroni. Faceva dei gran comizi in piazza Demolizioni: portava con sè un tavolinetto su cui si arraqmpicava, apriva uno sgabello e sullo sgabello una valigia da cui estraeva, con una mossa a sorpresa, gli oggetti-denuncia. Ma facendoli sempre precedere da un grido: «E ora, accò Sciabernò!». Me ne sono ricordato l’altra sera quando, alla fine del cosiddetto faccia-a-faccia, Berlusconi ha estratto a sorpresa il lieto annuncio dell’abolizione dell’Ici. E nel gelo dell’auditorio Rai ho gridato anch’io, come il colonnello Fois, «Accò, Sciabernò!». Il segnalibro. Raccomando ai sassaresi intelligenti di andare a vedere la mostra che c’è alla Frumentaria, dove l’editrice nuorese Ilisso, con un bel colpo di fantasia, espone trecento segnalibri realizzati da cento artisti sardi convocati a questo inedito cimento. C’è anche un elegante catalogo, dove «storia e attualità del segnalibro» sono rievocate non solo attraverso le immagini e le schede (una, sempre molto dettagliata, per ciascun artista) ma anche nei testi introduttivi (di Giuliana Altea, Enrico Sturani, Massimo Gatta). Quand’ero alle elementari il segnalibro era un arredo obbligatorio del corredo scolastico: e c’era fra noi una gara a chi ce li aveva più originali e più colorati. Molto apprezzati quelli della guerra d’Africa. Segnalibri bellissimi ne avevano realizzato alcuni artisti sardi, ma noi non lo sapevamo: e allora forse non c’era questa smania di esaltare anche nel piccolo le piccole glorie domestiche. Quello del Bitter Campari, disegnato dal sardissimo Raoul Chareum (a dispetto del nome), l’ho avuto e lo ricordo. Ce n’era anche uno a forma di pugnale, con la scritta «Vincere». I cagliaritani lo chiamarono, qualche anno dopo, «Almeno avessimo pareggiato».
Giovedì 25 maggio 2006
Il ruolo di Sassari nel territorio e il recupero di una motivata autostima
Il piano strategico? Una città bella
Sandro Roggio
» opportuno che il piano strategico guardi con attenzione alla forma di Sassari: l’immagine di una città influisce su ciò che vi accade, e può contribuire a determinare lo slancio evocato da Marco Vannini. Una città bella o una città brutta fa la differenza e Sassari è stata in grado di provarci a immaginarsi migliore. E’ successo alla fine degli anni Venti dell’Ottocento quando il programma di espansione trova riscontro in un disegno urbanistico. Il piano lungimirante è attuato con un alto grado di fedeltà. E i risultati arrivano: un teatro, un ospedale, le due piazze connesse, un giardino che ancora oggi ci sembra grandissimo, ecc. L’idea che si ricava dalle immagini prodotte è che sia stata assunta un’idea di bellezza che andava conferita da tutti. Perchè c’era convenienza a fare le cose bene. Un investimento che ciascuno avrebbe recuperato: il banchiere di piazza d’Italia e l’artigiano di porta Sant’Antonio. Quando il piano si completa è passato un secolo. La città è soddisfatta della sua forma: artigiani e commercianti si giovano delle figure esuberanti che si presentano a chi vi approda con i primi autobus nell’ Emiciclo. Il senso unitario è sottinteso anche quando tra incertezze si approva il nuovo piano redatto da Concezio Petrucci e il contenuto è ancora in grado di fare immaginare un bel futuro: nonostante alcune scelte deleterie il progetto prova a tenere insieme la città. Ma si erano già manifestate le prime intenzioni di stabilire distacchi: un obiettivo della borghesia, anche per sancire le differenze. Le scelte urbanistiche del dopoguerra guardano l’interesse comune secondo l’idea del sindaco Pieroni, per il quale tutti devono fare qualcosa per abbellire la città. Poi la città perde l’equilibrio, consente al mercato di dettare le regole e prevale il modello che produrrà frammenti. Vincono i progetti di parte, e la rendita potrà essere più elevata se a scapito di valori comuni; e si degradano i tratti eleganti sopraffatti dalla sciatteria. Alla volontà di escludere (l’edilizia popolare ai margini) si somma la frenesia centrifuga che coinvolge tutti. La città cresce con fratture, punti di crisi, per caso. Con l’idea fissa di buttarsi alle spalle la parte antica dell’insediamento, indicata come causa di tutti i mali. E ognuno oggi continua a cercare risposte in proprio, spesso con modelli di basso profilo funzionale ed estetico. Vince la tendenza alla dispersione, l’uso dilatato del territorio non giova nonostante sembri consentire stili di vita confortevoli: in fondo è la rinuncia alla città, alla varietà, alla ricchezza delle sue relazioni, al sistema di servizi. L’altro aspetto è dato dalla presenza di grandi attrezzature commerciali ai margini. Poli che sottraggono vigore ai vecchi insediamenti, determinando la fine dei sistemi di vendita connessi alle residenze. L’amalgama di funzioni viene a mancare, il racconto urbanistico si dissolve. E si riduce l’ apparato simbolico del centro al ruolo occasionale di sfondo pittoresco. E’ negli ipermercati che si coesiste saltuariamente, nel nome del consumo. L’intensità di questo processo ha contribuito alla crisi della città. Eppure c’è chi ha manifestato condivisione di quelle spinte disarticolate, con proposte per convalidarle. Pensando di competere con l’energia dei centri del commercio suonando le stesse trombe, omologando il centro ai caratteri di quegli scenari, invece di valorizzarne le differenze. La frammentazione è un problema e c’è necessità di tutele per la città centrale - due questioni che si combinano. Altrimenti, se lo scenario è questo addio sogni di rigenerazione economica. Per ritrovare i pezzi e metterli assieme serve riaccendere l’orgoglio civico, rinnovare l’autostima. Il progetto avrà successo se la politica riuscirà nel frattempo a suscitare condivisione per obiettivi da realizzare subito: quelli sempre disdegnati per la presunta ostilità dei cittadini, come le isole pedonali che oggi, anche qui, vengono reclamate. Infine la questione più rilevante: un progetto che parli almeno ai comuni più vicini - è ora più necessario e fattibile. Sassari è capoluogo di una Provincia piccola e che potrà misurarsi soprattutto raccogliendo energie e risorse che non si vedono dalla terrazza di Palazzo Ducale: campagne, marine, beni culturali, saperi, grandi infrastrutture ecc., sono soprattutto all’esterno, valori senza i quali la città capoluogo sarebbe molto ma molto più povera.
Giovedì 13 luglio 2006
Aragoste, calamari e murena, specialità marinare da Ernesto
Che tempi quando la Costa Smeralda non esisteva ed era di moda andare a Platamona. E che fascino aveva la Rotonda, baricentro del sogno balneare dei sassaresi realizzato da quel genio del sindaco Pieroni. Dopo gli splendori degli anni Sessanta (chi ha i capelli bianchi ricorda quando da queste parti erano di casa Fred Bongusto e Peppino di Capri), la zona ha conosciuto un periodo di oblìo, prima di essere riscoperto e valorizzato ancora qualche anno fa. Chi non ha mai rinunciato a svolgere il proprio ruolo è il ristorante «da Ernesto». Mettetevi con le spalle alla spiaggia, a destra lo stabilimento balneare del Lido, a sinistra la megagelateria e di fronte a voi ci sarà il locale storico della cucina di mare per i sassaresi. Nella carta troverete anche dei piatti di carne. Il menu classico si apre con una serie di antipasti che vanno dai frutti di mare alle insalate di mare e i carpacci di pesce e una gustosa sequenza di affumicati. Tra i primi c’è l’imbarazzo della scelta: dai classici ravioli e culurgiones ogliastrini agli spaghetti alle vongole, ai ricci, alla bottarga ma anche con crostacei e frutti di mare tutti freschissimi. Vasta l’offerta dei secondi: dagli irrinunciabili fritti (calamari, murene etc.), alle grigliate di pesce fino a sontuose aragoste. Tra i dessert i famosi gelati della casa e i dolci sardi. Cantina con etichette non solo sarde. Conto sui 35 euro. Da Ernesto, Sassari, Rotonda di Platamona, tel. 079. 310205. Chiuso: lunedì (mai d’estate). Carte di credito: tutte
Giovedì 20 marzo 2008
La buona politica
Lo stile del sindaco. Quando l’avvocato Ganadu era sindaco di Sassari mi è capitato di fare il cronista a Palazzo Ducale. E se ora, nel momento della sua scomparsa, rivado alla immagine di lui, lo vedo sull’alto seggio dell’aula. Posso dire che l’ho visto solo così, e qualche altra volta mentre girava l’angolo tra viale Umberto e via Bellieni, andando o più spesso, credo, fuggendo dal suo ufficio per quelle brevi pause che dicono si concedesse a fatica nella sua faticosa giornata. Sassari non ha avuto così tanti avvocati sindaci quanti se ne potrebbero immaginare in una città dove la buona borghesia specializzava i suoi figli nelle due massime arti “liberali”, quella del medico e quella dell’avvocato. Medici e sindaci erano Piero Masia, Salvino Naitana e Nanni Campus, medico è, adesso, il sindaco Ganau. Non pochi venivano dalla scuola, come Anna Sanna, Marco Fumi, Nino Brianda, mezzo secolo fa Vittorio Devilla. Altri dall’impiego, come Oreste Pieroni, Sebastiano Virdis, Benito Saba, Nico Piras, Franco Masala e Franco Borghetto, o dalla libera professione, come Fausto Fadda e Piero Montresori. Avvocati erano Peppino Binna, Cicillo Guarino, Franco Meloni, Raimondo Rizzu e, appunto, Lorenzo Ganadu. Per quella che è l’immagine vulgata dell’avvocato (di provincia, sia detto senza offesa) Ganadu aveva la specialità di fuggire la retorica. Parlava poco e badando sempre al concreto: pensandoci, è come se il contatto con la città, e soprattutto con la gente che ha bisogni, disagi e angosce, finisca per dettare questo tono di quasi dimessa praticità, in cui le parole sono centellinate, le decisioni soppesate, le promesse mantenute. L’avvocato Ganadu ha bene interpretato quel ruolo. E se si pensa che, oltre a Palazzo Ducale, ha avuto altre e non leggere responsabilità, come dentro l’ordine della sua professione, ma anche nell’Asl e più ancora nell’amministrazione di due istituzioni storiche della solidarietà cittadina come l’ospizio di San Pietro e “i cronici”, si può imparare una piccola piccola lezione: che la buona politica è soprattutto questo, servizio agli altri, e non narcistico godimento del ruolo che ti è stato temporaneamente affidato. Sardo-svizzeri. Salvatore Tola torna ammirato e incuriosito da uno dei suoi viaggi ai circoli degli emigrati sardi. E’ stato in un paese che si chiamana Marchirolo, provincia di Varese, tremila abitanti a pochi chilometri dal confine svizzero. Il circolo dei sardi si chiama “Giovanni Maria Angioy” e la presidente, Gianfranca Canu, è, vedi tu, di Bono. Nel paese ci sono 280 sardi iscritti al circolo, in gran parte goceanini. Con le loro famiglie, fanno una bella fetta di quel paese di gran lavoratori frontalieri (e i sardi e la signora Gianfranca non sono da meno). Il Comune gli ha dato come sede un’intera palazzina: che invidia per noi che stiamo qui, dove gli enti pubblici - conosco una sola eccezione, la Provincia - sono specializzati in orecchie da mercante alle invocazioni delle associazioni senza tetto.
Venerdì 6 giugno 2008
Il manager poeta che costruì la corazzata della finanza sarda
Il loro giornale «Intervento» fu uno dei più originali ed indipendenti della stampa del Littorio. Suoi compagni di redazione, fra gli altri, Antonio Pigliaru e Giuseppe Melis Bassu, con i quali avrebbe intrattenuto rapporti di amicizia anche quando ognuno avrebbe preso una diversa strada politica. Un altro suo amico era stato Nuccio Floris, oschirese, volontario in Spagna dove sarebbe morto in Andorra, medaglia d’oro al valor militare. Angelino aveva curato, se non ricordo male, una sua raccolta postuma di poesie, annotate con grande finezza critica che sembrava destinarlo alle professioni umanistiche. Invece, entrato subito dopo la laurea in quello che si chiamava allora l’Icas (Istituto di Credito Agrario per la Sardegna), diventato nel 1955 il Banco di Sardegna, vi avrebbe fatto tutta la sua carriera. Già orientato, forse, a quel diverso destino, è uno dei pochi giovani sassaresi a non avere collaborato a «Riscossa», la rivista democratica diretta da Francesco Spanu Satta, che uscì a partire dal luglio 1944, con l’intento abbastanza scoperto di abituare i giovani (dis)educati dal fascismo a ragionare in termini di democrazia: al contrario, suo fratello Nino fu uno dei giovanissimi collaboratori della rivista, dove fece le sue prime prove di critico cinematografico. Quando però, nell’aprile del 1947, ricomparve la «Nuova Sardegna», Angelino fu convinto a dargli una mano da Aldo Cesaraccio, altro suo grandissimo amico (era lui che l’aveva fatto entrare come giovanissimo collaboratore all’ «Isola», il quotidiano sassarese del periodo fascista: un must dell’aneddotica di Cesaraccio era il racconto della presentazione di Angelino al mitico redattore capo Antonio Fadda Faggiani, che, afflitto da una leggera balbuzie, accolse a braccia parte il nuovo arrivato quando scoprì che gli era compagno al duol). E quasi a dimostrazione della sua vocazione letteraria, gli fu affidata la terza pagina, che era allora il fiore all’occhiello del giornale, perchè vi scrivevano quasi tutti gli intellettuali sardi di un qualche prestigio. Si firmava Kubelik (che è, nella storia della musica, il nome di una grande famiglia di musicisti cecoslovacchi, compositori e direttori d’orchestra), forse in omaggio alla passione musicale di Cesaraccio. Questa collaborazione durò molti anni: credo che Angelino si sia ritirato soltanto una volta nominato direttore generale del Banco, nel giugno 1969. Il lavoro del Banco era fortemente impegnativo, perchè il salto del piccolo istituto regionale nel mercato creditizio nazionale poneva una serie di problemi: Angelino ne fece una sorta di corazzata, almeno in campo locale, muovendosi con una oculatezza e una prudenza che ogni tanto mi capitava di rimproverargli (ma quando la concorrenza, esaurita una fase pirotecnica di invenzioni e di slogan, s’avvicinò alla crisi, si ricordava ogni volta di ricordarmi quei miei sconsiderati incitamenti). Degli otto direttori generale del Banco, da Oreste Pieroni a Natalino Oggiano, Angelino è ricordato per il polso di ferro con cui governava il personale e, paradossalmente, per la robusta coorte di fedelissimi che crescevano alla sua ombra (sia pure sempre tenuti accortamente a bada). Presente con i suoi sportelli e i suoi uomini in quasi tutti i centri dell’isola, il Banco di Angelino Giagu era anche un grosso raccoglitore di consenso in favore della Dc e di suo fratello Nino, anche se il ruolo giocato da Angelino nella ascesa di Nino non fu forse così invadente come ai nemici piaceva raccontarlo. Quando andò in pensione, nel 1991, e in particolare dopo la morte della signora, si ritirò nella sua bella casa di campagna dalle parti di via Milano. Quando le chiedevo che cosa facesse il padre, Paoletta mi diceva: «Legge molto, ascolta molta musica». Come se, in confronto alla sua vera vocazione, quella di «re» del Banco fosse stata soltanto un’avventura passeggera. Manlio Brigaglia
Domenica 22 marzo 2009
Quelle passeggiate sul filo dei ricordi
SASSARI. In piazza d’Italia si sono acciappadi (ritrovati) in pochini. Molti anziani che hanno voluto riprovare l’ebrezza della passeggiata serale nel «salotto buono» e qualche altro che si è divertito a sfogliare i libri con le fotografie della vecchia Sassari e le copie de «La Cionfra». Ma i momenti più divertenti dell’iniziativa «Z’acciappemmu in Piazza d’Itaria» sono stati quando due o tre persone si sono riconosciute nella vignetta di Paolo Galleri in cui è raffigurata una tradizionale passeggiata dei sassaresi in piazza d’Italia nel 1954. «Ma quella è la mia amica Cicci - ha detto con esultanza una signora che, per essere più sicura delle sue parole, non ha esitato a tirare fuori dalla borsetta una bella lente d’ingrandimento -. Sì sì è proprio lei, la moglie dell’avvocato Branca - ha detto convinta e soddisfatta, rivolgendosi al marito, che stava parlando con Tino Grindi, promotore dell’iniziativa inserita nella rassegna “Sassari in Cionfra per un mese” dedicata al cinquantenario della nascita del giornale satirico tanto amato dai sassaresi dell’epoca, che aveva chiuso bottega nel 1965 -. Aggiungetela per favore. Sono certissima della sua identità: è una mia cara amica». Paolo Corso ha preso nota: l’aggiungerà. Al numero 59. Perchè finora sono 58 i personaggi della caricatura di Galleri che sono stati riconosciuti da lui (impiegato di banca con l’hobby della storia di Sassari, che lo porta a spulciare libri nelle biblioteche ma anche negli armadi polverosi di qualche erede di sassarese famoso) e, soprattutto dal professor Manlio Brigaglia e da Corrado Fumu che a quei tempi erano assidui frequentatori del salotto cittadino. Hanno fatto un lavoro certosino i tre «studiosi della sassareseria» su qualla vignetta, affidandosi soprattutto ai ricordi personali, scambiando le loro impressioni con chi in quegli anni frequentava la piazza e infine utilizzando e confrontando vecchie fotografie per verificare meglio le loro sensazioni. Ed è così che da quella vignetta sono emersi nomi famosi: Arnaldo Satta Branca tra i fondatori de la Nuova Sardegna, il mitico direttore Aldo Cesaraccio, l’altro giornalista Roberto Stefanell, l’avvocato repubblicano Michele Saba con il figlio Alberto Mario (vittima di un sequestro di persona nel 1971), il grande sindaco Oreste Pieroni, l’architetto Antonio Simon, gli artisti Stanis Dessy ed Eugenio Tavolara, l’ingegner Mario Cordella, i poeti Battista Ardau Cannas e Salvator Ruju che si firmava «Agniru Canu», il deputato di Sorso Salvatore Cottoni, l’avvocato Aldo Berlinguer, i farmacisti Angelo Talu e Tonino Maccari, Primo Bargone (al quale è stato dedicato uno dei Portici, l’altro all’avvocato Crispo), Franco di Suni,Pupa Urru e Meli Zanolla, le sorelle Serra e tanti altri ancora. Un salto indietro nel tempo. Una serata diversa che i sassaresi (ma ormai non è novità quando non ci sono rinfreschi e altre amene cosette del genere...!) non hanno capito fino in fondo. E infatti, non c’è stato l’assalto ai gazebo sistemati in piazza d’Italia, proprio ai piedi della scalinata più alta dalla parte del Palazzo della Provincia. Certo, gente ne è passata e si è fermata a sfogliare gli album di antiche fotografie, ammirare la vignetta di Galleri e seguire quasi rapita le diapositive della Sassari del Dopoguerra che scorrevano su un pannello luminoso, ma non così tanta come ci sarebbe potuta attendere da una manifestazione veramente «sassarese». Il sindaco Gianfranco Ganau e l’assessore alla Cultura Angela Mameli sono stati tra i primi ad arrivare e si sono fermati per alcune ore, ascoltando i racconti di alcuni anziani, che si sono anche commossi nel rivedere le immagini della loro gioventù. Ad allietare la serata ci ha pensato la banda Citta di Sassari, diretta da Gianfranco Pais, che ha richiamato l’attenzione di chi non era a conoscenza dell’iniziativa «Z’acciappemmi in piazza d’Itaria». C’era una volta piazza d’Italia, il «salotto buono della città». Ora è soltanto uno sbiadito ricordo. Magari c’è ancora qualche rimasuglio di una piazza ancora viva nella memoria di qualche cinquantenne e forse quarantenne. E proprio lo storico Sandro Ruju (da inserire tra i cinquantenni), nipote del grande «Agniru Canu», ha sollevato qualche perplessità sulla dislocazione delle frequentazioni dei vari ceti sociali nelle passeggiate di quegli anni belli. E anche Guido Garrucciu e il «mitico» Gavino, che di Sassari di cose ne conoscono, hanno voluto fare qualche precisazione. Bellissimi ricordi, pezzi di storia di una città che ha lentamente perduto la sua identità. Perchè il declino di Sassari ha coinciso proprio con il graduale abbandono di Piazza d’Italia come punto d’incontro per le passeggiate serali, che all’epoca venivano chiamate «vasche». Altre scelte per le sedi dove incontrarsi e la progressiva fuga dal centro storico e le incomprensibili passeggiate nei luccicanti negozi della periferia, hanno fatto il resto. Dando una mazzata terribile alla città e facendo rallentare, quasi fermare, il battito del suo cuore. Che vorrebbe riprendere a pulsare. Con iniziative come questa e magari con il rilancio del Mercatino degli ambulanti in piazza Tola, con strutture fisse e dignitose, e che nei fine settimana potrebbe rivivere grazie al Mercatino dell’antiquariato, la cui sede più idonea non può che essere nel centro della città. - Pier Luigi Piredda
Giovedì 16 aprile 2009
Addio al maestro del swing
SASSARI. Anche l'ultimo Maestro della musica leggera sassarese Anni 50 se n'è andato. L'altro ieri è scomparso, in silenzio, il maestro Francesco Serra, chitarrista e direttore del cosiddetto Complesso Swing, che proprio in quei favolosi anni di rinascita chiamò a raccolta un gruppo di amici e mise su un complesso musicale che si tuffo nel genere jazz leggero, il cosiddetto swing, con cui la nuova orchestra regalò un po' di spensierata allegria alle serate dei sassaresi. Erano gli anni della nascita della spiaggia di Platamona, fortemente voluta dal sindaco Oreste Pieroni, che inventò anche il Lido Pani (oggi, macerie Pani) e la rotonda di Abbacurrenti. Ma senza l'apporto dell'Arte Varia dell'orchestra Swing e dei suoi collaboratori, anche la grande spiaggia di allora avrebbe mantenuto i toni bassi e depressivi di oggi. Credo che il modo migliore di ricordare il maestro Serra sia quello di associarlo direttamente ai nomi di coloro (quasi tutti scomparsi) che con lui si lanciarono nell'avventura musicale, costruendo insieme straordinari spettacoli, con l'unica pretesa di aiutare la gente a sognare un futuro piu' allegro. Mi riferisco alla fisarmonica di Salvatore Fiori, al contrabbasso di Piero Marongiu e alla batteria di Pietro Scanu; per non parlare di Nino Costa, di Giovanni Enna e dei bravissimi cantanti che deliziavano le serate di un pubblico sempre piu' entusiasta, compresa l'allora giovanissima Maria Carta, che imparò proprio da Francesco Serra a controllare la sua bellissima voce. Con la scomparsa del grande maestro, scompare anche il ritmo dondolante dello swing (“lu svinghi”, dicevamo allora) che accompagnava la grande voglia di vivere di quei favolosi Anni 50. (Swing è un termine musicale che indica un particolare modo (indicato talvolta come pronuncia swing), tipico della musica jazz, di eseguire le note scritte. Il termine deriva dall'andamento ritmico dondolante che deriva da questa tecnica esecutiva (il verbo inglese “to swing” significa appunto dondolare). Semplificando, nella pratica, ad esempio, due crome (note da un ottavo) saranno suonate come una terzina di crome (tre ottavi suonati per la durata di un quarto) con le prime due note legate. Con lo stesso nome si indica un genere musicale jazzistic). - Franco Enna
Venerdì 28 agosto 2009
Platamona, c'era una volta il Lido Iride
Sono un ultrasettantenne che non vuole sprecare tempo, ma dire giusto poche parole sulla tristissima vicenda del “Lido Iride. Un deciso e onesto imprenditore, Sebastiano Pani, costrui' sul litorale di Platamona un eccellente stabilimento balneare, contribuendo al lancio della spiaggia voluta dall'allora sindaco Oreste Pieroni, nella prima metà degli Anni Cinquanta. La struttura è poi andata in malora, per la felicità di chi ha dimostrato come sia faticoso fare un pò di manutenzione a un complesso che Pani aveva creato dal nulla. Ing. Francesco Maccioccu
Giovedì 16 luglio 2009
Platamona prima spiaggia a pagamento
E ormai da qualche anno che si polemizza sui ticket per gli accessi alle spiagge. Fa discutere il modo in cui gli enti locali applicano pesanti tasse d’ingresso e altrettanto onerosi costi di parcheggio per le auto nell’adiacenza delle spiagge. Il sistema ha origini di oltre 50 anni nella famosissima spiaggia di Platamona, inventata dall’allora sIndaco di Sassari Oreste Pieroni. Spiaggia che in pochi anni è diventata la più frequentata della Sardegna, naturalmente dopo il Poetto. Nella località in auge all’epoca, il Comune di Sassari aveva organizzato una tassa di suolo pubblico per chi piantava l’ombrellone nell’arenile, incaricando zelanti guardie municipali che, con un blocchetto di ricevute, facevano il giro incassando la tassa. In quel periodo, il Comune di Sassari aveva anche costruito una piccola caserma per le guardie municipali. Tutto andava bene fin quando si scoprì, tramite misurazione di confini, che sia dove era ubicata la caserma, sia gli spazi dove erano piantati gli ombrelloni, appartenevano in parte al Comune di Sorso. Perciò ci fu grande imbarazzo tra amministrazioni e si provvide a risanare in qualche modo la questione. Per prima cosa eliminando quella bizzarra tassa. E da quel dì, i frequentatori di Platamona tirarono un sospiro di sollievo, dedicandosi con più attenzione a quello che era la principale attività in spiaggia all’ombra di poderosi ombrelloni: il lautssimo pranzo e la merenda domenicale a base di gustosissime specialità, che in riva al mare acquistavano miglior gusto: ciggioni alla maccunazza, coccoidu a pienu e ciogga in cassora, mirinzana in forru e zucchini ripieni, eba viscì e vinu bonu e a la fini, una bedda sindria frescha. E i rifiuti? Sotto la sabbia... Tino Grindi
Giovedì 29 ottobre 2009
Le cronache della «calda estate del 1954»
PORTO TORRES. Quella del 1954 fu per Porto Torres e Sassari un’estate rovente. L’allora sindaco sassarese Oreste Pieroni propose infatti un’unione amministrativa tra i due comuni, idea che avrebbe trasformato Sassari in una città metropolitana e offerto a Porto Torres la possibilità di un potenziamento del porto commerciale, la valorizzazione turistica della costa e un eventuale insediamento industriale nella Marinella. Si sviluppò così un acceso dibattito tra unionisti ed antiunionisti che dalle piazze, le strade ed i bar in particolare di Porto Torres si trasferì sulle colonne dei giornali dell’epoca, La Nuova Sardegna e il Corriere dell’Isola. Dopo 55 anni Pietro Pani, che partecipò attivamente a quella polemica giornalistica, ha deciso di rilegare in un unico fascicolo tutti quegli articoli che per anni ha gelosamente custodito nell’archivio personale. “Quella calda estate del 1954. Cronache cittadine e polemiche giornalistiche sulla proposta di unione dei comuni di Sassari e Porto Torres” è il titolo di questo lavoro, ma anche quello di un incontro dibattito che si terrà domani alle 18 nella sala congressi “Filippo Canu” con i sindaci di Sassari e Porto Torres, Gianfranco Ganau e Luciano Mura, oltre all’autore dell’opera Pietro Pani. L’incontro, organizzato dal circolo della stampa turritana “Filippo Canu” col patrocinio dell’amministrazione comunale, sarà moderato da Alessandro Pinna. Emanuele Fancellu
Giovedì 13 maggio 2010
Lido Iride, perchè sarebbe sbagliato cancellare il passato
Da decenni, ciclicamente, si (ri)accende il dibattito sulle sorti di Platamona e, più di recente, sul che fare di ciò che è rimasto dell’ex Lido Iride: tipico stabilimento balneare degli anni Cinquanta, simile a tanti altri che caratterizzano, ad esempio, la costa adriatica. Il dibattito finora ha prodotto molte chiacchiere ambigue, così l’unico risultato è che questo stabilimento superasse la fatidica età dei cinquant’anni. Età che impone cautela per legge, e argina l’atteggiamento ostile - dalle nostre parti - verso tutto ciò che rappresenta il passato. Gli slogan si sono trasformati spesso in sentenze demolitorie senza appello, per l’incapacità di guardare oltre le apparenze di una cosa che invecchia e che non sembra più al passo con i tempi. Si pensi a quanti monumenti abbiamo perso per sottovalutazione (e poi si scava alla ricerca appassionata di fondazioni di manufatti demoliti a furor di popolo). E rimpiangiamo non solo castelli o chiese, ma pure edifici del primo Novecento, ogni volta che vediamo le mediocri sostituzioni ci rammarichiamo. Alcuni esponenti del Centro studi urbani dell’Università di Sassari hanno già avuto modo di esprimersi in merito. Avvertiamo la necessità di intervenire ancora, anche perchè riteniamo che la discussione - sulla necessità o meno di conservare l’edificio di Platamona - poggi su basi fragili, soprattutto se ci si limita ad osservare distrattamente ciò che resta di visibile agli occhi di tutti. Gli argomenti dei demolitori sono noti, ma mai convincenti: l’inutilità del manufatto, il suo degrado avanzato, le difficoltà e i costi elevati per restaurarlo. Le solite questioni che si ripropongono molto confusamente. E neppure l’ultima perizia prodotta in ordine di tempo sembrerebbe dare un’indicazione netta sul che fare. Eppure, la storia ci insegna che anche in presenza di manufatti «senza valore», malridotti dall’incuria (e in ciò la burocrazia locale ha avuto grande parte), occorre cautela: tra rovine e macerie c’è una grande differenza. Il vecchio Lido Iride è ancora perfettamente riconoscibile in ogni sua componente, e sicuramente esisterà in qualche cassetto il progetto perchè si tratta di un complesso disegnato con cura: basti osservare la composizione, i rapporti tra le parti e alcuni raffinati particolari costruttivi per averne contezza. E un esempio di edilizia elegante, innovativa per quei tempi, ha funzionato da modello per altri interventi. Ha valore, come spiegano le associazioni nate per la conservazione e la valorizzazione dei manufatti dell’architettura moderna (e i circostanziati rapporti prodotti su esperienze di recupero di questi manufatti) che hanno messo a punto metodologie e criteri di intervento adeguati. Si può restaurare perfettamente, con interventi di ricostruzione dove necessario, usando gli stessi materiali e le stesse tecniche impiegati per la sua realizzazione. Difficile sostenere che sia perduto in modo irreversibile, dal momento che è esattamente documentato in tante foto d’epoca il suo stato orginario. Il Lido Iride testimonia, inoltre, la straordinaria capacità di iniziativa di Oreste Pieroni (sindaco lungimirante e antesignano, da cui i sindaci di oggi potrebbero ancora imparare qualcosa) e di Sebastiano Pani (dinamico imprenditore che lo realizzò e che dimostrò, a differenza di oggi, che si può fare impresa se si ha coraggio e creatività). Entrambi hanno dimostrato che il tema del turismo poteva rientrare in una visione non circoscritta, al passo con i tempi, e poteva anche svolgere una funzione sociale di qualità. Quel manufatto racconta di un territorio che aveva voglia di competere; era tra le cose alla moda, da mostrare con orgoglio ai continentali, come dicono le numerose cartoline illustrate in bianco e nero spedite in quegli anni, oggi anche su Ebay. Ma ci sono altre ragioni, non immediatamente percepibili. I muri documentano sempre pezzi di storia. In questo caso alcuni decenni di storia locale che appartengono a quanti abitavano in questo territorio e hanno superato il mezzo secolo di vita (e che lì, da bambini, hanno sentito suonare valzer e tanghi ormai fuori moda e la prima musica beat). Quei muri dicono di «come eravamo», del nostro controverso rapporto con il mare. I cittadini di ieri e di oggi continuano a dare un senso a questo luogo, frequentando i dintorni e dandogli vita. Conservare un paesaggio ridandogli la dignità di un tempo, è sempre cosa saggia. Non è un’operazione nostalgica, ma un modo modernissimo per contribuire a valorizzare un territorio. Questo stabilimento può essere recuperato - com’era, dov’era - riassegnandogli la sua funzione, così come hanno fatto altrove. Non sarà in grado di fare concorrenza alla leggendaria rotonda sul mare di Senigallia (cantata da Fred Buongusto) tornata a vivere di recente con straordinario successo di pubblico. Ma disconoscere quel vecchio fabbricato significa dire ai cittadini che continuano a frequentare Platamona, nonostante gli evidenti segni di degrado, di censurare la memoria lunga e di limitarsi alla memoria breve, a quella usa e getta. Il degrado, appunto. Non sorprende che l’attenzione si concentri lì: l’impressione che fanno muri diroccati è sempre molto forte. Ma il degrado, si dovrà ammetterlo, è molto più esteso nel golfo dell’Asinara, si può raccontare con altre immagini, ed è soprattutto dipeso da scelte urbanistiche di consumo di suolo e alla privatizzazione di ampi tratti di costa con pineta: case da vendere soprattutto; e pochissime iniziative turistiche nella scia dell’architettura raffinata voluta dal commendator Pani. Cose e persone d’altri tempi che meritano la nostra attenzione.
Antonietta Mazzette e Sandro Roggio
Sabato 17 luglio 2010
Al Lido Iride i sigilli dei carabinieri
Ogni estate ce n’è una. E ancora una volta l’ex Lido Iride richiama l’attenzione per i problemi legati al suo stato di abbandono piuttosto che per i progetti di recupero e di rilancio della storica struttura turistica che si affaccia sul mare di Platamona. Ieri mattina i carabinieri del Nucleo operativo ecologico hanno sequestrato lo stabilimento balneare diroccato. Due dirigenti della filiale sarda dell’Agenzia del Demanio di Cagliari e della Regione risultano iscritti nel registro degli indagati. I militari guidati dal capitano Umberto Rivetti - all’operazione hanno collaborato i carabinieri della stazione di Sorso al comando del maresciallo Alessandro Masala - hanno eseguito il provvedimento disposto dal gip del Tribunale su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Gianni Caria. Stavolta c’è anche l’affronto all’immagine storica dello stabilimento degli Anni Cinquanta: gli accertamenti tecnici e documentali dei carabinieri del Noe hanno dimostrato che è stato trasformato in una discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi, con la conseguente grave alterazione del litorale e delle dune di sabbia oltre che della macchia mediterranea circostante. La recinzione fatta sistemare qualche mese fa dall’amministrazione comunale di Sorso non è stata sufficiente a scongiurare ulteriori problemi, la situazione è peggiorata e oggi la pratica viene trattata come si fa con le discariche di rifiuti che sorgono come funghi nel territorio. L’ex Lido Iride è «catalogato» come discarica abusiva, nel senso che tutti ci passano, abbandonano rifiuti e lasciano segni aggiuntivi per incrementare un degrado che - belle parole e impegni elettorali a parte - appare senza fine. Ieri, di prima mattina, i militari del Noe hanno cominciato l’operazione di sequestro dell’ex Lido Iride. Nastro bianco-rosso per delimitare la zona, provvedimento del gip affisso in più punti, nuova documentazione fotografica e filmata all’interno e all’esterno della struttura per evidenziare il progressivo degrado che viaggia di mese in mese, al punto da determinare una situazione di pericolo per la collettività che non può più essere tollerata. Rischia di rasentare il ridicolo la vicenda dell’ex Lido Iride. Un sindaco lungimirante come Oreste Pieroni (l’amministratore di allora) e un imprenditore come Sebastiano Pani (l’imprenditore sassarese che realizzò lo stabilimento balneare) oggi farebbero una gran fatica a comprendere il perchè della condanna a morte senza appello inflitta a un «bene» che, a pieno titolo, potrebbe contrastare l’immobilismo e la mancanza di creatività che caratterizzano la situazione attuale. Quel gioiello che urbanisti e storici definiscono ancora «un esempio di edilizia elegante, innovativa per quei tempi» è oggi accomunato a una discarica e non è certo una bella cosa. Specie in un territorio che con il turismo continua a parlare lingue diverse: si potrebbe citare la vicenda della mancata nomina del presidente del Parco nazionale dell’Asinara (si va da un commissario all’altro), in piena stagione estiva, per evidenziare un percorso che non è orientato alla soluzione dei problemi del territorio ma ad altri fini. Il Lido Iride si può restaurare con interventi di ricostruzione (dove necessario), anche utilizzando materiali e tecniche impiegati per la sua realizzazione - come hanno affermato di recente sulla Nuova Sandro Roggio e Antonietta Mazzette - ma il vero problema è che un «monumento» non dovrebbe mai diventare una discarica, ancora di più se si tratta di un edificio sul mare che ha rappresentato anche una idea di crescita della città e del territorio. Così come è vero che tra rovine e macerie c’è una bella differenza. E quelle dell’ex Lido Iride sono rovine dove poi è stato riversato di tutto, non solo rifiuti. Lo stato di abbandono ne ha fatto un luogo per senzatetto, per sbandati, ma anche rifugio per cani randagi e punto di incontro per traffici illeciti. L’intervento di ieri mattina dei carabinieri del Noe è giunto a conclusione di una attività di accertamento che ha prodotto l’invio dell’informativa all’autorità giudiziaria che poi ha emesso il sequestro preventivo del complesso sulla spiaggia di Platamona. Dal punto di vista delle condizioni delle struttura cambia poco. Ci sono, invece, sostanziali novità per quel che accadrà da ora in poi. Intanto chi violerà i sigilli andrà incontro a problemi di carattere penale, e poi - essendo il procedimento simile a quello adottato per le discariche abusive - scattano una serie di adempimenti obbligatori. L’Agenzia del Demanio di Cagliari deve provvedere alla bonifica del sito, e se non lo farà nei termini previsti la palla passerà al Comune di Sorso che dovrà eseguire gli interventi per poi rivalersi su chi non ha rispettato le disposizioni dell’autorità giudiziaria. Negli ultimi decenni sono arrivate solo delusioni e un impegno almeno andrebbe preso: restituire dignità al Lido Iride.
Gianni Bazzoni
Domenica 1^ maggio 2011
Turismo, a Sassari arriva il bus scoperto
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Il mezzo, battezzato "Oreste" in omaggio a Oreste Pieroni, storico sindaco della città nel secondo dopoguerra, è stato presentato stamane con un breve giro inaugurale
SASSARI. Come tutte le città turistiche che si rispettino anche Sassari avrà un bus turistico scoperto. Il mezzo, battezzato "Oreste" in omaggio a Oreste Pieroni, storico sindaco della città nel secondo dopoguerra, è stato presentato stamane alla stampa con un breve giro inaugurale.
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L'autobus potrà ospitare 28 passeggeri e sarà operativo inizialmente su richiesta, per eventi speciali, come in occasione della prossima Cavalcata sarda a fine maggio o per la festa dei Candelieri in agosto, ma l'Atp valuterà anche richieste di privati che vorranno fruire del bus scoperto. La linea turistica prevede apposite fermate in prossimità dei punti di maggior interesse storico e culturale della città, dalla piazza d'Italia al museo Sanna, dalle antiche mura alle palazzine ottocentesche di viale Umberto.
Alla presentazione erano presenti Leonardo Marras, presidente dell'Atp, il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, il sindaco di Porto Torres, Beniamino Scarpa, ed il vicepresidente della Provincia, Roberto Desini.
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Domenica 6 marzo 2014
Gli inventori del lido
Salvatore Cottoni Sorsense, avvocato e dunque di residenza "legale" a Sassari, è stato dai primi anni della Regione sarda il leader storico del Partito socialdemocratico in Sardegna: eletto per a prima volta nel 1953, fu consigliere regionale e assessore, e dal 1957 deputato e sottosegretario ai Trasporti in un governo Andreotti.
Ma la sua fortuna elettorale aveva la base nella larga popolarità e nell' impegno che dedicava alla città natale, di cui fu anche sindaco: appoggiò con la sua autorevolezza il progetto di Platamona, tanto pi che quasi l'intera spiaggia ricadeva nel territorio comunale di Sorso. Oreste Pieroni è il vero inventore di Platamona, di cui addirittura istituzionalizzò il nuovo nome, in sostituzione dell'antico (e forse pi affascinante) Abbacurrente.
Ragioniere, potente direttore dell'Icas (l'Istituto di Credito Agrario per la Sardegna, padre del futuro Banco di Sardegna), sindaco democristiano di Sassari dal 1946 al 1954, rivendicò il diritto della città a un suo piu' vicino "posto al mare".
A questo progetto, in cui fu particolarmente supportato dal capocronista della "Nuova", Roberto Stefanelli, dedicò un impegno assoluto, tanto che si diffuse la scherzosa proposta di chiamarla Pieronia. Sebastiano G. Pani è stato l'imprenditore piu' moderno che Sassari abbia avuto nel Novecento, un secolo che ha percorso quasi per intero con la sua biografia centenaria.
Cagliaritano, arrivato a Sassari poco pi che ventenne, ebbe il merito di individuare sempre con prontezza i servizi che servivano alla città o che potevano accompagnarne lo sviluppo. Cosi' nei primi anni Sessanta intui' le prospettive di crescita di Platamona e vi realizzò il Lido Iride, subito fatto proprio dalla borghesia cittadina tanto per la modernità delle strutture quanto per gli show di cantanti e orchestre che vi si organizzavano.
Mercoled“ 4 giugno 2014
Platamona, cosi' il sogno si trasformò in un incubo
SASSARI Platamona, un sogno svanito. Dalla dolce vita anni Cinquanta e Sessanta, quando al Lido Iride si potevano applaudire Claudio Villa e le gemelle Kessler, alle macerie di oggi.
La presentazione del libro "Platamona 1951 - 2014: nascita e declino" (ieri pomeriggio nella sala conferenze della Nuova Sardegna) è stata l'occasione per un amarcord dei bei tempi andati ma anche di riflessione sulle cause del degrado di oggi. Com'è nata la spiaggia dei sassaresi lo ha ricordato Manlio Brigaglia, che ha chiamato in causa i due padri di un'impresa che, quando nacque, sembrava quasi impossibile: il sindaco di Sassari Oreste Pieroni e Sebastiano Pani, geniale imprenditore dei trasporti che per scommessa ulteriore si gettò nell'avventura del Lido Iride, il piu' importante degli stabilimenti balneari che sorsero in quella che allora veniva chiamata "Sassari Marina".
Pieroni - ha ricordato Brigaglia - impegnò nella realizzazione di un progetto nel quale credeva fortemente energie politiche e finanziarie. Un ruolo importante ebbero anche i giornali, in particolare la Nuova Sardegna e La Gazzetta Sarda. Pieroni guardava a uno sviluppo della città verso il mare, verso Porto Torres e pensava che il turismo potesse essere una chance di crescita. Pani, intui' come investire capitali in quel settore potesse avere una remunerazione non indifferente, nel mettere su il Lido Iride (il nome fu trovato da Stanis Dess“) fece le cose in grande.
La struttura poteva ospitare duemila bagnanti e aveva tutto, compresa la piscina e un' Arena nella quale si potevano esibire le star della musica, del varietà e della tv che venivano dal Continente. Il curatore del volume, lo storico dell'arte Alessandro Ponzeletti, ha spiegato che recuperare le memoria di Platamona è stato un modo per restituire realtà a quello che oggi è diventato piu' che un luogo il fantasma di un luogo.
I due decenni dorati - Cinquanta e Sessanta - e poi, a partire dalle seconda metà degli anni Settanta, il lento declino, che ebbe come punto di accelerazione l'abbattimento dei casotti, nel 1983. Una storia in cui è anche accaduto che il paesaggio di una zona di grandi dune (simili a quelle di Piscinas) sia stato trasformato radicalmente con l'impianto sulla sabbia della pineta, che sostitui' la macchia di ginepri. Un aspetto del quale s'è occupata, nel libro, l'architetto Sara De Paolini, collaboratrice di Ponzeletti nella redazione del libro.
L'editore, Carlo Delfino, ha confermato che il volume andrà a breve in edicola venduto a dispense settimanali (copertina in regalo e possibilità di ricorrere allo stesso editore per la rilegatura ad un costo molto contenuto). Nel sottolineare il ruolo di Sebastiano Pani, Delfino ha ricordato che di imprenditori eccellenti a Sassari ce n'erano tanti. Piccoli e medi imprenditori penalizzati da scelte di politica economica che hanno privilegiato i poli di sviluppo - nel Sassarese il petrolchimico - con gli esiti devastanti che oggi abbiamo sotto gli occhi. (red.c.)
Venerdi' 7 dicembre 2014
La colonna mariana e l'Infiorata ideata dalla Nuova
Alla base del monumento sono ricordati i due uomini che nel 1954 lanciano la proposta di edificarlo: l’arcivescovo Mazzotti e l’ex sindaco Pieroni
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L'infiorata alla Madonna nel giorno dell'Immacolata a Sassari risale all'8 dicembre 1957. Fu una proposta della Nuova Sardegna, avanzata il 17 agosto di quello stesso anno, ossia due giorni dopo l'inaugurazione della "Colonna mariana", sorta per volontà dell'Arcivescovo Arcangelo Mazzotti e dell'allora ex sindaco (si dimise nel settembre 1954) Oreste Pieroni. Gli amici Paolo Corso e Leonardo Carta hanno svolto una ricerca su questa colonna, andando a smuovere carte in archivi pubblici e privati, per venire a capo della data di inaugurazione: alla base della colonna sono ricordati Mazzotti e Pieroni con la data del 1954, anno del centenario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria (anno 1854).
A Sassari ci fu una grande celebrazione in piazza d'Italia e si iniziò a parlare dell'erezione di una colonna dedicata alla "Purissima". Il fatto è che a Sassari tra il dire e il fare, malgrado la buona volontà di autorità quali sindaco e arcivescovo, bisogna interporre almeno qualche anno di lungaggini e cosi' la colonna prese sostanza solamente a partire dall'autunno del 1956, quando si iniziarono a scavare le fondamenta della struttura, allora posta al centro della piazza delle demolizioni (piu' ampia rispetto all'attuale per assenza dell'edificio porticato a valle): Aldo Cesaraccio ricordò l'inizio dello scavo in un articolo datato 17 novembre 1956.
L'erezione della colonna prosegui' tra l'inverno '56-'57 e la primavera seguente, per concludersi finalmente il 29 luglio 1957, quando la colonna appariva ultimata, dominante l'ampio e polveroso slargo digradante verso nord-ovest: alta 15 metri la colonna a cui aggiungere i 4 metri della statua marmorea della Vergine, la colonna fu consacrata, come ricordato all’inizio, da Mazzotti il giorno di Ferragosto successivo e quindi l'8 dicembre del 1957 iniziò il rito dell'infiorata, ancor oggi vigente. Nella foto concessa da Vittorio Motroni vedete la colonna decorata per il Natale, durante la nevicata del 1959.
Alessandro Ponzeletti
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Sabato 4 luglio 2015
Il monumento dei troppi errori della politica
Il Lido Iride non è solo un rudere. Con il suo carico di contenziosi giudiziari, agonici bandi per il suo recupero, perfino con la malinconia che le sue macerie suscitano in chi ha memoria del suo blasonato passato, il Lido Iride è un monumento funebre della politica. In questo edificio giace l'inettitudine delle amministrazioni locali che hanno avuto tra le mani la gestione turistica di un territorio. E l'hanno dispersa in chiacchiere che non hanno prodotto fatti. Vale a dire progetti, messi a punto di comune accordo dalle amministrazioni comunali competenti, per il corretto utilizzo di una risorsa che ricade nei rispettivi territori, ma che appartiene a tutto il Sassarese: Platamona.
Sorso dovrebbe elevare il Lido Iride a emblema della propria incapacità di affrontare un problema, e di risolverlo. Generazioni di amministratori succedutisi alla guida del Comune romangino dovrebbero fare mea culpa per questo. Ma anche quelli di Sassari dovrebbero chiedere scusa. Perchè se è vero che Sorso ha il Lido Iride, anche Sassari ha un rudere devastato da un incendio da offrire come cartolina ai bagnanti, nella Rotonda che fa tristezza a guardarla.
Meglio rivolgere lo sguardo al mare come sessant'anni fa, quando si andava in spiaggia con il pranzo al sacco, l'ombrellone e nessuna pretesa. La cosiddetta "Sassari bene" villeggiava a Stintino o ad Alghero, indifferente a quella immensa distesa di sabbia. Di Platamona si occupò un sindaco lungimirante e un po' visionario, come dovrebbero essere tutti i bravi amministratori locali. Si chiamava Oreste Pieroni e nel 1951, nel giro di pochi mesi, reinventò la Cavalcata Sarda e dotò di servizi e strade l'accesso al mare. La nuova identità di Platamona nacque cosi', il 16 agosto di 64 anni fa.
E il Lido Iride diventò per anni il centro di gravità permanente della Sassari by night. Poi è calato il silenzio, delle parole e dei fatti. Gli effetti di decenni di miopia politica sono sotto gli occhi di tutti. Platamona, con i suoi stabilimenti balneari in rovina e nessun progetto concreto di valorizzazione (non quelli proclamati ogni campagna elettorale e subito dimenticati) è il simbolo di un territorio che sta progressivamente perdendo tutto e che non è riuscito a valorizzare le sue risorse. Anzi, non ha neppure provato a esplorarle.
La crisi economica sta procurando al Sassarese gli stessi effetti che l'erosione costiera provoca a questa spiaggia che potrebbe procurare benessere e sviluppo. Ma le scommesse perdute, per chi aveva il dovere di provare a vincerle, comportano un prezzo politico che puo' essere piu' salato del mare.
Daniela Scano
Lunedi' 9 novembre 2015
La stagione d'oro degli spettacoli a Platamona
Mike Bongiorno e Mago Zurl“ tra le star dell'epoca che si esibirono al Lido Iride
SASSARI. Il musicista sassarese Fausto Orizi è morto a 95 anni domenica 8 novembre 2015. Con la sua tromba «Rondinella» fu protagonista di un'indimenticabile stagione di spettacoli, balli e divertimento negli anni '50 e '60, tra Sassari, Platamona e Porto Torres.
Nel 2004 il nostro giornale dedicò un paginone a Fausto Orizi e alla sua storia. Ecco l'articolo sulla stagione d'oro di Platamona.
GLI ANNI RUGGENTI E TRASGRESSIVI DI PLATAMONA
dalla Nuova Sardegna dell'11 gennaio 2004 (clicca )
Sabato 21 maggio 2016
La fantasia di Oreste Pieroni, il sindaco con una marcia in piu'
di Alessandro Ponzeletti
La rinascita, ai primi di giugno del 1951, della Cavalcata sarda di Sassari quale festa laica del folclore fu merito dell'indimenticato sindaco
Oreste Pieroni. I Sassaresi che allora furono bambini o ragazzi serbano ancora oggi nel cuore uno straordinario legame d'affetto con la Sassari di quella metà del XX secolo,
un'epoca vista da alcuni come un'Età dell'Oro addirittura e da tanti altri come un momento nella storia cittadina e nelle proprie esistenze di dinamicità e di voglia di vivere:
veramente per tanti Sassaresi (oggi uomini pi che maturi) si può parlare di "Favolosi Anni Cinquanta".
Dal 1951 la Cavalcata assunse un carattere prettamente turistico, diventando un appuntamento fisso con il folclore.
In quel 1951 la Cavalcata venne organizzata dal Comune di Sassari, dalla Provincia e dalla Regione Sardegna, con gruppi provenienti principalmente dalle province di Sassari e Nuoro.
Il presidente dell'EPT Felice Mura, per la terza edizione, nel 1954, volle coinvolgere il poliedrico imprenditore naturalizzatosi sassarese ma originario di Cagliari Sebastiano Pani,
creatore da là a due anni del Lido Iride a Platamona, altra figura storica cara quanto
Pieroni ai Sassaresi che poterono apprezzare il "saper fare" di questi due uomini. Negli Anni Sessanta, poi, per merito di Roberto Stefanelli, vi partecipò una delegazione di pellerossa americani,
con cavalli e costumi tradizionali, in tournè e in Italia: all'ippodromo i nordamericani si confrontarono con i cavalieri sardi in acrobazie e riconobbero la loro abilità.
Sabato 20 maggio 2017
Tutto merito del sindaco Pieroni
di Alessandro Ponzeletti
C'è un grande protagonista della Cavalcata sarda che vale la pena di ricordare.
Ai primi di giugno del 1951 la Cavalcata rinacque come festa del folklore isolano grazie alla lungimiranza del sindaco Oreste Pieroni,
che ebbe la forza di riprendere l'antica sfilata creando di fatto una festa laica del folclore sardo,
festa che ha Sassari come quinta teatrale.
Tempo fa in compagnia di un amico "continentale" affrontai con altri amici un discorso in cui fu ricordato
il sindaco Oreste Pieroni e il suo operato.
Andati via gli amici sassaresi, l'amico mi chiese che persona fosse il Podestà Pieroni.
Dopo un attimo di stupore pensai che
nel discorso precedente non si era parlato di nessuna data. Gli spiegai che fu un sindaco del Dopoguerra, eletto democraticamente,
che seppe ben operare ma senza autoritarismo nei modi. L'espressione "quando c'era Lui" fu escogitata per eludere conseguenze penali,
la si trova anche in film di Totò: un "quando c'era Pieroni", di fatto, come espressione mi sa che rende bene.
Giovedì 27 luglio 2017
Monologhi in centro per riscoprire Sassari
Successo ieri sera per la ’passeggiata letteraria’ del festival di Andrea Massidda
SASSARI. Gli spettri di sassaresi illustri che in un dialogo surreale raccontano di quando la città vecchia tentò, anche maldestramente, il salto verso la modernità. Poi un alunno ormai cresciuto che ricorda con affetto la sua maestra di scuola e di vita. E ancora la vera e straordinaria storia di Domenico Alberto Gavino Francesco Azuni, 'un sardo conosciuto e osannato in Europa e in America, premiato con titoli, onorificenze, incarichi, prebende varie da tanti Stati, tranne che dalla sua Sardegna’. Tutto in due tappe nel cuore di Sassari, da piazza Castello a piazzetta Nazario Sauro. Tutto grazie a tre storyteller d’eccezione come il giornalista Cosimo Filigheddu, lo scrittore Nello Rubattu e lo studioso del territorio, nonchè ex sindaco di Porto Torres Eugenio Cossu. C’era tanta gente, ieri, per la prima serata del festival letterario ’Sulla terra leggeri’, che quest’anno gli organizzatori dell’associazione Camera a Sud e della cooperativa Le ragazze terribili (la direzione artistica è di Flavio e Paola Soriga insieme con Geppi Cucciari) hanno voluto intitolare ’I buoni maestri: insegnare, imparare, contagiare passioni’.
Ad aprire la ’Passeggiata letteraria’ curata da Lalla Careddu è stato in piazza Castello Cosimo Filigheddu, che ha raccontato brillantemente le vicende legate all’abbattimento nel 1877 del castello aragonese e all’edificazione, nella seconda metà del Novecento, dei due grattacieli di Sassari (quello ’vecchio’ e quello’ nuovo’). Lo ha fatto con un espediente narrativo, cioè avvalendosi dell’aiuto di alcuni celebri fantasmi come il poeta Salvator Ruju, lo scrittore Enrico Costa, l’architetto Fernando Clemente (che progettò i due grattacieli), l’ex sindaco Oreste Pieroni e persino di Julia Carta, più nota come ’La strega di Siligo’, che nel Seicento fu realmente condannata dal tribunale dell’Inquisizione e si salvò dal rogo soltanto per via di un umiliante autodafè (ossia una pubblica abiura) celebratosi tra gli attuali largo Cavallotti e piazza Azuni. A ricordarlo manca ancora una targa.
Ma Filigheddu, per anni capocronista della Nuova Sardegna, ha svelato anche un aneddoto gustoso. ’Nei primi anni Novanta - ha ricordato - incontrai a Sassari l’urbanista Pier Luigi Cervellati, il nume dei centro storici, uno dei maggiori esperti in Europa. Camminando insieme nella città notai che era a bocca aperta. ’Non avrei mai creduto, questo vostro centro è bellissimo’. Poi, mentre stavamo risalendo il Corso, gli apparve il torrione antennato: ’Ma, scusi, quello cade dentro la città murata?’, chiese. E io: ’Sì architetto, è il Grattacielo Nuovo. Da qui non si vede, ma tra un po’ ne vedrà comparire un altro grigio un po’ più basso, il Grattacielo Vecchio’. Non commentò, ma capii subito che aveva perso un po’ di entusiasmo nei nostri confronti’.
Il protagonista del secondo monologo è stato Nello Rubattu. Un amarcord, il suo, con al centro la maestra Marcellino dell’allora scuola pubblica il Rifugio, in viale Mameli. ’Una donna alta al massimo 1.45 centimetri - ha ricordato il suo alunno - che entrava in classe indossando un cappello con la veletta, come negli anni Venti. Per me era come Mary Poppins, anche perchè era dolce, autorevole, sempre pronta a stimolarci con spunti di riflessione. Ancora oggi il suo ricordo mi commuove’.
Nel terzo set della passeggiata letteraria si è parlato di "Domenico Alberto Azuni, giurista e magistrato del Regno di Sardegna e del Primo Impero francese, nato a Sassari nell’attuale via Duomo (all’epoca via Santa Chiara). A parlare di lui e delle sue gesta poco apprezzate dai concittadini è stato Eugenio Cossu. ’Quanti sanno - ha chiesto retoricamente - che Azuni oltre a essere una statua nella omonima piazza e di aver dato il nome al liceo classico dove hanno studiato Segni, Cossiga, Togliatti e Berlinguer è stato avvocato, prima a Sassari e poi a Torino e quindi intendente generale della città di Nizza dove fu nominato senatore? E quanti ricordano che la sua opera più important fu il ’Sistema universale dei principii del diritto marittimo di Europa’, tradotta anche in francese e in inglese, a Filadelfia? Capito? Un sassaresu naddu in Santa Giara ha posto le basi per i codici di navigazione di gran parte degli stati del mondo. Ed eddu, forse, no’ era mai mancu faraddu a la marina di Sossu’.
Oggi il festival letterario proseguirà sulla terrazza del mercato civico di Sassari: tre gli appuntamenti di giornata, fra laboratori per bambini, reading e proiezioni cinematografiche. Si parte alle 20 con un laboratorio didattico di Giorgia Atzeni sulle alle arti visive dedicato ai piccoli tra i 6 e i 9 anni. Alle 21, per lo spazio ’I reading di Sulla terra leggeri’, l’attore Carlo De Ruggeri, noto al grande pubblico per il personaggio dello ’stagista muto’ interpretato nella serie televisiva Boris, sarà primo attore sulla scena con la sua lettura-spettacolo ’Tranquillo prof, la richiamo io’, esperienza in parole e sorrisi tratta dal libro dello scrittore-insegnante Christian Raimo. Alle 22 si spegneranno le luci sulla prima serata sassarese e, contemporaneamente, partirà la proiezione del film ’Scialla!’ (Stai sereno), opera del regista Francesco Bruni che dopo il grande successo ottenuto sugli schermi d’ogni dimensione sarà proiettata in piazza del Mercato Civico. Le giornate sassaresi saranno animate da appuntamenti quotidiani, serali e mattutini, che scandiranno i tempi del festival.
La mattinata scorrerà via fra rassegna stampa culturale, brevi lezioni popolari e colazioni con gli autori. Di sera, invece, tutti al mercato civico ad ascoltare fiabe, storie, storia e racconti con grandi autori e personaggi ad alternarsi sul palco.
Domenica 24 dicembre 2017
Una Rete e un banco di prova
Il Comune di Sassari punta sul turismo. Questa in teoria una buona, anzi un'ottima, notizia.
di Daniela Scano
Il Comune di Sassari punta sul turismo. Questa è in teoria una buona, anzi un'ottima, notizia. Saranno le prossime mosse dell'amministrazione comunale, infatti, a far capire se la bella teoria può davvero diventare pratica quotidiana. Questa scommessa sul turismo è il primo vero banco di prova della rete metropolitana.
è dai tempi di Oreste Pieroni, il sindaco che negli anni Cinquanta inventò 'letteralmente, anche nel nome' Platamona, che gli amministratori sassaresi non guardano con il dovuto interesse dalla finestra vista mare di Palazzo Ducale. E dire che, a parte la mitica Rotonda nata dalla visionaria fantasia di Pieroni, la città capoluogo ha luoghi di eccezionale bellezza da valorizzare: Porto Ferro, l'Argentiera, Porto Palmas. Gioielli di acquamarina e smeraldo incastonati in paesaggi mozzafiato. Luoghi però generalmente trascurati anche nella ordinaria manutenzione. Ecco perchè il piano per le 'zone F' è una buona notizia, ma è anche un banco di prova.
Infatti non basta aprire la strada ai privati se non c’è, oltre alla opportunità di costruire alberghi, anche un progetto da proporre, una visione turistica da offrire, un’idea in cui credere e far credere. In quel mare cristallino bisogna lanciare una rete e non deve farlo il Comune di Sassari, che da solo non può andare da nessuna parte. Perchè il turismo diventi una concreta realtà per il territorio, infatti, occorre che il territorio sappia fare rete. Fino a oggi non c’è riuscito e in questo è paradigmatica la storia di Platamona.
Sassari, con i suoi cinquecento metri di spiaggia, condivide con i Comuni di Sorso e di Porto Torres un litorale urbano che potrebbe diventare una delle principali ricchezze di questa parte della Sardegna. I sindaci dei tre comuni non sono riusciti, fino a oggi, a sedersi intorno a un tavolo per concordare una strategia comune di sviluppo. Li chiameremo noi a parlarne davanti ai loro cittadini.
Venerdi 20 aprile 2018
Quel 18 aprile che segnò trent'anni di potere della Dc
Io me lo ricordo quel 18 aprile. Chiamato così, senza neppure aggiungere l'anno, tanto fu appassionato e perfino drammatico
alla vigilia, sconvolgente nel risultato. E infatti da l“ ci toccarono trent'anni di Democrazia cristiana.
A casa mia fu qualcosa a metà fra la tragedia e la commedia. L'unica a poter andare alle urne fu mia madre; mio padre, che aveva finito
la carriera di piccolo gerarca fascista al gradino pi basso, nella comoda epurazione fu anche escluso dall'elettorato attivo.
Così mia madre risultò la sola partecipante a quella festa nazionale. Quindi per noi ragazzi era la fonte delle notizie sull'evento.
Le chiedevamo per chi aveva votato, si schermiva ripetendo come una salmodia che il voto era segreto. Noi ribattevano che il voto era
segreto se uno non voleva rivelarlo, sennò divieti d'altro tipo non ce n'erano. Sapevamo che aveva votato per il nascente Movimento
sociale (del resto le carte prefettizie di quegli anni danno mio padre come fondatore della prima sezione del Msi a Sassari, il che non
risulta da nessun'altra fonte).Il simbolo sulla scheda lo chiamavamo, come in tutta la Gallura, "lu scagliuffeddu", il carciofino,
tanto gli somigliava la fiammella in cui si arrotolava la bandiera tricolore ("fiamella", dicevano anche da qualche parte).
A quelle elezioni Sassari risultò una sorta di Vandea dell'Italia centrale e meridionale: in provincia rastrellò il 56,2 per cento,
il sindaco Oreste Pieroni si era detto convinto a ricandidarsi dallo Spirito santo.
(Per dire: in provincia di Cagliari il 48, 3 per cento, in quella di Nuoro il 51,3). Noi leggevamo ardentemente il "Candido" di Guareschi,
che aveva inventato l'immortale slogan "Nel buio della cabina Dio ti vede Stalin no).Se avesse potuto vedere chissà se "Baffone"
si sarebbe accontentato: la provincia pi rossa risultò Cagliari, con il 24, 2 per cento.
I sardisti, che alla fine della guerra risultavano se non il primo (a stare a qualche rapporto dei carabinieri) certo il secondo partito
dell'isola, a Sassari ebbero un debolissimo 3,6 per cento (si consolarono con il 20 per cento nuorese).
In tutta l'isola il Msi ebbe il 2,8. Pochi spiccioli per il partito repubblicano, che pure portava in lista donna Clelia Garibaldi.
Ma la faccia di Garibaldi era l'emblema della lista "comunista": non c'era comizio che la vecchia signora (81 anni) non li rimproverasse
di avere "sequestrato" suo Padre.
Lunedì 14 maggio 2018
Dagli anni d'oro di Nilla Pizzi alla ruggine di oggi
La storia dello stabilimento balneare costruito nel 1956 sull’onda dell’entusiasmo del sindaco Pieroni
di Salvatore Santoni
SORSO. Seimila metri cubi di ferro e calcestruzzo piantati nel cuore di Platamona, sbriciolati dalla salsedine e insabbiati nei ricordi.
Questo è il presente del lido Iride. Costruito nel 1956 dal commendatore Sebastiano Pani in quella Platamona voluta
dal sindaco sassarese Oreste Pieroni - infrastrutturata anche grazie al sorsense Salvatore Cottoni -
il lido chiuse i battenti nel 1987. Cio dopo trentanni di boom che consegnarono Platamona alla storia come il simbolo della piccola
borghesia sassarese che cominciava a crescere. E che al mare si gustava gli spettacoli animati da Nilla Pizzi, Tony Renis e Teddy Reno.
Oppure di Mike Bongiorno, Marisa Del Frate e Claudio Villa.
Dopo qualche anno di incertezze arrivò Luigi Silanos. Lui fino a oggi è l'imprenditore che pi di tutti gli altri si è avvicinato al
rilancio del compendio balneare. Agli inizi degli anni ’90 aveva partecipato alla gara per l’assegnazione della struttura con un progetto
ambizioso che prevedeva cinque miliardi di vecchie lire di investimenti e una serie di novitˆ che promettevano di riportare la struttura
balneare a essere la perla della costa. Ma proprio mentre tutto sembrava girare bene, dopo 300 milioni di attrezzature acquistate e
pronte per essere utilizzate, sull’imprenditore piombarono una serie di disgrazie che lo seppellirono insieme ai sogni di rilancio della
fascia costiera di Sorso ma molto amata anche dai sassaresi. Da quel giorno Platamona ha cominciato una traversata nel deserto che continua
tuttora. Una maledizione che da trent’anni ha creato un vuoto affettivo ed economico occupato dal degrado e dalle macerie di una struttura
abbandonata al proprio destino.
A un certo punto, nel 2010, il Comune di Sorso - nei cui limiti territoriale sorge l'area di proprietˆ dell'Agenzia del demanio -
lanciò un concorso di idee internazionale che accorpava una finanza di progetto, con la quale coinvolgere i privati a ridisegnare
il nuovo look del lido facendolo diventare un centro benessere, e un progetto di rilancio dell'intera fascia costiera finanziato dalla
Regione con 9 milioni di euro. Il concorso fin“ impugnato davanti al Tar dal secondo classificato. Il Comune riprovò quindi a riqualificare
il compendio balneare nel 2012. Trascorse un altro anno tra proroghe e tentennamenti, ma alla fine arrivò un’offerta che per˜ venne esclusa
perchè non rispettava le prescrizioni del bando.
La svolta è arrivata nei mesi scorsi quando la Regione ha pubblicato un bando fuori dagli schemi che ha però centrato l'obiettivo:
individuare un nuovo gestore a cui affidare la struttura. A spuntarla è stata la terza classificata, dopo che il Tar ha dovuto rioccuparsi
dell'Iride. Si tratta di una Srls che controlla una cartoleria in piazza Mazzotti, a Sassari, ma che a sua volta controlla da
imprenditori che operano nel settore dell'accoglienza dei richiedenti asilo. Ora il sogno del rilancio dell'Iride e di Platamona
nelle loro mani.
Sabato 19 maggio 2018
Cavalcata Sarda, la sfilata nata per omaggiare il Re è diventata una festa del popolo
La prima edizione fu in occasione della visita ufficiale nell’isola di Umberto I nell’aprile del 1899. A farla rinascere in epoca moderna l’indimenticato sindaco Oreste Pieroni nell’estate del 1951
di Alessandro Ponzeletti
SASSARI. La Cavalcata Sarda è la festa laica della Sardegna, una imponente sfilata di gruppi a piedi e a cavallo composti da uomini e donne provenienti da numerosi paesi e
città della Sardegna che sfilano in maniera ordinata e coreografica per permettere di ammirare a sardi e turisti la bellezza e la ricercatezza dei vestiti di un tempo,
i costumi dalle fogge originali, dagli elaborati gioielli, dai colori accostati con brio ed eleganza, creando un corteo che trasmette indubbiamente un fascino, una vera carica
emozionale che annualmente, la penultima domenica di maggio, Sassari offre alla Sardegna e a tutti i visitatori che si assiepano lungo il percorso.
La Cavalcata Sarda, intesa in senso moderno, con questa logica di "sfilata per rendere omaggio", nacque il 19 aprile 1899, quando a Sassari venne in visita ufficiale Umberto I Re
d'Italia e la sua consorte, la Regina Margherita. I Reali giunsero per l'inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II posto al centro di piazza d'Italia.
Fu fatta coincidere, questa inaugurazione, con la programmata visita in Sardegna del Sovrano d'Italia. Per l'inaugurazione fu allestito un monumentale palco (legno, cartapesta,
tricolori) che occupò l'area oggi dedicata alle tribune per il passaggio della Cavalcata moderna in piazza d'Italia. Ma quella prima Cavalcata passò in piazza d'Italia?
Stando a Enrico Costa essa si svolse ai Giardini Pubblici: fu chiamata "Esposizione dei costumi sardi" e vi presero parte 200 donne in vari costumi di centri sardi schierate
entro dei palchi e ben 600 cavalieri sfilanti davanti ai Reali con in groppa ognuno una compagna. I Reali gradirono veramente questo spettacolo: colori, fogge e gioielli di vari centri grandi e piccoli.
Di quella memorabile sfilata resta una breve pellicola dei Lumiere, accorsi per l'occasione, mostrante alcune coppie a cavallo. Nota di Gossip a margine: all'epoca il matrimonio
tra Umberto e Margherita era logorato e di fatto si sorreggeva sull'apparenza e la ragion di Stato: così appare dal diario del Farini (allora Presidente del Senato) dove si sostiene
che il Re non venisse meno ai riguardi formali dovuti a sua moglie e agli obblighi della vita rappresentativa, ma nulla di pi... non le comunicava nemmeno i progetti di visite
ufficiali ed infatti il 12 marzo 1899 Margherita dichiarò di "nulla sapere fin qui di positivo" sul viaggio in Sardegna, mentre Umberto aveva già stabilito il programma.
Margherita assistette alla Cavalcata in un elegante abito color tortora, e in un palco a lei sola destinata, non con il Re... Dopo quel 1899, la Cavalcata fu "replicata" come omaggio
ad altre due sole visite dei Reali nel 1929 e del Principe ereditario nel 1939.
La Cavalcata Sarda in senso moderno vide la luce ai primi di giugno del 1951, merito dell'indimenticato sindaco Oreste Pieroni.
Dal 1951 la Cavalcata assunse un carattere di valorizzazione turistica, diventando un appuntamento fisso con il folclore. In quel 1951 la Cavalcata venne organizzata per omaggiare
i delegati del XV Congresso Nazionale del Rotary ad opera e spese del Comune di Sassari, della Provincia (attraverso l'Ente provinciale per il Turismo - EPT) e della Regione Sardegna.
Furono chiamati gruppi provenienti principalmente dalle province di Sassari e Nuoro.Da allora, la Cavalcata fu rinnovata annualmente, fissando la data alla penultima domenica di maggio
e divenendo per Sassari una sfida organizzativa sempre ben superata. Se il percorso della Cavalcata nello scorrere delle edizioni è mutato in alcune occasioni, punto fisso è stato il coinvolgimento di numerosi gruppi
etnografici di paesi e città della Sardegna e giusto compenso il plauso ricevuto dagli spettatori sardi, italiani e stranieri.
Mercoledì 25 luglio 2018
Lido Iride, grandi eventi per far rivivere un sogno
Nulla pi di questi seimila metri cubi di ferro e calcestruzzo piantati sul golfo dell’Asinara, sbriciolati dalla salsedine e insabbiati nei ricordi, raccontano la storia di Platamona. Echi di...
Nulla pi di questi seimila metri cubi di ferro e calcestruzzo piantati sul golfo dell’Asinara,
sbriciolati dalla salsedine e insabbiati nei ricordi, raccontano la storia di Platamona.
Echi di successi che dal passato arrivano fino ai ruderi del presente.
Sono quelli del lido Iride, lo stabilimento balneare che fu fiore all’occhiello di un
territorio capace di calamitare attenzioni. Ma ora tra le macerie fronte mare è nata una
piccola oasi, un brulicare di speranza cominciato lo scorso mese di giugno.
Lêobiettivo è soltanto uno: la rinascita. Che passa attarverso quattro grandi eventi.
Il primo va in scena sabato prossimo: il concerto di Bianca Atzei.
Costruito nel 1956 dal commendatore Sebastiano Pani in quella Platamona voluta dal sindaco
sassarese Oreste Pieroni - grazie anche al sorsense
Salvatore Cottoni, che è stato assessore regionale al Turismo e poi sottosegretario ai
Trasporti - il lido chiuse i battenti nel 1987. Cioè dopo trent’anni di boom che consegnarono
Platamona alla storia come il simbolo della piccola borghesia sassarese che cominciava a crescere.
E che al mare si gustava gli spettacoli animati da Nilla Pizzi, Tony Renis e Teddy Reno.
Oppure di Mike Bongiorno, Marisa Del Frate e Claudio Villa.
Da quel giorno Platamona ha cominciato una traversata nel deserto infinita. Fatta di miraggi continui di una rinascita mai acciuffata per davvero. Oggi, invece, l’agonia sembra superata. La svolta è arrivata nei mesi scorsi quando la Regione ha pubblicato un bando fuori dagli schemi che ha però centrato l’obiettivo: individuare un nuovo gestore a cui affidare la struttura.
La data della chiusura del cantiere (2020) è stampata ovunque, sulle locandine e gli inviti, nella scenografia. Il primo segnale è il cambio di look, con le tende bianche a celare il degrado. In spiaggia, invece, è stata posata una lunga passarella in legno studiata per accogliere comodamente anche i clienti disabili, e tre chioschi attrezzati di bar, cucina, gelateria e tutto quello che ci si aspetta per trascorrere una giornata o una sera di fronte al mare. Ci sono anche i bagni, le docce e un’infermeria. E nella zona antistante al corpo centrale dell’Iride, dove un tempo c’era una piscina, è stato allestito un salotto con divanetti e ombrelloni, e un palco per concerti ed eventi.
Il vecchio lido rimarrà in piedi fino al 2019, poi cominceranno le operazioni di demolizione (totale) e quelle di ricostruzione. Il progetto sarà svelato a settembre e la ditta che si è aggiudicata la gestione, la Spf multiservizi Srls di Sassari, farà un investimento complessivo di circa tre, forse anche quattro, milioni di euro. La nuova vita dell’Iride riparte dal basso. Lo spirito dei gestori è di riportare il sorriso a Platamona con una serie di eventi mirati per ogni tipo di pubblico e clientela. Le cucine pronte a servire men giornalieri per tutte le tasche: sarà dunque un Iride popolare, che offre grandi eventi con cena annessa a prezzi contenuti. Il direttore artistico è Umberto Graziano,
frontman del gruppo comico Tressardi. Lui sta lavorando a un cartellone degli eventi che si aggiorna di ora in ora.
Il patron Pierpaolo Cermelli l’aveva detto fin da subito: «Porteremo nomi importanti del panorama musicale nazionale». E cos“ è stato: si comincia da sabato.
Venerdì 28 settembre 2018
Via Oreste Pieroni, nasce uno strano caso sui confini
La strada intitolata all’ex sindaco creatore di Platamona è nel comune di Sorso Ma nelle targhe c’è lo stemma di Sassari. Il pd Roggio chiede lumi a Morghen
SORSO. Se non ci avesse già pensato qualcun altro, su questa storia ci sarebbe da scrivere una canzone. Uno di quei pezzi che affollano il tempio della sassareseria, rigorosamente in dialetto e da schitarrare durante le ziminate. Con la consapevolezza che, per una volta, la leggenda del passaggio di mano di Platamona ha fondamenta più solide. Questa volta al centro non di una compravendita ma di uno scippo ci sarebbe via Oreste Pieroni. Ne è convinto un consigliere comunale di Sorso, il vicecapogruppo del Pd Michele Roggio, che ha tirato fuori qualche prova concreta e chiesto al suo sindaco di chiarire una vicenda molto particolare.
Dal punto di vista istituzionale si tratta di un’interrogazione con richiesta di risposta scritta «sul mancato rispetto dei confini amministrativi lungo la strada “Via Oreste Pieroni”». Una zona che sulla mappa degli affetti è annessa al patrimonio dei sassaresi, ma in quelle ufficiali è saldamente inserita nei confini territoriali del Comune di Sorso. Tutto è nato dalle tre targhe, quelle che indicano via Pieroni: una si trova all’incrocio con la strada provinciale che porta alla Rotonda e le altre due più avanti, fino alla gelateria di Ernesto. “Oreste Pieroni - Sindaco di Sassari” recita l’iscrizione. Niente di strano, dato che stiamo parlando di Platamona. E potrebbe tranquillamente essere stato il Comune di Sorso a rendere omaggio a uno dei padri della località balneare. Ma la cosa non risulta da nessuna parte. Tra l’altro sulle targhe c’è stampato anche un altro dettaglio, che invece manca in tutte le altre sparse nelle vie di Sorso: lo stemma del Comune di Sassari.
Apriti cielo. Il consigliere Roggio si è presentato all’ufficio Urbanistica per acquisire la cartografia ufficiale e ha chiesto lumi anche alla Polizia locale. «Si evince manifestamente - scrive il consigliere nell’interrogazione al sindaco - che il territorio di Sorso confina con il territorio del Comune di Sassari in località “Platamona” includendo interamente l’attuale strada titolata “Via Oreste Pieroni” all’interno del territorio amministrativo del Comune di Sorso».
Scartabellando i documenti, il consigliere ha ritrovato anche un’ordinanza del Comune di Sassari che il 3 agosto scorso ha disposto di chiudere il traffico in vista dei fuochi d’artificio del 16. Una situazione paradossale, dato che la strada ricade nel Comune di Sorso. Il consigliere ha anche recuperato una vecchia ordinanza con il cui nel 2001 Sorso regolava il traffico in zona Rotonda in accordo con Sassari. Documento che però non è mai stato ratificato da giunta o consiglio comunale e che quindi non può aver prodotto una modifica dei limiti territoriali (che tra l’altro è una cosa molto complicata da attuare). Ecco quindi la necessità da parte del consigliere Roggio di chiedere un chiarimento al primo cittadino, Giuseppe Morghen, per conoscere se «è a conoscenza dell’ordinanza promossa dal Comune di Sassari, tesa a vietare
il giorno 16 agosto la circolazione stradale in territorio del Comune di Sorso» e per conoscere «i motivi per i quali non si è provveduto alla richiesta di chiarimenti e/o di rimozione delle targhe, essendo le stesse resistenti all’interno del territorio comunale di Sorso».
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