IL SASSARESE


Data
  Titolo dell'articolo
15/06/2005  Tutto cominciò con Candido Mura  
15/02/2005  Ritorno al passato, ai tempi di Pieroni
28/02/2002  Che memoria corta: i Sassaresi hanno dimenticato il 51^ anniversario della loro spiaggia
28/02/2002a  La memoria corta dei politici, amministratori, intelletuali, semplici cittadini e giornalisti
28/02/2002b  Nello Galleri - Progetto' la strada che conduce al mare
28/02/2002c  Il primo servizio di pullman lo istitu“ la Ditta Mutton
28/02/2002d  Ida Pieroni - Il sindaco dirigeva la famiglia come un'azienda
28/02/2002e  Piero Pieroni - Mio padre ci ha lasciato cresere


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Mercoledì 15 giugno 2005

DAL 1946 AD OGGI I 23 SINDACI DI SASSARI
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TUTTO INIZIÒ
CON CANDIDO MURA
E poi arrivò Oreste Pieroni, il “sindaco dei fiori” e di Platamona
Intanto la città è molto cresciuta

di GIOVANNI DENTI


Gianfranco Ganau è il ventitreesimo sindaco dal 1946 ad oggi. L’anno preceduto fior di professionisti, fra avvocati, docenti universi tari, direttori didattici, medici, insegnanti, ingegneri, ragionieri e un geometra (Fausto Fadda, sindaco dal 1975 aI 1978). Nel 1946, per cinque mesi, fu sindaco l’avvocato Candido Mura che lasciò poi il posto al mitico Oreste Pieroni, ragioniere, che fu direttore generale dell’lcas da cui nacque nel 1953 l’attuale Banco di Sardegna.

Pieroni fu inquilino di Palazzo Ducale dal 46 al ‘54, ben otto anni, lasciati- do una traccia profonda del suo operato- Erano anni difficili, si sentivano ancora i morsi della seconda guerra mondiale e il ragionier Pieroni si di stinse per un attivismo difficilmente riscontrabile in molti dei suoi successori. Fu il sindaco che “scoprì” la spiaggia di Platamona fino ad allora conosciuta come ‘Abacurrente”. Nel 1951 Pieroni diede vita ai primi insediamenti balneari con i primi “casotti” proprio del Banco di Sardegna. Ma Oreste Pieroni fu anche il “sindaco dei fiori”: abbellì la città con lìoriere che ridavano vita ad una Sassari ancora dimessa, quasi in ginocchio. Da allora ad oggi molto è cambiato, Sassari si è ingrandita, sono nati nuovi quartieri, da Santa Maria di Pisa, al Latte Dolce, da Sant’Orsola a Luna e Sole e Monserrato. Sono aumentati gli abitanti e molti sono gli “accudiddi”. Si deve agli impresari ittiresi - per esempio - se si è sviluppato il quartiere di Porcellana e le magnifiche vie Napoli e Amendola.

Era la fine degli anni ‘50 e in quelle zone era un brulicare di muratori, carpentieri, operai. Sorgevano i palazzoni. E poi quelli che erano gli orti di Sassari sulla, allora, stradetta per Alghero, cominciavano a scomparire e nasceva Predda Niedda. Divenuta poi Zona industriale. Dove industrie, tutto sommato, non se ne sono mai viste e ha prepotentemente preso piede la vendita al dettaglio. Fra centri commerciali e piccole realtà mercantili Predda Niedda ha spodestato il centro storico della città, dove avanza il deserto. E le polemiche si sprecano e ogni nuovo sindaco che si insedia a Palazzo Ducale fa del recupero del centro storico il suo cavallo di battaglia. L’ultimo è stato Nanni Campus che - piaccia o non piaccia - davvero qualcosa ha fatto con interventi tipo piazza Santa Caterina che si sta rimettendo in sesto così come il restauro di Palazzo Ducale e quello del Teatro Civico. Per non parlare dei parcheggi interrati come piazza Fiume in avanzata costruzione e poi i progetti per l’Emiciclo Garibaldi e Piazza Mazzotti. Ma intanto di ripresa economica nella città nemmeno l’ombra. C‘è stata poi l’”invasione” dei commercianti cinesi che hanno acquistato licenze dai “colleghi” sassaresi arresisi alle valigette colme di banconote.
Com’è oggi Sassari? Alla domanda rispondono in coro proprio i sassaresi: «una città morta». E noi non siamo per niente d’accordo. E vero siamo circondati dalla nuova povertà, siamo circondati da ragazze e ragazzi disoccupati e da famiglie che non sanno come affrontare la giornata. C’è da stare poco allegri. Ma occorre anche guardare con un occhio d’ottimismo al fu turo perché, veramente, non tutto è nero. Ne è prova ogni giorno la tenacia degli stessi cittadini che si recano al lavoro, che programmano, che realizzano “qualcosina” che serve per non abbatter si del tutto. Sia Gianfranco Ganau, il sindaco, che Alessandra Giudici, il nuovo presidente della Provincia parlano di gioco di squadra. Ganau ha di recente affermato che “ciascuno deve fare la sua parte” e in questo c’è il messaggio per la ripresa. Sempre con quel pizzico di ottimismo che non dovrebbe mai mancare. Fare cilecca significa che siamo soltanto dei parolai che riversiamo le nostre responsabilità sugli altri. Sul vicino di pianerottolo. Dal nuovo sindaco la città attende risposte cene, programmi realizzabili. Ce la farà Gianfranco Ganau? La città gli ha dato fiducia, adesso spetta a lui formare una squadra che sappia mettere la palla al centro e dare il primo calcio! Ito curando di andare in. ..porta. Giovanni Denti



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Martedì 15 febbraio 2005

POLITICI SASSARESI "IMPICCAABBABBU" E FARISEI

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Ritorno al passato, ai tempi di Pieroni - Un coro ossequioso di solidarietà di molti personaggi si è elevato in seguito all'analisi-denuncia di Padre Paolo Atzei nuovo arcivescovo di Sassari

La prima reazione è di sconcerto. Come quando ti piomba un colpo sulla nuca all'improvviso e intorno a te non c'è nessuno. Poi ti riprendi e cerchi di ragionare, di capire perché i politici, a qualunque livello, siano potuti scendere a un punto tanto basso da apparire spudorati. Parliamo del coro ossequioso, di solidarietà, levatosi in seguito alla analisi-denuncia fatta dall'arcivescovo Paolo Atzei durante l'incontro con i giornalisti in occasione della festa di San Francesco di Sales loro patrono. I vari interventi e le dichiarazioni comparsi sulla stampa e lanciati dalle tv locali, lungi dal dire qualcosa di nuovo rispetto ai concetti espressi dal presule, hanno avuto, ben inteso solo nelle intenzioni di quanti li hanno scritti o hanno parlato, lo scopo di disorientare l'opinione pubblica.
Purtroppo per loro, fortunatamente, la gente non ha più l'anello al naso e ha cominciato a chiedersi: ma che cosa vanno blaterando, questi qui? Danno ragione all'arcivescovo per farci credere che ce l'abbia con chissà chi e non con loro? Ecco il quesito: dove erano questi politici, amministratori, intellettuali, stampa mentre Sassari precipitava lungo la china che l'ha portata così in basso? Sassari, sino a ieri il capolugo della provincia più estesa d'Italia, ha visto avvicendarsi a Palazzo Ducale una serie di sindaci che avrebbero dovuto e potuto evitare il tracollo e non hanno agito. Viceversa, chi ha mostrato di voler rimboccarsi le maniche è stato azzoppato, complici virulente campagne di stampa e congiure di segreterie politiche. Purtroppo, ci si deve rifare sempre, piaccia o non piaccia, all'epoca del sindaco Oreste Pieroni, l'unico che abbia avuto il coraggio di valorizzare il breve tratto di costa di proprietà del Comune e di garantire un aspetto decoroso alla città. Elogio del tempo passato? E a quale scopo, se non per dimostrare che la prosperità dei comuni dipende dalla volontà degli uomini?

Per alleggerire le loro responsabilità, le parti in causa sostengono che al tempo di Pieroni le difficoltà erano minori, ma questa appare una mera argomentazione, peraltro insufficiente a rendere loro giustizia. Anche a voler assolverli, griderebbero vendetta i milioni di euro messi a disposizioni dall'Unione europea e mai utilizzati o utilizzati male perché si è deciso di spenderli all'ultimo momento purché non tomassero indietro. Così è capitato in occasione della cablatura della città con le fibre ottiche, tecnologia già superata quando si era finalmente deciso di aprire i cantieri. Brutta storia che oggi non ricorderemmo neppure se il sindaco avesse chiesto alla Ue di poter usare quei contributi per cominciare a risolvere, ma è solo un esempio, il problema dei parcheggi.
Ma tant'è, quel sindaco non ha perso l'occasione per autoelogiarsi con una giustificazione che più demagogica non sarebbe potuta essere: abbiamo garantito lavoro.

Peccato che si sia dimenticata di un piccolo particolare: i disagi fine a se stessi di cui i cittadini avrebbero fatto volentieri a meno. Era, infatti, proprio necessario sventrare la città per un servizio che non sarebbe servito a nessuno? Viceversa è il caso di ricordare un altro sindaco che una soluzione al cancro dei parcheggi avrebbe almeno voluto cominciare a darla da un quarto di secolo.
Oggi, imprenditori e comuni cittadini lo ricordano come la mente più illuminata comparsa a Palazzo Ducale dopo Oreste Pieroni, ma quando era al timone della città venne osteggiato con ogni mezzo, non escluse poderose spallate attraverso la stampa. Il suo torto era aver favorito la costituzione del consorzio di imprese locali passato alla storia con il nome di Riop al quale intendeva affidare la realizzazione di un sito nel Fosso della noce che si sarebbe elevato sino all'altezza di viale Trento con la sommità rifinita a giardino. Ma fu talmente virulenta la campagna contro quell'idea che tutto fu lasciato cadere. E a nessuno sembrarono interessare più di tanto gli strascichi giudiziari e la scia di polemiche che ne seguirono, utili solo a disorientare, ancora una volta, l'opinione pubblica e a rinviare sine die una questione già da allora molto sentita.
Da tempo quel sindaco non fa più politica attiva, ma tanti personaggi, di quella stagione da dimenticare sono ancora, si fa per dire, sulla breccia: molti continuano la loro "missione" in città, molti hanno preso il volo verso la Regione e siede in Parlamento. Tutti, però, in uguale misura si sono lasciati dietro le spalle un bagaglio di decisioni non prese, vagonate di acrimonie personali o di partito, gelosie e quant’altro utilizzate come diga contro lo scippo delle città. Tempo fa, qualcuno di questi politici, analizzando le cause del degrado di Sassari, amava affermare che la responsabilità maggiore era da attribuirsi alla presenza di troppi sindaci venuti da fuori che, proprio perché “accudiddi", non amavano Sassari. Una chiave di lettura che apriva la porta sull’inarrestabile declino del centro storico dovuto alla fuga degli abitanti in zone più salubri e sull’inevitabile chiusura dei piccoli negozi che, in tempi meno turbolenti anche dal punto di vista politico, aveva costituito la spina dorsale dell'economia cittadina.

Già, ma dov’erano l'attuale presidente del Consiglio regionale, ex sindacalista, ex sindaco, che ha sentito l'impulso di dare ragione all’arcivescovo con un intervento sulla "Nuova Sardegna, e tanti consiglieri e assessori regionali mentre Sassari si avviava verso la morte? Perché chiamare in causa la globalizzazione e la deregulation al solo scopo di assolvere ingiustificabili negligenze? Troppo facile e oltremodo demagogico. Ma non è vero che le colpe sono sempre degli altri. Che cosa avranno mai a che fare scelte introdotto soltanto ieri con il recupero del centro storico di cui si parla, a dir poco, da mezzo secolo? E’ puerile accusare Bruxelles di aver voluto uccidere la microeconomia consentendo l'apertura di grandi magazzini e centri commerciali.
La verità nuda e cruda è che c'è stata un'acquiescenza colpevole alle norme europee che erano e restano semplici indirizzi di carattere generale, il resto viene delegato ai Paesi che della Ue fanno parte.

Da noi le manie di grandezza hanno reso ciechi i politici a qualunque livello e solo oggi la Regione comincia a osteggiare la nascita di nuovi centri commerciali. Ma i buoi sono già scappati, mentre una politica più oculata e meno condizionante, che avesse veramente a cuore le sorti della città, se sveglia da subito, avrebbe potuto tenerli ancora dentro lo steccato.
Ma di cose indipendenti da Bruxelles e mai realizzate a Sassari è possibile stilare lunghi elenchi. Può essere mai cittàterritorio, regia, turistica, questo capoluogo di provincia che non dispone di una circonvallazione degna di tal nome, con tre tappi che impediscono le entrate e le uscite all'elevato numero di auto che la tengono in ostaggio? Sulla carta può anche darsi, se ciò basta per tacitare le coscienze, ma a chi servono i titoli cartacei? (Piano urbanistico comunale) annunciato da decenni si è scelto di cancellare la memoria storica con l'abbattimento di ville ed edifici caratteristici per soddisfare la richiesta di abitazioni. In alternativa, aumentano i paesi dormitorio nell'hinterland. Il tracollo dell'industria a Porto Torres, che ha sepolto migliaia di buste paga, lungi dal dare la sveglia, ha steso su Palazzo Ducale una coltre che concilia il sonno e il "minn'affiittu"...
Ecco perché è difficile resistere alla tentazione di affermare che Sassari muore perché la politica ha tralignato. Da qualche tempo, la prima preoccupazione dei candidati appena eletti è esercitarsi su come sgattaiolare da una formazione politica all'altra e su come preparare la successiva campagna elettorale. Come si può pretendere che possano pensare ai problemi della città? D'altra parte è sufficiente partecipare a una seduta del Consiglio comunale per rendersi conto di come i consiglieri trascorrono il loro tempo: verbosità inconcludenti, continue accuse tra gli schieramenti, veti incrociati, via-vai durante gli interventi, sorrisi di scherno, parlottii e via enumerando. Così va Sassari. Il guaio è che nessuno vuole affrancarla dalle liste compilate nelle segreterie dei partiti. Non ci conforta neppure poter dire "siami sani". Natalino Carta

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Giovedì 28 febbraio 2002

CHE MEMORIA CORTA: I SASSARESI HANNO DIMENTICATO IL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA LORO SPIAGGIA

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DIMENTICATO UN IMPORTANTE ANNIVERSARIO: LA SCOPERTA 51 ANNI FA DELLA SPIAGGIA DEI SASSARESI

Un appuntamento mancato. Un anniversario saltato. Una memoria perduta. Il 16 agosto del 1951 nasceva Platamona. Una grande festa di popolo con un grande protagonista: Oreste Pieroni, sindaco della città. Uomo attivissimo, determinato, disponibile che aveva voluto fortemente dare il mare ai sassaresi, quegli stessi sassaresi che prima affollavano le spiagge di Alghero, Porto Torres e Stintino, perché privi di un lembo di sabbia dove difendersi dalla calura della città capoluogo. Quel sedici agosto 1951 si sarebbe dovuto incontrare con il 16 agosto del 2001: l'anno scorso. A nessuno è venuto alla mente, né ai politici, né agli amministratori, né agli storici, né ai semplici cittadini, quelli di una certa età che nel '51, magari, erano ragazzini. E non è venuto in mente nemmeno ai giornalisti. A noi e agli altri colleghi di giornali più importanti. Colpa a chi ? A nessuno. E' semplicemente "saltata" una data, complice, forse, l'ormai diffuso disinteresse collettivo a tutto quanto interessa Sassari e il suo territorio.
Eppure chi oggi ha cinquanta - sessant'anni avrebbe dovuto farci un pensierino, perché ciò che si è vissuto nell'adolescenza raramente sfugge ai ricordi. Ma tant'è. Con animo propositivo parliamo di quella Platamona del passato. Di quei carri a buoi e carrette a bordo dei quali i sassaresi fin dall'inizio degli anni '50 si recavano a Platamona dove trascorrevano la giornata all'ombra di tende improvvisate, formate da lenzuola. Sì, proprio lenzuola, quelle di casa, che poi, al rientro in città, si rimettevano sui letti magari con qualche macchiolina di pomodoro. Perché sulla spiaggia si cucinava, si arrostiva e si beveva del buon vino mentre bambini e adulti scorrazzavano tuffandosi di tanto in tanto in acqua per refrigerarsi. Poi repentine corse nella pineta per qualche bisognino impellente. Allegria e amicizia, baldorie e bevutine con qualche sbronzetta, facevano da corollario alla giornata in spiaggia. Sorgevano i primi bar mentre nasceva il famoso Lido Mura, poi Lido di Sassari sulla rotonda centrale ancora non asfaltata ma già capolinea dei pullman della "Pani", Scia e Sita, sempre affollati, presi d'assalto da intere famiglie cariche di ogni oggetto utile per sistemarsi in spiaggia.
Quasi subito accanto a quel lido apri un night club che, se la memoria ci soccorre, si chiamava Plata Night". Frequentato da signorotti, soprattutto una "greffa" di macellai danarosi perché all'epoca passavano per i nuovi ricchi ma anche alla media borghesia, impiegati, insegnanti e giovani poveri in canna tutti richiamati dalle avvenenti entraîneuse, ragazze stangone che facevano vedere e non vedere, richiamo fatale per i gonzi che dovevano consumare e offrire loro da bere. Magari, poi, in qualche séparé si dava vita ad una... "toccata e fuga", sufficiente gratificazione per quei signorotti per dire: "Mi l'aggiu fatta!". Molti erano i biglietti da diecimila formato lenzuolo che passavano di mano. Qualcuno - come si racconta - ci rimise il patrimonio. L'orchestra era quella del maestro Tino Fornari. Che pare provenisse dalla Toscana. Uomo simpatico e intrigante che fu protagonista di molte stagioni a Lido di Mura. All'esterno frotte di ragazzini che le tentavano tutte pur di entrare nel locale sempre bloccati dal personale attentissimo, anche perché l'ingresso era vietato ai minorenni. Si faceva l'alba e poi, mogi mogi, dopo una notte vissuta alla pazza, quei signorotti tornavano in città, con gli occhi spenti e con tante illusioni per la notte successiva. Molti andavano in bianco ma agli amici facevano capire di aver conquistato una di quelle spilungone mezze nude, o quasi. Era una stagione di fuoco. I sassaresi scoprivano la vita, scoprivano le "straniere", le donne "facili", all'apparenza.
Lui, il sindaco Oreste Pieroni, dava il benvenuto ai ragazzi poveri della città, reclutati nelle scuole, e offriva un pranzo a tutti nella pineta all'ingresso di Platamona (oggi intitolata al giornalista Roberto Stefanelli, capo della cronaca di Sassari della "Nuova Sardegna" che tanto si era adoperato, affiancando Pieroni, per lo sviluppo di quel lembo di spiaggia, in tutto cinquecento metri, ndc).

LA MEMORIA CORTA DEI POLITICI, AMMINISTRATORI, INTELLETUALI, SEMPLICI CITTADINI E GIORNALISTI

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E in quella stessa pineta cominciavano a costruirsi le prime villette, immerse fra gli alberi che suscitavano le invidiuzze dei bagnanti che vedevano i "signori" godersi il fresco sulle sdraio, gustando una bibita, magari impegnati in una partita a mariglia. Poi, proprio nella via Degli Oleandri altre villette su un promontorio (c'è ancora!, ndc) una villetta dove abitava il dottor Ceccaro, segretario generale del Comune di Sassari. Poco più in là, nel bel mezzo della pineta, in terreno degradante, la villetta del gioielliere Giuseppe Fiori che aveva il suo esercizio in via Cavour, una delle gioiellerie più note della città. Nel frattempo era sorto il primo lido della spiaggia, quello di Montalbano, molto popolare, molto frequentato, molto organizzato. Veniva anche aperto un grande bar (oggi e da più di trent'anni ristorante "da Ernesto", ndc) gestito da una famiglia che in via Sorso, proprio all'ingresso, conduceva una sorta di bettola frequentata soprattutto dai commercianti del Civico Mercato. Di fronte a quel bar di Platamona vi era la bella villa del professor Pasca dove si riunivano diverse famiglie. Accanto una edicola di Giornali e un piccolo ufficio del Banco di Sardegna.
Si va a memoria nello stendere queste note. I riferimenti hanno più il ricordo delle esperienze vissute piuttosto che il rigore del ricercatore, dello storico. Ma tutto serve per coltivare la presunzione di scrivere la storia di Platamona. Perché quella è anche la storia di Sassari, almeno da cinquant'anni a questa parte. E quando i sassaresi capirono quale paradiso avessero scoperto cominciarono a pensare anche ad abbandonare le "tende di lenzuola per costruire i "casotti". Ricordate? Uno dei primi fu proprio quello di Oreste Pieroni che nel frattempo aveva anche costruito la sua villetta ben frequentata oltreché dalla "tribù" dei Pieroni da personaggi importanti della città. È proprio di questi mesi la destinazione a bar di quella villetta che avrebbe dovuto invece essere tutelata a ricordo di quel grande sindaco. I "casotti" si moltiplicavano soprattutto nella parte dove sorgeva il Lido di Montalbano alle spalle del quale il boschetto accoglieva frotte di ragazzi che facevano campeggio con tende improvvisate, con pochi mezzi e con frequenti incursioni fra i "casotti" dove c'era sempre qualcuno ben disposto ad un invito a pranzo o a cena. E quei ragazzi trascorrevano 'intera estate e spesso le famiglie non sapevano dove fossero finiti.
Non accadeva nulla di strano risse o episodi negativi non turbavano la vita al mare. Le signore facevano rientro in città ad inizio di settimana per le provviste. Stracariche di borse nailon di ogni ben di Dio, sudate sino all'inverosimile si accalcavano nei pullman della Pani, un fastidioso pigia-pigia che non smorzava il piacere di esserci, di dire: vado in città per tornare subito a Platamona e godermi il sole. Quelle massaie governavano la famiglia e la spiaggia, i figli e i mariti che rientravano da Sassari dopo una giornata di lavoro, quando non erano in ferie. E la notte, la notte era tutto un canto. con e colpi di chitarre, vino e allegria tutti uniti, padri, madri e figli fino alla stanchezza, al calar delle palpebre, al sonno. Mentre le famiglie riposavano c'era chi non si arrendeva e continuava a percorrere la spiaggia cantando a squarciagola. Erano "greffe" di "accudiddi" o "biddincuri" (gente dei paesi, ndc) che chiudevano la notte, sbronzi, sulla spiaggia. Era uno spettacolo, al mattino, quando i sassaresi facevano il primo tuffo. Al loro vociare lì "biddincuri" si svegliavano e anch'essi ci "bagnavano". Finivano poi al bar, classico, no?
E' uno spaccato, tutto questo, di cos'era allora Platamona. Un vastissimo orizzonte di speranze per esorcizzare il dopoguerra che tanti dolori aveva procurato anche ai sassaresi. Una rinascita anche della città nata dalla lungimiranza di Oreste Pieroni, autentico primo cittadino che non si ingegnava soltanto per rispolverare Sassari ma guardava al suo futuro, mettendo in essere atti concreti, senza tanti giri di parole, con un piglio deciso ed una apertura al dialogo che sviluppava in Comune coi suoi collaboratori ai quali trasmetteva quel pizzico di entusiasmo utile per bene operare a favore dei cittadini. E nella mente di Oreste Pieroni era di botto fiorita quell'intuizione formidabile di sviluppare la città verso Porto Torres. Diceva, quel sindaco, che il futuro di Sassari era legato a Porto Torres, a quel porto turritano naturale traguardo dell'imprenditoria (allora manco nata, se si eccettua la forte presenza degli orti che circondavano la città, ndr) che doveva cominciare a muoversi in quella direzione. Non fu capito, Pieroni, perché la città non disponeva di personaggi alla sua altezza di gente altrettanto motivata a costruire il futuro. Ancora oggi, di tanto in tanto, si riparla di quel progetto ma al solito, si tratta di parole. E la città, come si sa, si è sviluppala in tutt'altre direzioni. E Platamona oggi sta rinascendo. Ma il sindaco Nanni Campus, che progetti ha per il cinquantenario?
di Enrico Porqueddu

PROGETTO' LA STRADA CHE CONDUCE AL MARE

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Il cravattino gli da quel tocco sofisticato che avevano i gentiluomini di altri tempi. Ma lui, per quanto abbia ben 75 anni è completamente calato nella realtà di oggi: vivacissimo, con una parlantina intrigante, con qualche piccolo vuoto di memoria che recupera quasi subito. Nello Galleri, il geometra, pardon, il dottore Nello Galleri, è uno dei più attendibili testimoni della nascita di Platamona, uno che ha conosciuto molto bene Oreste Pieroni "il Sig.' Pieroni" come lo definisce nella lunga intervista in redazione, e ha ben conosciuto quel mitico sindaco perché ne è stato dipendente, avendo lavorato all'ufficio tecnico comunale fin da giovanissimo e oggi è. giustamente, pensionato.
Ha conosciuto la Sassari di una volta. quella che ai suoi tempi era minuscola, con stradacce, stradine vicoli e vicoletti. «I miei sono ricordi che datano ben prima che il signor Pieroni diventasse sindaco e scoprisse Platamona. Prima si chiamava "Abbacurrente" e si andava a fare i bagni arrivandoci in "bricichetta". ricordo una vecchia fonte dove si andava a bere, situata in una specie di viottolo che stava più o meno nella tenuta agricola della famiglia Solinas, sul promontorio che ancora oggi si vede dalla spiaggia. Proprio da quel viottolo si amava ad i Abbucurrente'· quasi vicino all'antica torre aragonese. Noi ragazzi si andava in bicicletta ma molti sassaresi che amavano il mare vi si recavano a bordo di 'lu barrocciu" (un carro). Arrivati nella spiaggia mettevano il carro con le stanghe per aria, piazzavano dei teloni per ripararsi dal sole. Si trattava. in prevalenza. di vecchi ortolani che coltivavano il tabacco. In quei teloni campeggiava una scritta. "Agenzia tabacchi". Non capivo all'inizio il significato di quei i a scritta aggiunta alla quale ve n'era un'altra "Zegovinia·'. Che cosa significasse l'ho capito più in là. Significava più semplicemente Erzegovina.
All'epoca infatti il tabacco veniva importato dalla Jugoslavia o attraverso I'Agenzia dei tabacchi veniva dato ai contadini che lo coltivavano. Occorreva, a raccolto finito, contare una per una le foglie di tabacco e il compito lo svolgevano e li specialisti quali ricordo un certo Federico Oggiano, ottimo atleta, fra I'altro Non sbagliavano mai il conto!».
In che anni siamo, fine '40?
«No. molto prima. Negli anni '40 io ero già mannu. Molto prima. lo sono del ventisei... Insomma questi contavano le foglie e io poi le ricontavo. Mai che facessero un errore!».
Ricorda il primo incontro con Oreste Pieroni?
«Il primo incontro non è stato per niente bello! Lui aveva l'abitudine di andare a controllare i lavori che si facevano in città. Nel '46 ero assistente nei cantieri e allora ve ne erano aperti diversi e le strade furono rimesse in sesto subito dopo la guerra. Non si potevano costruire strade nuove, si interveniva con i rattoppi in quelle esistenti. I primi lavori sono stati effettuati In corso Regina Margherita. Poi viale Italia. L'impresa era di Cagliari "Durzu & Manovella" Il signor Pieroni personalmente non lo conoscevo. non sapevo che fosse il mio sindaco. Lui si avvicinava e chiedeva: "Scusi, questo è catrame". No, rispondevo, questo è bitume. E lui: "Lei bada che la quantità sia sempre esatta?". Certo, ci bado, rispondevo perché devo sapere quanti chili vanno in ogni buca. E il sindaco passava tutti giorni e tutti i giorni le stesse domande! Un giorno ho sbottato e gli ho detto: per cortesia non mi chieda sempre queste cose: le ho risposto! Credo che se l'abbia legata al dito, perché ho aggiunto che avevo da lavorare!».
Quindi lei ancora non sapeva con chi parlava, non sapeva che era il sindaco. Era strano per un dipendente comunale.
«Esatto. Poi me l'ha fatta pesare. Un giorno stavamo lavorando nell'allora viottolo Padre Manzella, non ancora strada. In quella zona praticamente si gettavano i rifiuti, materiale di risulta, praticamente una discarica... »
In che modo il sindaco le fece pagare quella sua battuta: "ho da lavorare!"
«Il signor Pieroni passò, in quella strada e vide che alcuni stradini erano appoggiati alla pala e di certo pensò che quelli non stessero lavorando.
Deve aver visto anche me, perché io la squadra non l'abbandonavo mai. In sintesi il lavoro si svolgeva così: si spalava. si caricava il carro e si attendeva che tornasse. Nel frattempo, proprio in attesa del carro si preparavano altri mucchi e c'era sempre un momento di pausa. II sindaco Pieroni è tornato in ufficio e il giorno dopo quando ho ripreso il lavoro in Comune l'ingegner Pisano mi ha detto che il sindaco voleva parlarmi. Intanto aveva licenziato tre stradini. Sono andato nell'ufficio del primo cittadino e ho spiegato come si svolgeva il lavoro e lui: "Lei non era lì!". Certo che ero lì, dissi. Mi permetto di dissentire. E l'ho anche vista signor sindaco. "Perché non mi ha salutato?", mi chiede lui. Perché non sapevo che lei fosse il sindaco... "Come?, lei dipendente comunale non conosce il suo sindaco? Si dovrebbe vergognare!", disse tutto d'un fiato. Mi dispiace, dissi, io non la conoscevo, la vedo adesso come sindaco. Insomma, mi fece una vera lavata di testa.

ABBIAMO INTENZIONE DI FARE LA STRADA PER PLATAMONA

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Mi licenziò con un: "Avrà notizie". Morale della favola: i licenziati furono riassunti ma il signor Pieroni tolse loro tre giorni di paga. A me ha tolto lo stipendio di quindici giorni. Prendevo al mese, 5.600 lire...».
Torniamo a Platamona... «Una mattina L'ingegner Pisano viene a prendermi a casa e con la sua macchinetta assieme al geometra Paolo Spano (di recente scomparso, ndc) e ci condusse lungo la vecchia strada di Porto Torres, verso Ottava. blocca l'auto, tira fuori una vecchia carta catastale e dice: "Abbiamo intenzione di fare la strada per Platamona. Vedete un po', date un'occhiata, poi si vedrà" Ci ha piantati lì ed è andato via aggiungendo: "Verrà qualcuno a riprendervi". Con Paolo Spuno, molto sorpresi, ci siamo chiesti, che cosa facciamo? Abbiamo fatto una passeggiata dentro le campagne, per Platamona ci volevano tre-quattro chilometri. Percorrendo i viottoli, passeggiando siano arrivati a Platamona. In un fabbricato che era di proprietà della famiglia Campa, proprietaria anche dello stagno, poi venduto al Comune di Sassari, abitava un certo Rapili, forse un vecchio federale, eravamo nel '48, con due figlie e un figlio più la moglie. Le ragazze erano una bionda e l'altra bruna. Ragazze che stavano tutto II giorno In costume a due pezzi. Per noi ragazzi vedere a quel tempo ragazze in costume a due pezzi era un sogno. Sgranavamo gli occhi! In quella occasione abbiamo spiegato che dovevamo aprire la strada per Platamona. Ne furono molto contenti tornammo in città a bordo di un motocarro Guzzi del Comune. Abbiamo iniziato a tracciare la strada. Quella che percorriamo ancora oggi. Assieme a noi, tre operai, gente uscita di galera che veniva inviata al Comune che era costretto a dargli lavoro. Trascorrevano il tempo a bisticciare: due erano piccolini di statura, I1 terzo, alto e grosso. Non avevano nemmeno da mangiare, tant'è vero, e lo scopri più tardi, che si arrangiavano, entravano nella carciofaia della famiglia Solinas e facevano razzia di carciofi. E così. Metro dopo metro modifica dopo modifica abbiamo aperto la strada»
E la rotonda, anche quella avete progettato voi?
«Beh, prima della rotonda abbiamo costruito la casa del custode, il signor Campus, tuttora vivo, che ci stava con lutti i figli. A questo signor Campus era stato dato l'incarico dal signor Pieroni di costruire dei servizi igienici nella pineta. Servizi che comunque non sono mai andati avanti».
Torniamo alla rotonda...
«Sì. L'abbiamo costruita, prima un po' più piccola e poi com'è adesso. Abbiamo costruito il primo fabbricato comunale, per la polizia urbana, L'ambulatorio che era piaciuto tanto all'architetto Simon che amava lo stile spagnoleggiante. Contemporaneamente si costruiva il complesso balneare del lido di Sassari, a cura del Gruppo Setti, un'impresa specializzata che, mi pare, provenisse da Riccione. II gestore proprietario del Lido di Sassari era il cavalier Mario Mura che lo gestì per diversi anni. Chi organizzava il lido era un certo signor Dante, un omone alto un metro e ottanta che era il più... basso di tutti i fratelli che... facevano i corazzieri. Dante non aveva bisogno di mettere le pinne, quando faceva il bagno, perché aveva al posto dei piedi due grandi... ciabatte!» ».
Quali altri iniziative prese il "signor Pieroni"?
«Per attirare i sassaresi penso bene di deliberare la costruzione di villette massimo ottanta metri quadri. "La gente può abitarci e trascorrere il periodo estivo al mare", disse».
E i collegamenti, i pullman?
«Ci arrivo subito. Un certo Mutton aveva avuto, mi pare, nel 1940 L'appalto per i primi tram di Sassari ma poi, venuta la guerra, non se ne fece niente. E dopo il conflitto lo stesso Mutton diede vita al primo servizio di pullman che collegava Sassari ad "Abbacurrente". prima quindi che diventasse Platamona...».

IL PRIMO SERVIZIO DI PULLMAN LO ISTITUI' LA DITTA MUTTON

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Quindi, per quanto riguarda il servizio tranviario cittadino non fu Giovanni Sebastiano Pani a dargli vita?
«Sì, invece. Se non ricordo male. il servizio tranviario di Sassari è nato nel '52 ad opera proprio di Pani. Mutton pur avendo vinto l'appalto, nel '40 non poté realizzarlo»
E anche in discussione allora la paternità di Pieroni come "inventore" di Platamona?

«Amministrativamente parlando è stato il signor Pieroni a sviluppare quella zona. Mutton con fece il servizio di collegamento molto prima».
Poi Pieroni ad un certo punto dice che siccome tutto quello che noi facciamo in terra viene suggerito da Qualcuno che sta Lassù, a Platamona ci vuole anche un luogo di culto, che fa?
«Pensa che bisogna costruire un'edicola per ricordare Platamona e ricordare anche L'arcivescovo Mazzotti al quale lo legava una profonda amicizia. Decide di bandire un concorso interpellando l'architetto Vico Mossa e l'architetto Simon. Ho chiesto se come ufficio tecnico del Comune potevamo anche noi partecipare. II nostro capo ufficio, geometra Modestino Cau mi disse: "Ho Chiesto a Oreste (Pieroni) e ha risposto positivamente". Mi son messo a lavorare e ho fatto due progettini. Uno è quello ch'è stato realizzato e l'altro era un pochino ... così. Era il 1954. La statua della Madonna che campeggia sull'altare è stata portata a Sassari da monsignor Loriga che all'epoca era parroco di San Nicola. Avevo qualche riserva nel costruire L'altare sulla sabbia. Mi venne in soccorso l'ingegner Tassi che fece i calcoli del cemento armato. interessando anche il professor Tavolara e il Ceramista Giuseppe Silecchia».
Mi dica un po': perché il concorso lo vinse lei? Ci fu qualche "aderenza" politica?
«No, no! E' stata una cosa molto solare, alla luce del sole. Semplicemente ero il migliore».
Abbiamo una data sulla nascita di Platamona, il 16 agosto del '51, a lei risulta?
«Guardi, se corrisponde alla data incisa sulla targa firmata dal sindaco Pieroni e visibile sull'ala votiva, forse ci siamo... Ma siccome L'altare fu eretto nel '54, la data dell'inaugurazione di Platamona non può essere quella. Subito dopo per esempio, costruii la sede del Banco di Sardegna, proprio a due passi dalla rotonda. Perché il signor Pieroni diceva: "Tutti questi signori che vivono a Platamona devono poter usufruire di questo sportello lo per prelievi e depositi". Per quel progetto il signor Pieroni mi diede 30.000. Il signor Pieroni al mattino prendeva il caffè una volta al bar Rau e una volta al bar Pirino tanto per non fare... figli e figliastri. Prima di andare in ufficio facevo una lunga passeggiata, di un'ora. Passando davanti al bar Rau incontro il signor Pieroni e la sua "corte". Faccio un cenno di saluto e il signor Gavini, che gestiva una falegnameria al Fosso della Noce, mi vede e mi dice: "Vieni qui!". Mi avvicino con quel tanto di timore che mi incuteva il signor Pieroni, memore dei primi approcci e Gavini si rivolge al signor Pieroni e gli dice: "Oreste, a Nello bisogna pagallu !". Ci sono rimasto di sale, con tutta quella gente li! II signor Pieroni mi si rivolge: "Mi dica geometra, quanto le devo dare?". Trentamila lire, risposi. "Subito - disse il sindaco - avrà ciò che le è dovuto in ufficio". Ho ringraziato, salutato e ho girato i tacchi. Quindi ho ricevuto un biglietto del signor Pieroni con i suoi ringraziamenti e... l'assegno. Stupidamente quel bigliettino l'ho strappato! Mentre prima il signor Pieroni mi aveva sulla punta del naso pian piano. Dopo che realizzavo tutti quei progetti, quando capitava di incontrarci e vi era anche altra gente, mi chiamava e diceva a chi lo attorniava: "Vi presento il progettista Nello Galleri!"».
Ma lei, per quanto all'epoca fosse molto giovane, frequentava il famoso Plata-Night? Sa di che cosa stiamo parlando?
«Sì, ricordo quei tempi e ricordo anche un bravo violinista che si esibiva, e che diventò poi primo violinista della Rai. Si chiamava Tino Fornai...»
Anche noi ricordiamo quel personaggio, molto simpatico ma lo ricordiamo come Tino Fornari... Perché lei dice Fornai?
«No, no, era Fornai.».
Ma quelle signore del Plata Night, lei le ha mai frequentate? «Mai !». Perché?
«Perché ero fidanzato. Poi mi sono sposato nel '57. Pensi che mia moglie L'ho conosciuta a Platamona. Mia moglie era la sorella di un genero del... signor Pieroni».
di Ettore Piras

IL SINDACO "DIRIGEVA" LA FAMIGLIA COME UN'AZIENDA

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LE IMPRESE BALNEARI DELLA "BANDA DEI PIERONI"

Oreste Pieroni e Platamona
Mi hanno chiesto di raccontare quali ricordi ho di mio nonno e della nascita di Platamona, ma se mi avessero chiesto, anziché di raccontare, di "dipingere" le mie prime estati con lui avrei disegnato, con la matita, un nonno un po’ panciuto, dalla faccia rubiconda, con due grosse sopracciglia che rivelavano sì il suo carattere autoritario ma che di fatto nascondevano un cuore gonfio di generosità, mentre avrei usato un grossissimo pennello grondante di tinta blu per colorare un immenso mare pieno di bambini e di spensieratezza.
Nell'arco di 12 anni, dal '53 al '65, la famiglia Pieroni aumentò in modo consistente, tra matrimoni e nuove nascite. Per la precisione: mio nonno ebbe 7 figli, 2 nuore, 4 generi, 18 nipoti e, minimo, 3 governanti, tutti insieme appassionatamente a PLATAMONA !
Ecco perché ricordo mio nonno "autoritario", gli sarà sembrato di dirigere un'azienda pur stando a casa propria. E, da buon dirigente, impartiva ordini a tutti, dagli orari dei pasti alla loro "sequenza", prima i bambini e poi i grandi, i menu del pranzo e della cena, la pennichella pomeridiana, l'ora del the seguita dall'immancabile partita a carte, il "King", le tante visite del vicinato, fatto di dirigenti del Banco di Sardegna come le famiglie Bolla, Del Giudice, Carboni, Solinas e qualche volta anche ospiti di un certo "peso" come Antonio Segni e Angelo Giagu. Ricordo che la mattina del 16 agosto, il giorno della famosa "Festa del mare", facevamo a gara ad alzarci per primi perché durante la notte, un particolare albero del giardino fruttificava caramelle. Oggi sorrido all'idea che dei "grandi" stessero ore in ginocchio, al buio ed in silenzio ad appenderle, ma allora credevamo che per una strana magia quell'albero producesse davvero le caramelle.
Ricordo mia madre che, con le mie zie, Anita, Pina, Costanza e Lia, dall'alto della veranda della cabina, ci contavano per vedere che ci fossimo tutti. Quando non eravamo in acqua passavamo ore intere a fare "trabocchetti" dinanzi alle scale delle cabine, organizzare clamorosi gavettoni, sotterrare i cugini più piccoli, lasciandoli fuori soltanto la testa e facendoci coraggio per saltare dalla ringhiera della cabina. Le cabine!! Ne avevamo due, quella di "rappresentanza" che era il "punto d'osservazione" di mio nonno (i binocoli ed un buon libro erano i sui compagni preferiti), l'altra era a disposizione del resto della famiglia.
Che bei ricordi! Arrivati in cabina, facevamo a gara per metterci il costume, lasciando in "ordine sparso" gli accappatoi e i sandaletti, "rubando" i secchielli più nuovi dei cugini, i palloni, le maschere e le pinne "Rondine" delle zie. La cabina, la usavamo "correttamente", come spogliatoio. Invece il nostro vicinato ci viveva per tutti i mesi estivi. Vicino a noi abitavano: Peppino Solinas, la famiglia Rozzo con una caterva di figli, tutti belli e biondi e l'altrettanto numerosa famiglia Petretto. Eravamo temuti, infatti ci chiamavano "la banda dei Pieroni", ma poi, per tutta l'estate, giocavamo insieme.
La vita notturna poi aveva un fascino particolare. Bagni fatti al chiaro di luna (che paura!), falò in riva al mare, canzoni prima timide poi urlate . . . ma forse qui siamo già ai primi anni '70 ?!
Ricordo con dolcezza, una bella famiglia, la spensieratezza ed un grande mare blu dove sono custoditi i ricordi di un infanzia bella e spensierata.
di Ida Pieroni

MIO PADRE CI HA LASCIATO CRESCERE


Uno dei sette della "banda dei Pieroni" (come dice Ida in questa stessa pagina, ndc) era Piero Pieroni. oggi pensionato Un beddu pizzinnu, come si dice a Sassari. A lui chiediamo un flash della sua vita da ragazzo con quel padre tanto importante. «Avrei molto da dire su mio padre - esordisce Piero - e sui suoi sistemi di educazione. Ci ha lasciato Crescere. E basta». Tutto qui?, chiediamo, «Io sono nato nel '40 e all'epoca in cui mio padre fu sindaco avevo, credo sui 13/14 anni. L'ho conosciuto come figlio, un figlio che era lontano dai temi degli adulti. Crescendo non ho avuto alcuna sorpresa quando lo si paragonava ad altri sindaci, anche quelli che lo avevano preceduto alla guida della città. Ricordo perfettamente i tempi della città "infiorata", perché questo fu mio padre, il sindaco della rinascita di Sassari. In molti angoli facevano bella mostra di sé aiuole fiorite. Erano altri tempi. Praticamente, in quanto adolescente, mi sono ritrovato in una città vivibile e in una Platamona da poco usufruibile dalla gente. Di Platamona ricordo un'alta duna di sabbia proprio dove oggi c'è il ristorante "Ernesto" dalla quale noi ragazzi ci catapultavamo, giocando. Quella duna fu poi "tagliata" aprendo il varco che conduceva alla rotonda. Insomma, tutto qui, quel che ricordo».

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