VEDI LA PAGINA
E in quella stessa pineta cominciavano a costruirsi le prime villette, immerse fra gli alberi che suscitavano le invidiuzze dei bagnanti che vedevano i "signori" godersi il fresco sulle sdraio, gustando una bibita, magari impegnati in una partita a mariglia. Poi, proprio nella via Degli Oleandri altre villette su un promontorio (c'è ancora!, ndc) una villetta dove abitava il dottor Ceccaro, segretario generale del Comune di Sassari. Poco più in là, nel bel mezzo della pineta, in terreno degradante, la villetta del gioielliere Giuseppe Fiori che aveva il suo esercizio in via Cavour, una delle gioiellerie più note della città. Nel frattempo era sorto il primo lido della spiaggia, quello di Montalbano, molto popolare, molto frequentato, molto organizzato. Veniva anche aperto un grande bar (oggi e da più di trent'anni ristorante "da Ernesto", ndc) gestito da una famiglia che in via Sorso, proprio all'ingresso, conduceva una sorta di bettola frequentata soprattutto dai commercianti del Civico Mercato. Di fronte a quel bar di Platamona vi era la bella villa del professor Pasca dove si riunivano diverse famiglie. Accanto una edicola di Giornali e un piccolo ufficio del Banco di Sardegna.
Si va a memoria nello stendere queste note. I riferimenti hanno più il ricordo delle esperienze vissute piuttosto che il rigore del ricercatore, dello storico. Ma tutto serve per coltivare la presunzione di scrivere la storia di Platamona. Perché quella è anche la storia di Sassari, almeno da cinquant'anni a questa parte. E quando i sassaresi capirono quale paradiso avessero scoperto cominciarono a pensare anche ad abbandonare le "tende di lenzuola per costruire i "casotti". Ricordate? Uno dei primi fu proprio quello di Oreste Pieroni che nel frattempo aveva anche costruito la sua villetta ben frequentata oltreché dalla "tribù" dei Pieroni da personaggi importanti della città. È proprio di questi mesi la destinazione a bar di quella villetta che avrebbe dovuto invece essere tutelata a ricordo di quel grande sindaco. I "casotti" si moltiplicavano soprattutto nella parte dove sorgeva il Lido di Montalbano alle spalle del quale il boschetto accoglieva frotte di ragazzi che facevano campeggio con tende improvvisate, con pochi mezzi e con frequenti incursioni fra i "casotti" dove c'era sempre qualcuno ben disposto ad un invito a pranzo o a cena. E quei ragazzi trascorrevano 'intera estate e spesso le famiglie non sapevano dove fossero finiti.
Non accadeva nulla di strano risse o episodi negativi non turbavano la vita al mare. Le signore facevano rientro in città ad inizio di settimana per le provviste. Stracariche di borse nailon di ogni ben di Dio, sudate sino all'inverosimile si accalcavano nei pullman della Pani, un fastidioso pigia-pigia che non smorzava il piacere di esserci, di dire: vado in città per tornare subito a Platamona e godermi il sole. Quelle massaie governavano la famiglia e la spiaggia, i figli e i mariti che rientravano da Sassari dopo una giornata di lavoro, quando non erano in ferie.
E la notte, la notte era tutto un canto. con e colpi di chitarre, vino e allegria tutti uniti, padri, madri e figli fino alla stanchezza, al calar delle palpebre, al sonno.
Mentre le famiglie riposavano c'era chi non si arrendeva e continuava a percorrere la spiaggia cantando a squarciagola. Erano "greffe" di "accudiddi" o "biddincuri" (gente dei paesi, ndc) che chiudevano la notte, sbronzi, sulla spiaggia. Era uno spettacolo, al mattino, quando i sassaresi facevano il primo tuffo. Al loro vociare lì "biddincuri" si svegliavano e anch'essi ci "bagnavano". Finivano poi al bar, classico, no?
E' uno spaccato, tutto questo, di cos'era allora Platamona. Un vastissimo orizzonte di speranze per esorcizzare il dopoguerra che tanti dolori aveva procurato anche ai sassaresi. Una rinascita anche della città nata dalla lungimiranza di Oreste Pieroni, autentico primo cittadino che non si ingegnava soltanto per rispolverare Sassari ma guardava al suo futuro, mettendo in essere atti concreti, senza tanti giri di parole, con un piglio deciso ed una apertura al dialogo che sviluppava in Comune coi suoi collaboratori ai quali trasmetteva quel pizzico di entusiasmo utile per bene operare a favore dei cittadini. E nella mente di Oreste Pieroni era di botto fiorita quell'intuizione formidabile di sviluppare la città verso Porto Torres. Diceva, quel sindaco, che il futuro di Sassari era legato a Porto Torres, a quel porto turritano naturale traguardo dell'imprenditoria (allora manco nata, se si eccettua la forte presenza degli orti che circondavano la città, ndr) che doveva cominciare a muoversi in quella direzione. Non fu capito, Pieroni, perché la città non disponeva di personaggi alla sua altezza di gente altrettanto motivata a costruire il futuro.
Ancora oggi, di tanto in tanto, si riparla di quel progetto ma al solito, si tratta di parole. E la città, come si sa, si è sviluppala in tutt'altre direzioni. E Platamona oggi sta rinascendo. Ma il sindaco Nanni Campus, che progetti ha per il cinquantenario?
di Enrico Porqueddu
PROGETTO' LA STRADA CHE CONDUCE AL MARE |
VEDI LA PAGINA
Il cravattino gli da quel tocco sofisticato che avevano i gentiluomini di altri tempi. Ma lui, per quanto abbia ben 75 anni è completamente calato nella realtà di oggi: vivacissimo, con una parlantina intrigante, con qualche piccolo vuoto di memoria che recupera quasi subito. Nello Galleri, il geometra, pardon, il dottore Nello Galleri, è uno dei più attendibili testimoni della nascita di Platamona, uno che ha conosciuto molto bene Oreste Pieroni "il Sig.' Pieroni" come lo definisce nella lunga intervista in redazione, e ha ben conosciuto quel mitico sindaco perché ne è stato dipendente, avendo lavorato all'ufficio tecnico comunale fin da giovanissimo e oggi è. giustamente, pensionato.
Ha conosciuto la Sassari di una volta. quella che ai suoi tempi era minuscola, con stradacce, stradine vicoli e vicoletti. «I miei sono ricordi che datano ben prima che il signor Pieroni diventasse sindaco e scoprisse Platamona. Prima si chiamava "Abbacurrente" e si andava a fare i bagni arrivandoci in "bricichetta". ricordo una vecchia fonte dove si andava a bere, situata in una specie di viottolo che stava più o meno nella tenuta agricola della famiglia Solinas, sul promontorio che ancora oggi si vede dalla spiaggia. Proprio da quel viottolo si amava ad i Abbucurrente'· quasi vicino all'antica torre aragonese. Noi ragazzi si andava in bicicletta ma molti sassaresi che amavano il mare vi si recavano a bordo di 'lu barrocciu" (un carro). Arrivati nella spiaggia mettevano il carro con le stanghe per aria, piazzavano dei teloni per ripararsi dal sole. Si trattava. in prevalenza. di vecchi ortolani che coltivavano il tabacco. In quei teloni campeggiava una scritta. "Agenzia tabacchi". Non capivo all'inizio il significato di quei i a scritta aggiunta alla quale ve n'era un'altra "Zegovinia·'. Che cosa significasse l'ho capito più in là. Significava più semplicemente Erzegovina.
All'epoca infatti il tabacco veniva importato dalla Jugoslavia o attraverso I'Agenzia dei tabacchi veniva dato ai contadini che lo coltivavano. Occorreva, a raccolto finito, contare una per una le foglie di tabacco e il compito lo svolgevano e li specialisti quali ricordo un certo Federico Oggiano, ottimo atleta, fra I'altro Non sbagliavano mai il conto!».
In che anni siamo, fine '40?
«No. molto prima. Negli anni '40 io ero già mannu. Molto prima. lo sono del ventisei... Insomma questi contavano le foglie e io poi le ricontavo. Mai che facessero un errore!».
Ricorda il primo incontro con Oreste Pieroni?
«Il primo incontro non è stato per niente bello! Lui aveva l'abitudine di andare a controllare i lavori che si facevano in città. Nel '46 ero assistente nei cantieri e allora ve ne erano aperti diversi e le strade furono rimesse in sesto subito dopo la guerra. Non si potevano costruire strade nuove, si interveniva con i rattoppi in quelle esistenti. I primi lavori sono stati effettuati In corso Regina Margherita. Poi viale Italia. L'impresa era di Cagliari "Durzu & Manovella" Il signor Pieroni personalmente non lo conoscevo. non sapevo che fosse il mio sindaco. Lui si avvicinava e chiedeva: "Scusi, questo è catrame". No, rispondevo, questo è bitume. E lui: "Lei bada che la quantità sia sempre esatta?". Certo, ci bado, rispondevo perché devo sapere quanti chili vanno in ogni buca. E il sindaco passava tutti giorni e tutti i giorni le stesse domande! Un giorno ho sbottato e gli ho detto: per cortesia non mi chieda sempre queste cose: le ho risposto! Credo che se l'abbia legata al dito, perché ho aggiunto che avevo da lavorare!».
Quindi lei ancora non sapeva con chi parlava, non sapeva che era il sindaco. Era strano per un dipendente comunale.
«Esatto. Poi me l'ha fatta pesare. Un giorno stavamo lavorando nell'allora viottolo Padre Manzella, non ancora strada. In quella zona praticamente si gettavano i rifiuti, materiale di risulta, praticamente una discarica... »
In che modo il sindaco le fece pagare quella sua battuta: "ho da lavorare!"
«Il signor Pieroni passò, in quella strada e vide che alcuni stradini erano appoggiati alla pala e di certo pensò che quelli non stessero lavorando.
Deve aver visto anche me, perché io la squadra non l'abbandonavo mai. In sintesi il lavoro si svolgeva così: si spalava. si caricava il carro e si attendeva che tornasse. Nel frattempo, proprio in attesa del carro si preparavano altri mucchi e c'era sempre un momento di pausa. II sindaco Pieroni è tornato in ufficio e il giorno dopo quando ho ripreso il lavoro in Comune l'ingegner Pisano mi ha detto che il sindaco voleva parlarmi. Intanto aveva licenziato tre stradini. Sono andato nell'ufficio del primo cittadino e ho spiegato come si svolgeva il lavoro e lui: "Lei non era lì!". Certo che ero lì, dissi. Mi permetto di dissentire. E l'ho anche vista signor sindaco. "Perché non mi ha salutato?", mi chiede lui. Perché non sapevo che lei fosse il sindaco... "Come?, lei dipendente comunale non conosce il suo sindaco? Si dovrebbe vergognare!", disse tutto d'un fiato. Mi dispiace, dissi, io non la conoscevo, la vedo adesso come sindaco. Insomma, mi fece una vera lavata di testa.
ABBIAMO INTENZIONE DI FARE LA STRADA PER PLATAMONA |
VEDI LA PAGINA
Mi licenziò con un: "Avrà notizie". Morale della favola: i licenziati furono riassunti ma il signor Pieroni tolse loro tre giorni di paga. A me ha tolto lo stipendio di quindici giorni. Prendevo al mese, 5.600 lire...».
Torniamo a Platamona...
«Una mattina L'ingegner Pisano viene a prendermi a casa e con la sua macchinetta assieme al geometra Paolo Spano (di recente scomparso, ndc) e ci condusse lungo la vecchia strada di Porto Torres, verso Ottava. blocca l'auto, tira fuori una vecchia carta catastale e dice: "Abbiamo intenzione di fare la strada per Platamona. Vedete un po', date un'occhiata, poi si vedrà" Ci ha piantati lì ed è andato via aggiungendo: "Verrà qualcuno a riprendervi". Con Paolo Spuno, molto sorpresi, ci siamo chiesti, che cosa facciamo? Abbiamo fatto una passeggiata dentro le campagne, per Platamona ci volevano tre-quattro chilometri. Percorrendo i viottoli, passeggiando siano arrivati a Platamona. In un fabbricato che era di proprietà della famiglia Campa, proprietaria anche dello stagno, poi venduto al Comune di Sassari, abitava un certo Rapili, forse un vecchio federale, eravamo nel '48, con due figlie e un figlio più la moglie. Le ragazze erano una bionda e l'altra bruna. Ragazze che stavano tutto II giorno In costume a due pezzi. Per noi ragazzi vedere a quel tempo ragazze in costume a due pezzi era un sogno. Sgranavamo gli occhi! In quella occasione abbiamo spiegato che dovevamo aprire la strada per Platamona. Ne furono molto contenti tornammo in città a bordo di un motocarro Guzzi del Comune. Abbiamo iniziato a tracciare la strada. Quella che percorriamo ancora oggi. Assieme a noi, tre operai, gente uscita di galera che veniva inviata al Comune che era costretto a dargli lavoro. Trascorrevano il tempo a bisticciare: due erano piccolini di statura, I1 terzo, alto e grosso. Non avevano nemmeno da mangiare, tant'è vero, e lo scopri più tardi, che si arrangiavano, entravano nella carciofaia della famiglia Solinas e facevano razzia di carciofi. E così. Metro dopo metro modifica dopo modifica abbiamo aperto la strada»
E la rotonda, anche quella avete progettato voi?
«Beh, prima della rotonda abbiamo costruito la casa del custode, il signor Campus, tuttora vivo, che ci stava con lutti i figli. A questo signor Campus era stato dato l'incarico dal signor Pieroni di costruire dei servizi igienici nella pineta. Servizi che comunque non sono mai andati avanti».
Torniamo alla rotonda...
«Sì. L'abbiamo costruita, prima un po' più piccola e poi com'è adesso. Abbiamo costruito il primo fabbricato comunale, per la polizia urbana, L'ambulatorio che era piaciuto tanto all'architetto Simon che amava lo stile spagnoleggiante. Contemporaneamente si costruiva il complesso balneare del lido di Sassari, a cura del Gruppo Setti, un'impresa specializzata che, mi pare, provenisse da Riccione. II gestore proprietario del Lido di Sassari era il cavalier Mario Mura che lo gestì per diversi anni. Chi organizzava il lido era un certo signor Dante, un omone alto un metro e ottanta che era il più... basso di tutti i fratelli che... facevano i corazzieri. Dante non aveva bisogno di mettere le pinne, quando faceva il bagno, perché aveva al posto dei piedi due grandi... ciabatte!»
».
Quali altri iniziative prese il "signor Pieroni"?
«Per attirare i sassaresi penso bene di deliberare la costruzione di villette massimo ottanta metri quadri. "La gente può abitarci e trascorrere il periodo estivo al mare", disse».
E i collegamenti, i pullman?
«Ci arrivo subito. Un certo Mutton aveva avuto, mi pare, nel 1940 L'appalto per i primi tram di Sassari ma poi, venuta la guerra, non se ne fece niente. E dopo il conflitto lo stesso Mutton diede vita al primo servizio di pullman che collegava Sassari ad "Abbacurrente". prima quindi che diventasse Platamona...».
IL PRIMO SERVIZIO DI PULLMAN LO ISTITUI' LA DITTA MUTTON |
VEDI LA PAGINA
Quindi, per quanto riguarda il servizio tranviario cittadino non fu Giovanni Sebastiano Pani a dargli vita?
«Sì, invece. Se non ricordo male. il servizio tranviario di Sassari è nato nel '52 ad opera proprio di Pani. Mutton pur avendo vinto l'appalto, nel '40 non poté realizzarlo»
E anche in discussione allora la paternità di
Pieroni come "inventore" di Platamona?
«Amministrativamente parlando è stato il signor Pieroni
a sviluppare quella zona. Mutton con fece il servizio di collegamento molto prima».
Poi Pieroni ad un certo punto dice che siccome tutto quello che noi facciamo
in terra viene suggerito da Qualcuno che sta Lassù, a Platamona ci vuole anche un luogo di culto, che fa?
«Pensa che bisogna costruire un'edicola per ricordare
Platamona e ricordare anche L'arcivescovo Mazzotti al quale lo legava una profonda amicizia. Decide di bandire un concorso interpellando
l'architetto Vico Mossa e l'architetto Simon. Ho chiesto se come ufficio tecnico del Comune potevamo anche noi partecipare.
II nostro capo ufficio, geometra Modestino Cau mi disse: "Ho Chiesto a Oreste (Pieroni) e ha risposto positivamente".
Mi son messo a lavorare e ho fatto due progettini. Uno è quello ch'è stato realizzato e l'altro era un pochino ... così. Era il 1954. La statua della Madonna che campeggia sull'altare
è stata portata a Sassari da monsignor Loriga che all'epoca era parroco di San Nicola. Avevo qualche riserva nel costruire L'altare sulla sabbia. Mi venne in soccorso l'ingegner Tassi che fece i calcoli
del cemento armato. interessando anche il professor Tavolara e il Ceramista Giuseppe Silecchia».
Mi dica un po': perché il concorso lo vinse lei? Ci fu qualche "aderenza" politica?
«No, no! E' stata una cosa molto solare, alla luce del sole. Semplicemente ero il migliore».
Abbiamo una data sulla nascita di Platamona,
il 16 agosto del '51, a lei risulta?
«Guardi, se corrisponde alla data incisa sulla targa firmata dal sindaco Pieroni e visibile sull'ala votiva,
forse ci siamo... Ma siccome L'altare fu eretto nel '54, la data dell'inaugurazione di Platamona non può essere quella. Subito dopo per esempio, costruii
la sede del Banco di Sardegna, proprio a due passi dalla rotonda. Perché il signor Pieroni diceva: "Tutti questi signori che vivono a
Platamona devono poter usufruire di questo sportello lo per prelievi e depositi". Per quel progetto il signor Pieroni mi diede 30.000.
Il signor Pieroni al mattino prendeva il caffè una volta al bar Rau e una volta al bar Pirino tanto per non fare... figli e figliastri.
Prima di andare in ufficio facevo una lunga passeggiata, di un'ora. Passando davanti al bar Rau incontro il signor Pieroni e la sua "corte".
Faccio un cenno di saluto e il signor Gavini, che gestiva una falegnameria al Fosso della Noce, mi vede e mi dice: "Vieni qui!".
Mi avvicino con quel tanto di timore che mi incuteva il signor Pieroni, memore dei primi approcci e Gavini si rivolge al signor Pieroni e gli dice:
"Oreste, a Nello bisogna pagallu !". Ci sono rimasto di sale, con tutta quella gente li!
II signor Pieroni mi si rivolge: "Mi dica geometra, quanto le devo dare?". Trentamila lire, risposi. "Subito - disse il sindaco - avrà ciò che le è dovuto in ufficio".
Ho ringraziato, salutato e ho girato i tacchi. Quindi ho ricevuto un biglietto del signor Pieroni con i suoi ringraziamenti e... l'assegno.
Stupidamente quel bigliettino l'ho strappato! Mentre prima il signor Pieroni mi aveva sulla punta del naso pian piano.
Dopo che realizzavo tutti quei progetti, quando capitava di incontrarci e vi era anche altra gente, mi chiamava e diceva a chi lo attorniava: "Vi presento il progettista Nello Galleri!"».
Ma lei, per quanto all'epoca fosse molto giovane, frequentava il famoso Plata-Night? Sa di che cosa stiamo parlando?
«Sì, ricordo quei tempi e ricordo anche un bravo violinista che si esibiva,
e che diventò poi primo violinista della Rai. Si chiamava Tino Fornai...»
Anche noi ricordiamo quel personaggio, molto simpatico ma lo ricordiamo come Tino Fornari... Perché lei dice Fornai?
«No, no, era Fornai.».
Ma quelle signore del Plata Night, lei le ha mai frequentate? «Mai !». Perché?
«Perché ero fidanzato. Poi mi sono sposato nel '57. Pensi che mia moglie L'ho conosciuta a Platamona. Mia moglie era la sorella di un genero del... signor Pieroni».
di Ettore Piras
IL SINDACO "DIRIGEVA" LA FAMIGLIA COME UN'AZIENDA |
VEDI LA PAGINA
LE IMPRESE BALNEARI DELLA "BANDA DEI PIERONI"
Oreste Pieroni e Platamona
Mi hanno chiesto di raccontare quali ricordi ho di mio nonno e della nascita di Platamona, ma se mi avessero chiesto, anziché di raccontare, di "dipingere" le mie prime estati con lui avrei disegnato, con la matita, un nonno un po’ panciuto, dalla faccia rubiconda, con due grosse sopracciglia che rivelavano sì il suo carattere autoritario ma che di fatto nascondevano un cuore gonfio di generosità, mentre avrei usato un grossissimo pennello grondante di tinta blu per colorare un immenso mare pieno di bambini e di spensieratezza.
Nell'arco di 12 anni, dal '53 al '65, la famiglia Pieroni aumentò in modo consistente, tra matrimoni e nuove nascite. Per la precisione: mio nonno ebbe 7 figli, 2 nuore, 4 generi, 18 nipoti e, minimo, 3 governanti, tutti insieme appassionatamente a PLATAMONA !
Ecco perché ricordo mio nonno "autoritario", gli sarà sembrato di dirigere un'azienda pur stando a casa propria. E, da buon dirigente, impartiva ordini a tutti, dagli orari dei pasti alla loro "sequenza", prima i bambini e poi i grandi, i menu del pranzo e della cena, la pennichella pomeridiana, l'ora del the seguita dall'immancabile partita a carte, il "King", le tante visite del vicinato, fatto di dirigenti del Banco di Sardegna come le famiglie Bolla, Del Giudice, Carboni, Solinas e qualche volta anche ospiti di un certo "peso" come Antonio Segni e Angelo Giagu.
Ricordo che la mattina del 16 agosto, il giorno della famosa "Festa del mare", facevamo a gara ad alzarci per primi perché durante la notte, un particolare albero del giardino fruttificava caramelle. Oggi sorrido all'idea che dei "grandi" stessero ore in ginocchio, al buio ed in silenzio ad appenderle, ma allora credevamo che per una strana magia quell'albero producesse davvero le caramelle.
Ricordo mia madre che, con le mie zie, Anita, Pina, Costanza e Lia, dall'alto della veranda della cabina, ci contavano per vedere che ci fossimo tutti. Quando non eravamo in acqua passavamo ore intere a fare "trabocchetti" dinanzi alle scale delle cabine, organizzare clamorosi gavettoni, sotterrare i cugini più piccoli, lasciandoli fuori soltanto la testa e facendoci coraggio per saltare dalla ringhiera della cabina. Le cabine!! Ne avevamo due, quella di "rappresentanza" che era il "punto d'osservazione" di mio nonno (i binocoli ed un buon libro erano i sui compagni preferiti), l'altra era a disposizione del resto della famiglia.
Che bei ricordi! Arrivati in cabina, facevamo a gara per metterci il costume, lasciando in "ordine sparso" gli accappatoi e i sandaletti, "rubando" i secchielli più nuovi dei cugini, i palloni, le maschere e le pinne "Rondine" delle zie. La cabina, la usavamo "correttamente", come spogliatoio. Invece il nostro vicinato ci viveva per tutti i mesi estivi. Vicino a noi abitavano: Peppino Solinas, la famiglia Rozzo con una caterva di figli, tutti belli e biondi e l'altrettanto numerosa famiglia Petretto. Eravamo temuti, infatti ci chiamavano "la banda dei Pieroni", ma poi, per tutta l'estate, giocavamo insieme.
La vita notturna poi aveva un fascino particolare. Bagni fatti al chiaro di luna (che paura!), falò in riva al mare, canzoni prima timide poi urlate . . . ma forse qui siamo già ai primi anni '70 ?!
Ricordo con dolcezza, una bella famiglia, la spensieratezza ed un grande mare blu dove sono custoditi i ricordi di un infanzia bella e spensierata.
di Ida Pieroni
MIO PADRE CI HA LASCIATO CRESCERE |
Uno dei sette della "banda dei Pieroni" (come dice Ida in questa stessa pagina, ndc) era Piero Pieroni. oggi pensionato Un beddu pizzinnu, come si dice a Sassari. A lui chiediamo un flash della sua vita da ragazzo con quel padre tanto importante. «Avrei molto da dire su mio padre - esordisce Piero - e sui suoi sistemi di educazione. Ci ha lasciato Crescere. E basta». Tutto qui?, chiediamo, «Io sono nato nel '40 e all'epoca in cui mio padre fu sindaco avevo, credo sui 13/14 anni. L'ho conosciuto come figlio, un figlio che era lontano dai temi degli adulti. Crescendo non ho avuto alcuna sorpresa quando lo si paragonava ad altri sindaci, anche quelli che lo avevano preceduto alla guida della città. Ricordo perfettamente i tempi della città "infiorata", perché questo fu mio padre, il sindaco della rinascita di Sassari. In molti angoli facevano bella mostra di sé aiuole fiorite. Erano altri tempi. Praticamente, in quanto adolescente, mi sono ritrovato in una città vivibile e in una Platamona da poco usufruibile dalla gente. Di Platamona ricordo un'alta duna di sabbia proprio dove oggi c'è il ristorante "Ernesto" dalla quale noi ragazzi ci catapultavamo, giocando. Quella duna fu poi "tagliata" aprendo il varco che conduceva alla rotonda. Insomma, tutto qui, quel che ricordo».