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01 febbraio 2004


Partita Grazia, abbiamo deciso di conoscere Caracas, città che pochi turisti decidono di visitare, un pò perchè in genere, quando si ha poco tempo a disposizione, ci si concentra sulla costa o sulle bellezze naturali, e un pò perchè Caracas è rinomata per essere una città molto pericolosa e poco vivibile.
Noi non ci siamo lasciati spaventare e, dopo una breve ricerca abbiamo trovato alloggio in un hotel proprio dietro il Palacio de Miraflores (la residenza presidenziale): aria condizionata, bagno privato (acqua dichiarata calda che calda non é, ma pazienza), televisore (che con un pó di immaginazione si puo anche guardare) e finestra proprio sul palazzo del Presidente Chavez.

Il presidente Chavez mentre
saluta Stefano e Donatella

Insomma tutto bene, anche se sempre con occhio vigile. Dopo pochi giorni abbiamo assistito, nel patio del palazzo presidenziale, a una celebrazione dei primi 5 anni del governo di Chavez. Non bisogna immaginare una manifestazione formale come quelle che avvengono in Italia, la serata é andata avanti fra musica e cori vari, nessun doppio petto, tutti in piedi e le personalitá strette strette sul palco, alle spalle di Chavez, per il resto tutta gente "normale", unita dalla passione per la rivoluzione bolivariana. Insomma, anche noi alla fine ci siamo trovati a una trentina di metri da Chavez, mentre dal palco incitava il pubblico a cantare ad alta voce l´inno nazionale, accompagnato dall´Orchestra Sinfonica del Venezuela, il tutto fra bandiere rosse, cappellini, stemmi, striscioni, applausi e "uh, ah, Chavez no se va". Bé, se questa si puo considerare una cerimonia quasi intima (eravamo qualche migliaio di persone), lo stesso non si puo dire per la marcia a cui abbiamo assistito il 4 febbraio, con la quale si celebravano i 12 anni dal tentativo (fallito) di colpo di stato da parte di Chavez, e che comunque ha innescato quello che qui chiamano "proceso revolucionario". Impressionante la marea umana, per quella che é stata definita la piú grande manifestazione politica in Venezuela. In questo paese é sempre difficile dare cifre attendibili, ma si parla di oltre un milione di persone, e anche qui molta musica, canti e balli, nonostante la pioggia. Per il resto, Caracas, come tutte le grandi cittá, ha i suoi angoli interessanti e muoversi con la metropolitana é piuttosto semplice: Museo de Arte Colonial, Museo de Arte Contemporaneo, Museo de Ciencias, una visita al Mirador al 53° piano della Torre Oeste, da cui si gode di una spettacolare vista della cittá, una visita alla Moschea della cittá, dove per entrare ho dovuto indossare una tunica che mi copriva dalla testa ai piedi, ero molto bellina. Per il resto, grande caos, traffico scellerato, ambulanti che hanno invaso le vie del centro (e non solo), molta sporcizia ... é Caracas.

Dopo Caracas ci siamo spostati nuovamente verso il centro del paese, a El Callao (cinque ore di pullman a sud di Ciudad Bolivar), cittadina mineraria dove ogni anno si svolge un carnevale caraibico che attira gente de tutto il Venezuela: molta birra, musica calipso, frutto delle forti immigrazioni caraibiche nel periodo della febbre dell´oro, migliaia di persone che ballano quasi ininterrottamente per 24 ore, senza stancarsi ... una follia, alla quale tutto il paese partecipa attivamente, non importa se si tratti di anziani o di neonati. Noi siamo andati un pó all´avventura, sapendo di non trovare posto nelle poche posadas presenti, e alla fine abbiamo trovato ospitalitá presso un capannone della chiesa anglicana locale, dove abbiamo sistemato le nostre amache, trascorrendo la notte insieme a tante altre persone che, come noi, erano lí per festeggiare il carnevale. Le figure principali del carnevale di El Callao sono: le comparsas (maschere), a volte collegate a problematiche socio-economiche; le madamas, donne nere di una certa età che, sempre a ritmo di calipso, sfilano ballando e indossando gli abiti tipici delle donne antillane; i diablos (diavoli), con maschere e frustini, che mantengono lontano il pubblico, proteggendo così il passaggio delle maschere; i mediopintos, che, completamente tinti di nero, chiedono soldi e dipingono di nero, con il carbone, chi rifiuta di darglieli. Le sfilate sono precedute da grandi carri, pieni di casse acustiche che diffondono la musica del gruppo musicale, che avanza seguito da una marea di persone danzanti. Il calipso originale è in lingua inglese, ma qui si canta in spagnolo o in patois, un miscuglio di spagnolo e inglese, parlato dagli abitanti di El Callao.

 


Lasciata El Callao abbiamo fatto una bellissima escursione nella zona centro meridionale della regione Guayanesa, durata cinque giorni. Il viaggio, ancora una volta iniziato da Ciudad Bolìvar, ha come meta la risalita del Rio Caura, affluente di destra del Rio Orinoco e che, con i suoi 720 km, è il terzo fiume del Venezuela. Navighiamo per circa sette ore, a bordo di una curiara (la tipica canoa indigena, ricavata da un tronco unico e che può superare i 10 metri di lunghezza). In questo periodo il fiume raggiunge quasi il suo minimo di profondità, scendendo di 4/5 metri rispetto al momento di piena. Ciò rende il paesaggio più vario, con le rocce nere che emergono sulla superficie dell`acqua e che però rendono la navigazione più lenta e complicata. Dopo 120 km di rapide, comunità indigene e tanta foresta, arriviamo in un posto incredibile, chiamato El Playon. Oltre questo punto la canoa non può avanzare, le rapide aumentano, e questo comunque è il nostro punto di arrivo. L`accampamento nel quale ci sistemeremo sorge al limite di una bellissima spiaggia di sabbia bianca. Tutto intorno la fitta e bellissima foresta che si inerpica su scoscese colline. L`accampamento, gestito dagli indigeni Yekuana, è costituito da nove grandi churuatas (capanne) di forma circolare, costruite secondo tradizione, con pali di legno e fogliame per il tetto. Tutta la struttura è assicurata con legature di fibre estratte dalla foresta, e senza l`uso di un solo chiodo. Non c´é acqua corrente, ma ci sono i bagni, con grandi bidoni di acqua a disposizione. Per lavarsi si va al fiume, che in questa zona é sicuro, non ci sono serpenti e nemmeno caimani, anche se in queste acque sguazzano parenti delle pirañas, dalla dentatura poco simpatica. Il posto è veramente bello e tranquillo, sistemiamo le amache e cominciamo a guardarci intorno. Sulla destra, poco fuori dalla nostra capanna, è sistemata una statua di legno: è il così chiamato mono pensador (scimmia che pensa), una figura antropomorfa che, con la testa fra le mani, dalla spiaggia guarda verso il fiume. Tutto intorno pezzi di tronco sui quali ci si può sedere e condividere la bellezza e la tranquillità del posto. Il sentiero, che dalla spiaggia si inoltra verso la foresta, è freneticamente trafficato da un gruppo di indigeni. Si tratta dei Sanema, una sub-tribù Yanomami che, nonostante la bassa statura, tra i 140 e i 150 cm, sembrano dotati di grande forza, visto che trasportano sulle spalle carichi di 40/50 kg, camminando nella foresta per oltre tre ore prima di arrivare a una comunità situata più in alto. Il buio arriva rapido a queste latitudini, ma l`accampamento ha un suo gruppo elettrogeno, che viene tenuto acceso fino alle dieci della notte. Una delle capanne è adibita a cucina, anche se, in realtà, le uniche strutture in dotazione sono il grande tavolo e le panche su cui sedersi. Tutto il resto, pentolame, fornello, bombola del gas, e naturalmente i viveri necessari, hanno viaggiato con noi sulla grande canoa. Come sempre, dopo una lunga giornata, e complice la straordinaria bellezza del posto, anche una semplice cena a base di riso e pollo diventa sublime. La luna piena, un bel silenzio naturale e la comodissima amaca ci fanno passare rapidamente nel mondo dei sogni e dei sonni. L`alba è preceduta da una certa agitazione che proviene dalla foresta e i versi più strani dei più strani uccelli si concentrano nella nostra capanna. L`aria è fresca e umida, la luce di prima mattina è quella dei forti contrasti e l`evaporazione dell`acqua forma sulla superficie del fiume una neblina che dá al paesaggio un aspetto primordiale. Dopo un`abbondante colazione partiamo per una camminata di tre ore nella selva per raggiungere il Salto Para. A parte qualche breve tratto, tutto il percorso si snoda, al riparo del fortissimo sole, tra la fitta foresta, dove il verde intenso è intercalato dal giallo dei bellissimi fiori dell`araguaney, l`albero nazionale, o dal rosso dei fiori della cayena india. Procediamo tra l`incessante verso delle chicharras (cicale), i grandi nidi di termiti, i coloratissimi tucani dal becco spropositato, i bellissimi guacamayo, grandi pappagali dal piumaggio rosso, giallo e azzurro, il picchio carpintero e le aquile pescatrici. Questo è tutto ciò che vediamo per aria, lungo il sentiero invece è difficile non notare la solitaria hormiga venticuatro, una formica nera più lunga di un centimetro, il cui morso, come dice la parola, lascia strascichi per circa 24 ore. Altre formiche, più sociali e più piccole, sono le bachaco culòn. Anche in questo caso il nome indica qualcosa: gli indigeni sanema catturano queste formiche e ne spremono la parte posteriore, per estrarre un liquido piccante, che usano per condire i cibi. Vediamo tane di armadillo e impronte di tigre (giaguaro), animale notturno difficilissimo da incontrare. Siamo più fortunati con le tarantole: individuata una tana scavata nel terreno, la guida prova a stuzzicare l`ospite con un sottile ramo introdotto per pochi centimetri nella tana. Dopo un pò di titubanza la tarantola si espone e esce in difesa del proprio territorio. Fa realmente impressione: il corpo è grande quanto una mano, il tronco e l`addome sono massicci e ricoperti, come le zampe, di una folta peluria di colore marrone scuro. Infastidita dalla nostra presenza, la tarantola reagisce, assumendo la tipica posizione di attacco, con le zampe anteriori portate verso l`alto. Ci allontaniamo con tranquillità e la tarantola riconquista la sua posizione, rifugiandosi nella tana. Il cammino riprende, e ogni tanto, lungo il sentiero, incontriamo piccoli gruppi di indigeni Sanema con i loro pesanti carichi sulle spalle. Ogni volta che questo succede, ci spostiamo di lato e, per una forma di rispetto, lasciamo loro il passo. I sanema non parlano spagnolo, per cui, a ogni nostro saluto, rispondono al massimo con un "ah ah" o "uhm uhm".

Verso mezzogiorno arriviamo al Salto Para.
Lo spettacolo che si gode dal mirador (belvedere) è bellissimo. Una serie di cascate disposte a ferro di cavallo che, alimentate dall`Alto Caura, precipitano per una cinquantina di metri. Più a valle, subito dopo il salto, si apre una grande laguna che più tardi raggiungiamo attraverso una ripidissima discesa. Anche qui lo spettacolo è stupendo. Sulla riva destra una grande spiaggia di sabbia bianca e finissima, chiusa verso il suo limite interno da una scoscesa collina, ricoperta dalla tipica vegetazione tropicale. Di fronte, sulla riva opposta, la visione, questa volta dal basso, delle cascate del Salto Para. Nel mezzo le acque della laguna, che in questo punto hanno già perso l`impeto e la forza della caduta e sono tranquille e invitanti per un salutare bagno. Le acque del Rio Caura, come quelle di altri fiumi venezuelani, sono negre, anche se non tanto quanto quelle, ad esempio, del Rio Negro in Brasile. Questa particolare colorazione scura è il risultato di complesse reazioni chimiche che connotano le acque con una forte percentuale di acido tannico. Ci godiamo lo spettacolo per circa un`ora, dopo di che riprendiamo la via del rientro, ancora tra la selva e ancora tra pappagalli e tucani. In poco meno di tre ore siamo di nuovo al nostro accampamento di El Playon, forse ancora pù bello alla luce del tardo pomeriggio. Dopo una camminata di sei ore e una giornata trascorsa tra la bellezza selvaggia di questo posto, anche una birra fresca, comprata nel piccolo spaccio del villaggio, diventa speciale. Il sole tramonta rapido, riorganizziamo i nostri zaini e ci prepariamo per la cena, con il miraggio dell`amaca nella capanna affianco. Alle dieci della notte si spengono le luci e noi in pochi minuti crolliamo in un profondo sonno, per poterci alzare presto la mattina e ridiscendere in canoa il Rio Caura, iniziando così il nostro rientro.

Rientrati a Ciudad Bolìvar, vi trascorriamo qualche giorno e poi ci prepariamo a ripartire. Passiamo per Puerto Ordaz, una rapida visita a Tucupita, una altrettanto veloce fermata a Maturin e arriviamo a Caripe, nella regione nord orientale del Venezuela. Caripe è una tranquilla cittadina di circa 12000 abitanti, situata in una bella vallata, circondata da colline e montagne. Si tratta di una località dall`aspetto ordinato e pulito, tanto ordinato che viene da chiedersi se ancora ci troviamo in Venezuela, dove pulizia e silenzio non sono molto frequenti. Intorno a Caripe ci sono vari centri abitati, piuttosto piccoli, ma curati e accoglienti, con bei giardini, nei quali spiccano le bellissime orchidee venezuelane, che in questa zona crescono spontanee fra i rami degli alberi. Altra caratteristica dei dintorni di Caripe sono le grandi coltivazioni di caffè, agrumi, fragole, pomodori etc. Sono stati proprio gli italiani, ancora oggi fortemente presenti, che, negli anni ´50 e ´60, hanno incentivato l`attività agricola. Una delle principali attrattive di Caripe è la Cueva del Guacharo, situata a pochi chilometri dal paese. La grotta, percorribile per 1200 mt, ospita la più popolosa colonia di guacharos, uccello notturno diffuso solo in poche aree dell`America Latina. La cueva è interessante anche per la presenza di altri animali, come ragni, roditori. grilli e pesci, e per le grandi stalatiti e stalagmiti che dimostrano l`antichità del luogo, già abitato dagli indigeni molto prima che gli europei vi giungessero. Il movimento turistico aumenta molto durante la Settimana Santa, durante la quale Caripe e i dintorni si animano, accogliendo un gran numero di persone che visitano il paese per assistere alle manifestazioni che si svolgono nel fine settimana pasquale: nella piazza del paese viene messa in scena una grandiosa rappresentazione della Via Crucis, che culmina il terzo giorno con una spettacolare resurrezione del Cristo sul campanile della chiesa, fra effetti speciali, fuochi d`artificio, musica (sacra e profana) a volume altissimo ... e tutti con il naso per aria.

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