1 dicembre 2004
Armenia - Manizales
Partiamo da Bogotá all’inizio di dicembre, per dirigerci verso l’Eje Cafetero, area prevalentemente popolata da “bianchi” e dove si concentrano le grandi coltivazioni di caffè, la bacca rossa di cui la Colombia é importante produttore a livello mondiale.
|  Coltivazione di caffè
 la bacca rossa

La “greca”: cosí si prepara un buon caffé in Colombia | |
Visitiamo le città di Armenia e Manizales, passando rapidamente per Pereira.
|  | |
Bisogna dire che i centri abitati in questa zona non sono proprio bellissimi. In modo particolare, a Armenia sono estremamente evidenti i segni del forte terremoto che, nel 1999 ha praticamente distrutto la cittá. Quello che invece colpisce, attraversando questa regione, sono le sterminate coltivazioni di caffè, che avanzano per chilometri e chilometri, occupando colline, montagne e vallate. Altro particolare interessante, soprattutto nelle vicinanze di Armenia, è la presenza della palma de cera, pianta nazionale colombiana, una palma che, chissá per quale ragione, ha deciso di crescere a 2500 mt. di altitudine, dando al paesaggio uno strano effetto, visto che normalmente siamo abituati a vedere le palme sulle spiagge tropicali. Qui non ci sono spiagge tropicali, anzi, siamo molto vicini alle nevi del Nevado del Ruiz, le cui cime superano i 4000 metri. Il clima é fresco e l´aria pungente, in particolare quando si esce dalle città, dove invece gli scarichi delle auto e la presenza umana sollevano un pò la temperatura.
A proposito di temperatura alta, da Manizales ci trasferiamo in una cittadina decisamente diversa, La Dorada, sul Rio Magdalena.
|  Río Magdalena, La Dorada | |
Il caldo é veramente fortissimo e finalmente possiamo rimettere ciabatte e canottiere, che da oltre un mese avevamo messo in fondo agli zaini. Purtroppo con il caldo ritornano anche le zanzare e i maledetti puri-puri, vecchia conoscenza brasiliana e venezuelana, terribili insetti di dimensioni microscopiche, che pungono durante il giorno. Lasciano un segno piccolissimo che provoca un doloroso prurito per settimane ... davvero tremendi. Superiamo anche questa, trascorrendo qualche giorno a La Dorada, le cui attrattive piú rilevanti sono il Rio Magdalena e i bambini che si tuffano nel fiume, facendo spettacolari capriole ... magari a pagamento.
Lasciamo il calore e gli insetti de La Dorada per andare a conoscere la ciudad de la eterna primavera (la cittá dell’eterna primavera), Medellín.
|  | |
Capitale del Departamento de Antioquia, la città é considerata la piú moderna e organizzata della Colombia, ma é anche tristemente conosciuta per avere dato i natali a Pablo Escobar, noto narcotrafficante. Escobar negli anni ‘80 e ‘90 ha scatenato, con il suo Cartel de Medellín, una vera e propria guerra, con sequestri e attentati, un periodo di terrore che ha coinvolto tutto il paese, e che é culmninato con la sua morte, avvenuta per mano delle forze armate colombiane, nel dicembre del 1993. Adesso Medellín é una grande e operosa cittá, punto di riferimento per attivitá commerciali, moda e innovazioni in vari settori. I suoi abitanti, conosciuti come paisa sono sparsi per tutta la Colombia e gestiscono gran parte della ristorazione e delle attività alberghiere e commerciali. Medellín é famosa anche per essere la cittá dove é nato Fernando Botero, pittore e sculture di fama mondiale. Molte delle sue opere sono esposte nel Museo de Antioquia e una ventina delle sue bellissime sculture si trovano nella Plazoleta de las Esculturas (Piazzetta delle Sculture).
|    Pájaro de la Paz (Uccello della Pace) | |
Avevamo già avuto modo di ammirare le opere di Botero a Bogotà, ma è emozionante vedere dal vivo los gordos y las gordas (i grassi e le grasse), classiche immagine boteriane di donne obese con minuscole bocche e enormi uomini che, nonostante la mole, ballano con leggerezza nei quadri del grande artista. Una parte della produzione di Botero è dedicata al periodo de “La violencia”, appunto gli anni ‘90, rappresentati con incredibile crudezza, in quadri carichi di sentimento, da parte di un artista che ha sentito il dovere di immortalare una epoca così triste della propria città. In una piazza di Medellin é esposta una statua dal nome Pájaro de la Paz (Uccello della Pace) che, paradossalmente, é stata semi-distrutta in un attentato nel quale sono morte oltre trenta persone ... per rispondere a ció Botero ne ha realizzato una uguale, e adesso sono tutte e due lí, identiche, una distrutta e una nuova. Medellin è una cittá vivace e movimentata e sostanzialmente “bianca”. Nei bar si ascolta il nostalgico tango, un miscuglio di modernitá e sentimentalismo, che nel periodo natalizio si mischia con i grandi addobbi, los alumbrados, sospesi a mezz’aria lungo il fiume e per le vie del centro.
|  | |
A 79 chilometri da Medellín, in direzione nord-ovest, c’é Santa Fé de Antioquia, la cittadina piú antica di questa regione. Il viaggio in autobus dura circa tre ore e, dal punto di vista paesaggistico é molto interessante perché possimao ammirare profonde vallate, quais completamente atppezzate da terreni coltivati.
|  | |
Un pó meno eccitante é il fatto che, in molti punti, la strada sia talmente stretta che l’incontro con un altro mezzo di trasporto provoca improvvise frenate e pericolosi avvicinamenti al ciglio della carreggiata, al di lá della quale si aprono scarpate da brivido. Con un pò di batticuore arriviamo a Santa Fé de Antioquia, dove l’ambiente é decisamente rilassante. Nella piazza centrale, seduti ai tavolini sistemati fuori dai bar, si consuma caffé, discutendo del piú e del meno, a volte abbassando il tono della voce, quando l’argomento tocca temi politici. Abbiamo giá notato questo comportamento in altre occasioni. Sembra sempre che ci sia il timore di essere ascoltati da qualche delatore, pronto a venderti al nemico, fatto tipico dei paesi la cui storia é stata caratterizzata da periodi violenti e repressivi. Viene da chiedersi se questo guardarsi intorno e bisbigliare sia solo un retaggio o una reale preoccupazione. Una delle piacevoli sorprese che ha caratterizzato il nostro viaggio in Colombia é stato proprio notare che, nonostante l’enormitá e la gravitá dei problemi che il paese soffre, la popolazione ha un atteggiamento sereno e un gran desiderio di affrontare le situazioni a viso aperto. In particolare si nota che, forse per reazione a un’opinione pubblica internazionale che li vuole tutti narcotrafficanti, guerriglieri e sequestratori, i colombiani sono veramente amables y cariñosos. Questo atteggiamento si riflette nel linguaggio quotidiano, carico di vezzeggiativi come “querido, mi amor, mi reina” (caro, amore, mia regina), distribuiti a piene mani e in uguale maniera a amici, membri della famiglia o a semplici sconosciuti. Allo stesso modo, é comune la generosa offerta di aiuto quando vedono un turista un pó sperduto che non sa dove andare.
Anche noi non sappiamo bene quale direzione prendere, soprattutto perché il Natale incombe e non vorremo rimanere incastrati in qualche caotica cittá, tra alberi di Natale e frenetici acquisti di regali ... incoerenti al massimo andiamo a finire proprio a Cali, Reina de la salsa y de la rumba, in eterna competizione con Medellín. Cali detiene diversi primati. Negli ultimi anni la cittá é diventata famosa per le sue cliniche di salute e chirurgia estetica, e infatti le donne di Cali, las caleñas, sono considerate le colombiane più belle. Cali é considerata la capitale della rumba, termine usato per descrivere la sfrenata vita notturna che si vive nei tanti locali della avenida 6, o in quelli delle zone piú periferiche e popolari, dove si ascolta e si balla la salsa. Questo genere musicale ha trovato a Cali terreno fertile, visto che una parte significativa della popolazione é negra o mulatta. Dunque, a Medellín si ascolta il tango e a Cali la salsa, a Medellín si lavora e a Cali si balla ... in Colombia, come in generale avviene in America Latina, i luoghi comuni non mancano. Luoghi comuni o no, arrivando a Cali troviamo una cittá rumorosa e movimentata in maniera quasi insopportabile. La frenesia da Babbo Natale intasa le strade del centro, invase dai banchi degli ambulanti, con una offerta spropositata di abbigliamento, musica, scarpe, gingilli vari, tutto accompagnato da musica sparata da terribili casse acustiche di dimensioni giganti. Quasi non si riesce a camminare a causa della marea umana che invade le strade ... la sera poi, tutti lungo il fiume che attraversa la cittá, a mangiare zucchero filato guardando le luminarie ... si, ma quelle di Medellín sono piú belle ...
|   | |
Qualche giorno prima della nascita del Bambin Gesú ci spostiamo verso la costa pacifica, piú precisamente a Buenaventura, principale porto colombiano sull’Oceano Pacifico, situato all’interno di una grande baia tra manglares (mangrovie), isole e fitta vegetazione, insomma, il posto ideale per lo sviluppo di commerci leciti e meno leciti. Si tratta infatti di una delle zone in disputa fra la guerrilla e i paramilitari, e asse viario del traffico di droga e armi. Qui, come in tutta la costa del Pacifico, la popolazione é quasi tutta nera, ma non nera caraibica, é proprio nera nera, retaggio dell’epoca coloniale e della grande migrazione forzata di schiavi negri provenienti dall’Africa. Buenaventura è il punto di partenza per raggiungere l’Isola di Gorgona, parco naturale a circa 10 ore di navigazione. Visitiamo due villaggi più a nord di Buenaventura e che si possono raggiungere solo via mare. Si tratta di Juanchaco e Ladrilleros, collegate a Buenaventura da veloci barche che, in circa 40 minuti portano a destinazione merce e passeggeri. Sia Juanchaco, sia Ladrilleros (a mezz’ora di cammino l’uno dall’altro) sono piccoli villaggi, nei quali le principali attivitá sono la pesca e il turismo, quasi esclusivamente locale. Nelle due comunità c’é una buona offerta di alloggi, la maggior parte dei quali basici e senza stelle. Le abitazioni sono quasi tutte in legno e sollevate dal terreno per far fronte a maree e forti piogge. La zona pacifica della Colombia é una delle piú piovose dell’universo e anche per questa ragione le spiagge nulla hanno a che vedere con quelle atlantiche: sabbia grigio scuro, mare scuro per le acque dei fiumi che sfociano in questa zona e il cielo ... scuro. Un’immagine ben diversa da quella di Playa Blanca e delle spiagge del Parque Tayrona, nella costa caraibica colombiana. Natale quindi a Buenaventura e la sera del 24 cena all’italiana che ci impegna ai fornelli dell’albergo, la cui padrona, sposata con un italiano vieppiù deceduto, si commuove di fronte a un piatto di penne con le melanzane ... “che il mio Giuseppe le faceva sempre e tanto buone”. Chiude la tavolata un italiano di passaggio, ex ufficiale di marina oggi “inviato di guerra” in simpatica tenuta da Indiana Jones e con regolare colombiana meno matura al seguito. Una serata tranquilla e piacevole, poco natalizia e dove, dopo tanto tempo, abbiamo riassaporato il piacere di un bicchiere di vino tinto.
|  Guambianos, Silvia | |
Da Buenaventura ripassiamo a Cali per riprenderci parte dei voluminosi bagagli. La cittá, dopo il caos natalizio, ha ripreso il suo normale aspetto. Ci fermiamo solo un paio di giorni, e poi via verso Popayán, conosciuta come la “Ciudád Blanca”. Bella, si, di epoca coloniale, peró sinceramente abbastanza noiosa e a tratti lugubre la notte, un centro storico davvero poco vissuto, dove é difficile anche trovare un bar per bere una sana birretta.
|  Chiva, Silvia | |
Visitiamo Silvia, un piccolo paese a 60 km. di distanza, dove tutti i martedí si svolge un pittoresco mercato di strada verso il quale convergono i campesinos della zona. La cosa più interessante è la presenza di una folta comunitá indigena, i Guambianos, che si riversano nel paese per comprare e vendere frutta, verdura e vestiario. Sono veramente curiosi ai nostri occhi: piccoli (soprattutto le donne, la cui altezza non va oltre il metro e mezzo), capelli nerissimi, zigomi prominenti, guance rosse, molto riservati, tanto da non apprezzare le macchine fotografiche. L’aspetto più particolare é l’abbigliamento, soprattutto quello maschile. Gli uomini non usano pantaloni ma una sorta di panno di lana a mò di gonna. Copre fin sotto il ginocchio con una unica variante colore ... un bel azzurro scuro, il tutto è completato da calze corte e scarponi con stringhe dai colori accesi: gialle, arancioni, verdi. L’altra curiositá é data dall’uso del classico cappello andino, una specie di bombetta di colore scuro che, uomini e donne, portano quasi in equilibrio sulla testa.
|  | |
Popayán é il punto di partenza per lo spostamento verso le zone archeologiche di Tierradentro e San Agustin. Sono due aree archeologiche del periodo pre-ispanico, da non perdere assolutamente in un viaggio in Colombia, anche perché sono situate in un ambiente naturale molto bello tra vallate, cañones, fiumi, montagne. I viaggi da Popayán a Tierradentro, da Tierradentro a San Agustin, ma soprattutto da San Agustin a Popayán, che si svolgono su strade bianche, accidentate, anguste e con frequenti frane, mettono a dura prova chiappe e articolazioni. Si tratta di tragitti tra i 100 e i 200 chilometri, per percorrere i quali si impiegano circa sei ore, utilizzando vari mezzi di trasporto: autobus, camion, jeep, taxi, microbus e le caratterischiche chivas. Queste ultime sono il mezzo di trasporto popolare soprattutto nelle zone rurali. Si tratta di grossi camion decorati in maniera molto fantasiosa, con il cassone coperto e dotato di panche in legno per i passeggeri. Sul tetto della chiva viaggia chi non ha trovato posto all´interno, insieme a sacchi di verdure, frutta, patate, galline, maiali ... alcuni (come me, Stefano) viaggiano su una sorta di piattaforma collocata sul retro del mezzo, in piedi, attaccati a proverbiali sostegni metallici, senza i quali molti passeggeri si perderebbero per strada. Al termine delle due ore di viaggio la polvere vi avrá cambiato i connotati, peró l´esperienza in chiva é da fare e da quella posizione si possono ammirare paesaggi spettacolari.
|   Interno di una tomba, Tierradentro | |
Tierradentro é una zona dove sono state scoperte centinaia di tombe sotterranee, risalenti al periodo a cavallo fra il 600 d.c. e l’800 d.c., scavate nella roccia alle quali si accede attraverso una scala spesso a forma di spirale. Le tombe hanno uno sviluppo semicircolare, con due o tre colonne centrali che rinforzano la volta. Lungo il perimetro della tomba sono ricavate tre o quattro nicchie, nelle quali venivano riposti, all’interno di urne funerarie, i resti del defunto, risultato di una prima inumazione. Generalmente, vicino alle urne, si collocavano oggetti di uso comunie, o altri piú preziosi, realizzati in oro. Ció che rende uniche le tombe di Tierradentro sono le pitture murali che rappresentano figure geometriche, immagini antropomorfe e zoomorfe. I colori utilizzati sono il bianco, il rosso e il nero, ottenuti da vegetali e minerali. La gran parte delle tombe sono state saccheggiate dai guaqueros (tombaroli) che ancora imperversano e non hanno scrupoli nell’offrire, tutt´oggi, reperti e reliquie a compratori altrettanto privi di scrupoli. Oltre al fascino dell’aspetto archeologico, Tierradentro si trova in una zona di grande bellezza naturale del Departamento del Cauca, attraversato dalla Cordiliera Andina. Nonostante l’imponenza, il paesaggio é dolce, con svariate tonalità di verde “appena brucato” che coprono i ripidissimi fianchi delle montagne attraversate dagli immancabili torrenti per superare i quali, gli indigeni Paezes costruiscono ponti sospesi con luce di anche 30 metri, utilizzando la guadua, un tipo di bambù molto diffuso, usato anche nella costruzione delle case. San Andrès de Pisimbalà, il villaggio al quale fa capo l’area archeologica, ha una “g” di troppo, perchè è veramente piccolo. L’agglomerato urbano si riduce a un´ottantina di case, che si raccolgono intorno alla Iglesia de San Andrès, una graziosa chiesetta dipinta di un accecante bianco calce e con il tetto di travi in legno, che sorreggono la copertura esterna, realizzata con grandi fascine di fibra vegetale. La notte di Capodanno, insieme a tutto il paese e alle famiglie indigene arrivate dal circondario, ci ritroviamo anche noi ad assistere alla messa, che contempla anche la celebrazione di un matrimonio e di alcuni battesimi. Il nostro piú che scarso spirito religioso non ci impedisce di seguire tutta la funzione e di apprezzare il significato che qui ancora riveste l’incontro di tutta una comunità. Una scena curiosa capita proprio sui gradini all’ingresso della chiesa, prima dell’inizio della messa, quando un campesino scambia Stefano per il prete che doveva celebrare la funzione e, inginocchiandosi ai suoi piedi, tenta di baciargli la mano, chiamandolo “Padre”. Naturalmente, una volta conclusa la messa, gli istinti più veraci si risvegliano e danno seguito al lancio di petardi, mortaretti, fuochi d’artificio, il tutto condito da buone dosi di aguardiente di pessima qualità, alla quale attingiamo anche noi, dopo avere dato fondo a una pregiata bottiglia di Ron de Caldas, preventivamente acquistata. A mezzanotte gli auguri di rito, profusi a piene mani a conosciuti e sconosciuti, tutti più o meno etilicamente euforici.
|  
 | |

|
|